Il problema è sempre lo stesso: le Big Tech fanno abbastanza per garantire un dibattito sano sulle piattaforme?
Dopo l’amara sconfitta di Wembley, l’Inghilterra fa i conti con problemi ben più seri di una sconfitta sportiva. Nella notte i social si sono riempiti di commenti razzisti e offensivi nei confronti di alcuni membri della squadra di Southgate, presi di mira perché colpevoli di aver sbagliato i rigori che hanno fatto perdere la nazionale. Marcus Rashford, Jadon Sancho e Bukayo Saka, tutti giocatori di colore, sono stati bersagliati da insulti e post incommentabili che hanno addirittura spinto il Primo Ministro britannico, Boris Johnson, a intervenire con un tweet in cui si congratula con la squadra, stigmatizzando i comportamenti di alcuni teppisti sui social.
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Razzismo e social
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Tra i casi più eclatanti c’è stata la vicenda di Capitol Hill – il 6 gennaio scorso, a seguito dell’irruzione di un gruppo di manifestanti pro Trump al Campidoglio – che ha acceso i riflettori dell’opinione pubblica e della politica sulla responsabilità dei Big Tech sulla formazione dell’opinione pubblica. Tornando al caso Inghilterra e post razzisti, oltre ai social come Instagram e Twitter, anche su Telegram si è assistito a una cloaca di insulti. La conclusione raggiunta da questi leoni da tastiera è che, visto che a sbagliare i rigori sono stati tre giocatori di colore, questa sarebbe la dimostrazione che il rispetto di qualsiasi forma di diversità è un modello sociale fallimentare.