Tra i suoi primi lavori c’è stato quello a Radio Deejay: per le pagine di un inserto domenicale di Repubblica chiedeva a persone come Linus e Albertino quali fossero i loro videogiochi preferiti. «A un certo punto, era il 1997, Linus mi ha detto che avrebbero voluto mettere in piedi il sito della radio. Ero al mio secondo anno di ingegneria, ma ho mollato per iniziare a lavorare come responsabile». Karim De Martino, classe 1976, è nato a Milano e ha vissuto da dentro tre differenti settori dell’intrattenimento: prima il gaming, poi la musica – con l’epopea del Festivalbar – per approdare infine al mondo degli influencer Oltreoceano, a Los Angeles.
Per questa nuova puntata della rubrica Italiani dell’altro mondo, abbiamo incontrato una persona che ha messo mano ad alcuni dei siti più importanti degli ultimi anni. «Quando mi hanno parlato di Chiara Ferragni e del suo blog The Blond Salad non la conoscevo. L’abbiamo trasformato in una piattaforma commerciale lavorando su tutti gli aspetti legati alla monetizzazione».
Quando nessuno aveva un sito
Gli esordi di Karim De Martino avvengono in ambito giornalistico e, nello specifico, nel settore gaming. «Nel ‘95 finivo il liceo e collaboravo con riviste di videogiochi come PC Game Parade. Credo sia stata la prima testata ad allegare un CD-rom in edicola». Siamo agli albori di internet e di quelle rivoluzioni che avrebbe generato, ondata dopo ondata. L’iscrizione a ingegneria non lo entusiasmava così tanto e infatti, grazie alla collaborazione con Repubblica, è riuscito ad accedere alla redazione di Radio Deejay per restarci. Un incontro dopo l’altro ha iniziato a farsi notare come quello smanettone, che ci capiva di siti, internet e cose all’epoca davvero troppo da nerd.
«Ho aperto www.deejay.it grazie a un team interno messo in piedi nel tempo». Ma, alla fine degli anni Novanta, a che serviva un sito internet a una radio? «Intanto è stata la prima in Italia ad avere un sito. Era una cosa super basic in HTML: bisogna immaginarsela come una pagina statica su cui trovavi i programmi, le frequenze. Pian piano abbiamo sviluppato database, costruendo un sito dinamico».
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Dalla radio il lavoro si è ampliato alla musica dal vivo, in uno dei format più iconici degli ultimi decenni. Nel 1999, grazie a Nicola Savino, gli si è aperta un’altra opportunità: sviluppare il sito del Festivalbar. «Quello era un sito web più strutturato, con vetrina di foto del backstage, video, la possibilità di acquistare i biglietti e scoprire le date. Nella sezione news pubblicavamo poi le notizie per essere indicizzati al meglio su Google». Attività che nel 2024 sono alla base della presenza online di qualsiasi piattaforma. Ma all’epoca appartenevano a un alfabeto della digitalizzazione sconosciuto ai più.
Prima di scoprire il mondo dei social, Karim De Martino ha lanciato Boomer, continuando a lavorare con vari player del settore musicale per strutturarne la presenza sul web. «Con la nuova azienda abbiamo iniziato ad affiancare vari personaggi per posizionarli sul digitale: Laura Pausini, Francesco Renga, Zucchero e una serie di nomi dai talent show come Emma Marrone, Marco Mengoni e Alessandra Amoroso».
A un certo punto, verso la fine degli anni Dieci, l’incontro con Chiara Ferragni e Riccardo Pozzoli, all’epoca già con una nutrita nicchia di visitatori sul suo blog. «Macinavano numeri. Con loro ho messo in piedi il progetto commerciale di The Blond Salad, perché il primo modello si basava su una piattaforma gratuita di Google chiamata Blooger che offriva poche possibilità di customizzazione e monetizzazione. La migrazione su WordPress ha aperto tutta una serie di opportunità e permesso al blog di crescere».
Los Angeles, un nuovo inizio
Rispetto agli eventi che hanno coinvolto l’imprenditrice digitale nell’ultimo anno Karim De Martino si è già esposto in passato e ha preferito non commentare quel che sta accadendo. Vivendo negli USA da dieci anni ha però analizzato quanto sta affrontando il mercato italiano rispetto alle critiche agli infleuncer e al tema trasparenza. «Tutto quello che sta accadendo in Italia non ha grande impatto sul mercato globale, per quanto lo si possa credere. E pure qui ci sono stati casi eclatanti che tuttavia non hanno avuto impatto negativo su un settore in continua crescita».
Ma cosa ha spinto De Martino a cambiare vita? L’azienda Boomer è stata prima acquisita da Kiver, a sua volta poi inglobata da Mondadori. «Quella è stata la cosa che mi ha fatto decidere. Ero già venuto a Los Angeles, per vedere come era, come si stava. Conoscevo Open Influence, la società per cui oggi lavoro. Quando sono arrivato era il classico clima startup, eravamo in 8-10 e Instagram era appena esploso». Oggi l’azienda conta 130 persone e collabora con brand curando la loro comunicazione attraverso influencer.
«Mi ero dato 3 mesi per capire se sarei rimasto». Sono passati dieci anni, in cui ha visto svilupparsi l’ecosistema in una delle città più legate all’intrattenimento. «Ho visto crescere Silicon Beach, dove hanno sede società come YouTube e Snapchat. Tutto è in fermento. Los Angeles è un crocevia tra intrattenimento e social, il posto dove gli influencer possono avere il meglio di entrambe le cose».
Ed è anche la città in cui lo scorso anno attori e sceneggiatori hanno protestato a Hollywood contro le grandi piattaforme e i rischi derivanti dall’AI. «Quello che oggi fa con l’AI è possibile anche con l’animazione. Chi tema la tecnologia ricopre in effetti ruoli sostituibili, come traduttori ad esempio. I grossi canali oggi possono tradurre intere serie tv con l’Intelligenza artificiale. Prima dovevamo prendere uno studio locale di doppiatori, Paese per Paese. A mio avvisol’AI, poi, non è che ti sostituirà mai il grande attore».