«Se un Paese non è soddisfatto di un servizio internet, la prassi consolidata è quella di avviare un’azione legale contro il servizio stesso. Utilizzare le leggi dell’era pre-smartphone per accusare un amministratore delegato di crimini commessi da terzi sulla piattaforma che gestisce è un approccio sbagliato. Costruire tecnologia è già abbastanza difficile. Nessun innovatore costruirà mai nuovi strumenti se sa di poter essere ritenuto personalmente responsabile di potenziali abusi di tali strumenti». Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha pubblicato nelle scorse ore un lungo post sulla piattaforma – utilizzata da 950 milioni di utenti – per commentare i fatti che lo hanno riguardato nelle scorse settimane.
Pavel Durov: cosa ha detto su accuse e arresto in Francia
Pavel Durov ha pagato la cauzione ed è in libertà vigilata in Francia. Su StartupItalia abbiamo seguito la vicenda spiegando le ragioni che hanno portato le autorità francesi ad arrestarlo. Nel post su Telegram ha parlato di uno dei temi centrali delle accuse, ovvero la sicurezza della piattaforma e la sua presunta complicità in vari crimini.
«Stabilire il giusto equilibrio tra privacy e sicurezza non è facile – ha scritto -. È necessario conciliare le leggi sulla privacy con i requisiti di applicazione della legge e le leggi locali con quelle dell’UE. Bisogna tenere conto delle limitazioni tecnologiche. Come piattaforma, volete che i vostri processi siano coerenti a livello globale, garantendo al contempo che non vengano abusati in Paesi con uno stato di diritto debole. Ci siamo impegnati a collaborare con le autorità di regolamentazione per trovare il giusto equilibrio».
Durov ha dichiarato che Telegram è sempre stata aperta al dialogo. La società non ha sede in Europa, ma a Dubai, dove il Ceo ha più volte ribadito i vantaggi burocratici ed economici per guidare un’impresa tecnologica.
Nato nel 1984 nell’URSS, Durov ha anche la cittadinanza francese. In merito alla libertà di parola e alla tutela della sicurezza degli utenti ha aggiunto: «Quando la Russia ci ha chiesto di consegnare le “chiavi di crittografia” per consentire la sorveglianza, ci siamo rifiutati – e Telegram è stato vietato in Russia. Quando l’Iran ci ha chiesto di bloccare i canali dei manifestanti pacifici, ci siamo rifiutati – e Telegram è stato bandito in Iran. Siamo pronti a lasciare i mercati che non sono compatibili con i nostri principi, perché non lo facciamo per soldi».