I content creator potranno comunque vedere (in privato) il numero di “non mi piace”
YouTube, uno dei gioielli di casa Google, ha annunciato che sta oscurando il contatore dei dislike – i “non mi piace” – dalla piattaforma. I content creator potranno comunque vedere chi non apprezza i loro video, ma l’informazione rimarrà privata, senza il rischio di esporre le persone ad attacchi strumentali di utenti spesso anonimi scagliati per il solo gusto di rovinare la giornata a qualcuno. La notizia sta facendo discutere l’ecosistema tech, con le principali testate del settore che commentano la scelta di uno dei siti più visitati al mondo. E non tutti hanno trovato efficace la misura: secondo Joey, youtuber, questa è una non soluzione dal momento che gli utenti possono ancora vedere quanti sono i dislike ai loro video. In altre parole, troll e hater, impegnati giorno e notte sui social, potrebbero non sentirsi scoraggiati dal cliccare comunque sul tasto “non mi piace”. Del resto, loro vivono di dispetti gratuiti.
YouTube, come spiega TechCrunch, ha finora tenuto pubblico il contatore dei dislike per avvisare i naviganti su video e contenuti clickbait. Ma la materia, come si può immaginare, è scivolosa e non sempre si può applicare a tutti i casi. Sono innumerevoli gli episodi di review bombing e di dislike attack e non riguardano soltanto YouTube: un dislike si può mostrare in una maniera ancora più palese con un commento violento (che spesso non viene nemmeno oscurato), oppure con un voto. Uno dei casi più eclatanti ha riguardato Metacritic, sito che raggruppa le recensioni sui videogiochi e calcola un voto medio dei magazine. Ebbene, oltre al voto dei giornalisti, il sistema prevede anche quello dei giocatori. Un pò come nel cinema: c’è il giudizio della critica e quello del pubblico.
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Nel giugno 2020, durante i giorni di uscita di The Last of Us 2 – uno dei capolavori di Naughty Dog – il videogioco è stato bombardato da una pioggia di “0” su Metacritic, facendo precipitare il punteggio del titolo. Le ragioni? Alcuni giocatori si sono scagliati contro una trama che osava inserire l’amore omosessuale e la presenza di protagoniste femminili forti e combattive. Le critiche, anche stupide, sono sempre legittime, ma tra la nube tossica sono emerse minacce di morte alle attrici che hanno prestato corpo e volto al videogioco esclusiva Sony.
Dislike e like
Questo per dire che la storia dei dislike – così come quella dei like – meriterebbe un ampio dibattito per capire cosa è diventato internet e che cosa gli algoritmi intendono per contenuto di valore: l’engagement è una metrica esaustiva? Justin Rosenstein, ex figura centrale di Facebook, è l’uomo e la mente dietro all’inserimento del tasto “mi piace” nel 2009 sul social di Zuckerberg. In un’intervista al Guardian nel 2017 commentava così quel tornante decisivo della storia di internet: «È molto comune per gli esseri umani sviluppare cose con le migliori intenzioni e ottenere conseguenze negative e non volute».