L’analisi settimanale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante la settimana appena trascorsa
La Russia sta vincendo la guerra della disinformazione. È quanto emerge da uno dei documenti del Pentagono trapelati su Discord ed esaminato dal Washington Post. Nello specifico, si tratta di uno studio preparato dal Joint Chiefs of Staff, U.S. Cyber Command and Europe Command (l’organizzazione che dirige le attività militari americane in Europa) sul principale centro di elaborazione della ricerca scientifica russo, meglio conosciuto come GlavNIVT. Secondo lo studio, il Cremlino avrebbe potenziato la sua macchina della disinformazione, Fabrika, capace di far circolare in rete fake news sempre più difficili da riconoscere: solo l’1% dei contenuti fake viene smascherato. Fabrika agisce sia in maniera passiva, promuovendo sui social i post graditi a Mosca, sia in maniera attiva inviando messaggi agli “utenti bersaglio” delle operazioni di influenza. Parallelamente, sono state individuate sei campagne di influenza, già in corso o pianificate per quest’anno, da una nuova organizzazione russa chiamata Center for Special Operations in Cyberspace. Campagne che prendono di mira il governo americano – sulla “verità nascosta” degli effetti collaterali del vaccino-, i Paesi limitrofi alleati con l’Ucraina (Polonia, Lettonia e Lituania) – sulla volontà di espellere i profughi ucraini-, gli 007 di Kiev e la Nato. L’ultima operazione punterebbe a svelare identità dei “guerrieri dell’informazione” ucraini, ossia quelle persone che provano a sminuire gli effetti una propaganda sempre più pervasiva.
Il futuro dei social media
Social sempre meno social. Oggi i feed di Instagram e Facebook sono pieni di pubblicità e post sponsorizzati mentre su TikTok e Snapchat si trovano principalmente video di influencer che promuovono ogni genere di prodotto. E molto presto su Twitter i post degli “abbonati” saranno quelli che otterranno la maggiore visibilità. “Le piattaforme come le conoscevamo sono finite”, ha detto Zizi Papacharissi, Professore di Comunicazione presso la University of Illinois-Chicago. Il New York Times racconta che ciò ha generato il desiderio di ritrovare un senso di comunità, che sta spingendo sempre più utenti a provare social network più piccoli. Tra questi Mastodon (vedi sotto), che è simile a Twitter, Nextdoor e anche app come Truth Social lanciata dall’ex presidente Donald Trump dopo essere stato bannato dalle altre piattaforme. I social stanno dunque diventando meno network ma più media, assumendo forme sempre più “aziendali”: queste piattaforme hanno reso la connessione delle persone con i brand una priorità rispetto a quella con altre persone. Interessante notare come questo trend sia stato previsto anni fa proprio dai fondatori dei social di maggiore successo quali Mark Zuckerberg e Jack Dorsey. A loro si sono uniti, nell’ultimo anno, anche esperti e accademici. In un documento pubblicato recentemente e intitolato “The Three-Legged Stool: A Manifesto for a Smaller, Denser Internet”, diversi accademici hanno illustrato come le aziende del futuro potranno gestire piccoli network a basso costo e messo in evidenza la loro capacità di creare forum per comunità specifiche, comprese le persone emarginate. Per rimanere nel mondo universitario, Harvard ha da poco lanciato un programma di ricerca dedicato al “riavvio” dei social media per supportare gli studenti a creare e sperimentare insieme nuovi network.
Esiste una alternativa a Twitter?
L’acquisito di Twitter da parte di Elon Musk ha causato la fuga di inserzionisti e utenti verso altre piattaforme, come ad esempio Mastodon. Apparentemente simile a Twitter, Mastodon consiste in una grande rete di micro blogging open source, decentralizzata e libera da algoritmi e pubblicità. The Guardian ha analizzato i dati relativi alla crescita della piattaforma ideata da Eugen Rochko i cui utenti attivi mensili sono aumentati di oltre otto volte fino a un massimo di 2,6 milioni circa un mese dopo l’OPA del miliardario proprietario di Tesla e SpaceX su Twitter. Entusiasmo che tuttavia si attenuato subito dopo con quel numero che è sceso a 1,2 milioni. “Penso che molte persone l’abbiano trovato un po’ difficile. Usare Mastodon sarebbe come mangiare le verdure”, ha affermato Nathan Schneider, professore presso la University of Colorado Boulder. Per gli utenti più fedeli la possibilità che la loro comunità rimanga “piccola” non rappresenta un problema perché Mastodon non è nato per far diventare virali i suoi contenuti. La piattaforma sta inoltre vivendo pienamente la concorrenza spietata della Silicon Valley: sia Meta sia Jack Dorsey stanno lavorando a due diversi social network decentralizzati. Nonostante ciò, Rochko ha rifiutato una offerta di investimento di centinaia di migliaia di dollari per non compromettere la sua creatura: “Mastodon non si trasformerà in tutto ciò che odiate di Twitter”. Non si può ancora dire che Mastodon rappresenti la vera alternativa alla piattaforma dell’uccellino blu (qualora ne esistesse una), ciò che oggi sembra evidente è che, stando sempre al quotidiano britannico, esiste ancora una categoria d’élite di utenti che utilizzano Twitter in modo ossessivo: politici, persone che lavorano nel campo della pubblicità, delle pubbliche relazioni, della comunicazione e soprattutto giornalisti.