La Germania campione del Mondo, il Villareal, l’NBA, l’archivio (italiano) per osservatori e club. Ecco l’open innovation delle grandi società dello sport
La formazione scritta sulla lavagna. E il progresso che trasforma i tratti di gesso in calamite. Poi ti distrai un momento e ritrovi lo sport immerso in sistemi di raccolta e analisi dei dati. Perché i campioni aiutano, ma il confine tra vittoria e sconfitta passa spesso da un dettaglio. Che a occhio nudo non si vede.
Il nuovo calcio totale si fa con i dati
Il caso più famoso è quello di Sap, la società che ha aiutato la Germania a conquistare l’ultima coppa del mondo. Nel 2013 l’accordo con la federazione tedesca e, dal 2014, l’inizio dell’attività sul campo. Il sistema riprendeva gli allenamenti e tracciava velocità dei giocatori, passaggi, occupazione degli spazi. Tutti dati spediti al ct Joachim Low e, via smartphone, ai calciatori. Risultato: il tempo di possesso palla medio si è abbassato dai 3,4 secondi di Sud Africa 2010 a 1,1 secondi. Certo, se al posto di Muller e Goetze ci fossero stati piedi più ruvidi, neppure Sap avrebbe potuto molto. Ma evidenziare i difetti ha consentito di correggerli.
Se il calcio totale di Johan Cruijff ha rivoluzionato il calcio, allora ci sta che a volerlo cambiare con i dati sia una startup nata ad Amsterdam. Metrica Sports ha sviluppato FootMap. Obiettivo: lavorare fianco a fianco con i club per sviluppare un sistema di analisi “su misura”. FootMap riprende partite e allenamenti. E dice di poter rilevare “qualsiasi cosa” succeda in un campo di calcio: metri percorsi, passaggi, distanze, falli. E, all’occorrenza, trasforma i dati in presentazioni distinte per difesa, centrocampo e attacco. Metrica Sports è stata adottata dal Villareal, squadra della Liga. L’allenatore Marcelino fa da testimonial: “Ci ha aiuta velocemente a capire cosa dobbiamo fare e cosa no”.
Altra olandese, altro esempio di startup nata per applicare i dati al calcio. SciSports è uno spin-off dell’Università di Twente, fresco di un finanziamento da 1,35 milioni di dollari incassati a gennaio. La società si sta muovendo in più direzioni. Dentro e fuori dal campo. La società vuole fare mercato? Si inseriscono le caratteristiche del calciatore ed ecco una lista di papabili acquisti. O ancora: SciSport tenta di essere predittivo. Scorgendo il potenziale oltre il valore attuale. E per gli spettatori, ecco statistiche in tempo reale e “radar” per i giocatori. Vi ricorda qualcosa? È la stessa cosa che ha ispirato il fondatore Giels Brouwer: “La mia generazione è cresciuta con Fifa e Football Manager e vuole ricreare quell’esperienza”.
Punta invece gli occhi sugli avversari Tag.bio, la startup scelta dalla Roma. E l’elenco potrebbe continuare con Stats, Prozone, Motus. La concorrenza aumenta perché il mercato risponde.
L’archivio italiano (e il suo incubatore)
Uno dei leader mondiali del business tra calcio e data è italiano. Si chiama Wyscout. È stata fondata a Chiavari e si è posta come pioniere del settore: anno di nascita 2004, con un round da 3 milioni di dollari nell’agosto 2014. Offre servizi su misura (anche economica) per squadre, singoli giocatori, allenatori e arbitri. Aggiunge un monitoraggio costante (con tanto di video e indirizzi) sulle partite e i calciatori del globo. Un archivio enorme, con 330 mila calciatori, che fa la gioia degli osservatori e dei procuratori. Meglio spendere in un abbonamento (da 1000 euro al mese per un accesso tutto incluso) che in viaggi per vedere i talenti dal vivo (per quello, se occorre, c’è sempre tempo). Lo utilizzano oltre 500 club, tra i quali Roma, Juve, Udinese, Arsenal.
L’idea è talmente vincente da aver portato alla nascita di Wylab, il primo incubatore italiano dedicato alle startup tra sport e tech. La sede è sempre lì, in provincia di Genova, a mezz’ora di auto dallo stadio di Marassi.
Un altro seme piantato in Italia è quello del KDD Lab. Come si nota dal numero di spin off presenti in questo articolo, le idee sono arrivate sotto l’ala dell’università. Il Knowledge Discovery and Data Mining Laboratory (questo il nome per esteso) è nato dalla collaborazione tra Cnr e l’Università di Pisa. Tra i progetti del laboratorio ce n’è uno chiamato Data Science for Sports Analytics: si occupa di esplorare le potenzialità del settore, con focus su calcio e ciclismo.
Basket: obiettivo Nba
MYagonism si concentra sul basket. Fondata nel 2013, è passata dal programma di incubazione del Polo Tecnologico di Pavia e poi per la Startup School di Mind the Bridge. Nel 2015 ha raccolto 230 mila dollari. E continua a crescere: oggi conta 900 team iscritti provenienti da 40 paesi nel mondo. MYagonism è una sorta di, per dirla alla Nba, assistent coach: traccia i dati fisici e tattici della squadra e del singolo giocatore e li mette in tempo reale a disposizione della panchina.
Un principio simile a quello della finlandese Sport IQ. Che, come la collega italiana, parte dal basket per ambire ad altri sporti di squadra.
Una società che ha già fatto il grande salto è Catapult. Forse l’esempio di maggior successo, grazie a una primazia ottenuta con la fondazione datata 2006. La società (australiana) ha saputo sfondare in Nba, conquistando franchigie come New York Knicks e Huston Rockets, con sortite in calcio (Milan, Genoa, AZ Alkmaar, Newcastle), canottaggio, rugby, hockey.
Volley: università alla battuta
Moxoff è invece uno spin off del Laboratorio Mox del Politecnico di Milano. Non si occupa solo di sport, ma ha sviluppato alcuni prodotti dedicati alla pallavolo. Dopo un periodo di sperimentazione con la nazionale italiana, sono nati MOViDA (una piattaforma software che consente di analizzare in automatico grandi quantità di video ed estrarre dati, traiettorie, misure per analizzare e ottimizzare gesti e movimenti degli atleti) e SeTTEX, un’app che permette di rilevare i dati di gioco del palleggiatore avversario e fornisce statistiche in tempo reale. Da poco più di un mese, Moxoff ha chiuso un accordo con il Consorzio Vero Volley, cui fanno capo la Gi Group Team Monza (in A1 maschile) e la Saugella Team Monza (in A2 femminile).
Tra sport e benessere: questione di polso
Nasce tra Harvard e un campo da squash Whoop. L’idea è di Will Ahmed, studente-giocatore con la racchetta in mano, e si sviluppa nella Harvard Innovation Lab. Nel 2013 arrivano i primi 3 milioni di dollari, poi 6 nel 2014 e 15 un anno dopo. Whoop è un piccolo laboratorio da polso, rivolto agli atleti professionisti. Una sorta di Fitbit all’ennesima potenza. Perché registra una serie di parametri e detta il giusto allenamento o la quantità di sonno richiesta. Grazie a 150 megabyte di dati al giorno: non (solo) un dispositivo ma un abbonamento annuale per l’elaborazione delle informazioni: dai 500 ai 5 mila dollari per un singola atleta. Fino a 100 mila per una squadra di calcio. Whoop traccia e studia i dati in modo molto sofisticato. Ma utilizza dispositivi familiari (come uno smartwatch e lo smartphone). È, per certi aspetti, l’anello che collega il mondo professionistico ad alte prestazioni con quello che interseca sport e benessere.
Sports Tank: il mercato che verrà
Nel 2014 i venture capital hanno investito quasi un miliardo nelle startup che sposano sport e tecnologia. Nel 2015 Under Armour, già proprietario di MapMyFitness, ha conquistato MyFitnessPal ed Endomondo. Tutte app per il tracciamento dei dati. Così come Runtastic (pagata 240 milioni di dollari da Adidas) e Runkeeper (fresca di acquisto da Asics).
Tra incubatori, raccolta dati professionale o tracciamento per dilettanti, c’è anche un pitch dedicato. Il nome dice molto: Sports Tank. Una sfida di idee rivolta al mercato. Ma qual è questo mercato? Lo si capisce scorrendo gli advisor dell’edizione 2016, tenutasi a Charlotte, Usa: ci sono, tra gli altri, Kevin Pritchard (general manager degli Indiana Pacers, Nba), Rich Sheubrooks (già in Nike) e Brian Kopp (presidente di Catapult). Eccolo il mercato cui si rivolgeranno le startup: club sportivi (che sono pur sempre aziende), marchi di abbigliamento (con una prospettiva più amatoriale) e attori forti dello sport tech in cerca di nuove idee.
Paolo Fiore
@paolofiore