Giorgia Zunino ha venduto casa, automobile e lasciato il lavoro per inseguire le idee più innovative e le persone più influenti nel creare il futuro. Oggi è tornata in Italia con una visione da applicare soprattutto in ambito sanitario
Come ci cureremo in futuro? Per rispondere a questa domanda non possiamo fare riferimento agli schemi mentali e alle tecnologie che, in qualche modo, già conosciamo. Ci vuole piuttosto qualcuno che ci consenta di avere una visione nuova del futuro.
Giorgia Zunino ha fornito numerosi contributi nell’ambito dell’innovazione in sanità. Architetto della complessità, interessata alle interfacce tra dispositivi, ambiente e persone e soprattutto focalizzata sull’innovazione in ambito sanitario, si definisce una futurista ed è in grado di aprire uno squarcio per osservarlo dal presente.
Oggi abbiamo l’opportunità di costruire una sanità nuova, di ripensarla in tutta la sua interezza. Ci sono i fondi del PNRR che stanzia 18,5 miliardi, con l’obiettivo di rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.
Ma dobbiamo mettere in campo tutta la creatività necessaria per spendere al meglio l’opportunità che abbiamo a disposizione.
La sanità del futuro
“Per creare le cure del futuro, innanzitutto dovremmo cambiare il concetto di salute nelle persone” esordisce Zunino. “La salute inizia dal concepimento e l’obiettivo che dobbiamo prefiggerci è quello di mantenerla per tutta la vita”.
Si tratta, quindi, di costruire percorsi che tengano conto delle componenti bio-psico-sociali, che si sviluppano e cambiano nel corso della vita di una persona. È una continua costruzione e manutenzione della propria salute. “Non si tratta solo di promozione della salute, ma di tutta una serie di attività che concorreranno a mantenerci lontani dall’ospedale per il maggiore tempo possibile”.
Viviamo con una sanità pensata nel dopoguerra, quando la popolazione era giovane. Oggi la popolazione è invecchiata e si rivolge all’ospedale per la cura di malattie croniche, cioè continuative. “L’ospedale di domani curerà le emergenze, mentre per le malattie croniche il primo luogo di cura diventerà la nostra casa”.
Permettere il cambiamento
Se state pensando a un paziente sempre più isolato in casa sua e abbandonato alla sua malattia, vi sbagliate.
Il PNRR propone lo sviluppo di una medicina territoriale più vicina al paziente: un punto intermedio e di riferimento, che ritarda il contatto tra il paziente e l’ospedale. Verrà introdotta quella che viene definita telemedicina per collegare i vari servizi, gli specialisti ed il paziente a casa che avrà un ruolo sempre più attivo nel suo percorso di cura.
“L’unico rischio che intravvedo in questo processo di innovazione della sanità italiana è la rigidezza delle nostre norme. Non possiamo parlare di innovazione quando abbiamo tutta una serie di regole che non riescono a stare al passo con il rinnovamento. A volte mancano addirittura le parole per descrivere l’innovazione. E quando finalmente troviamo il modo di descriverla, la tecnologia ha già fatto ulteriori progressi. Il termine “telemedicina” ne è un esempio: ci sono voluti anni per assumerlo nel vocabolario politico e programmatorio ed è quanto mai riduttivo, fuorviante e già obsoleto”.
Serve dunque una regolamentazione flessibile, capace di adattarsi velocemente e che smetta di regolare innovazioni che non sono più tali. Occorre invece un modello, un “kit operativo”, che sia in grado di anticipare il futuro nell’ambito della tecnologia e del rinnovamento sociale. Dobbiamo spostarci verso una “anticipatory regulation”.
Perché il cambiamento possa avvenire, serviranno infrastrutture più stabili e sistemi interoperabili e l’introduzione del concetto di golden record. Sono sistemi capaci di scambiare dati univoci e aggiornati tra dispositivi e piattaforme da un unico data base.
“Oggi il vero valore e l’innovazione non stanno tanto nella tecnologia, perché molto è già stato inventato. Il valore sta nel dato come nuovo asset e nella capacità di scambio dell’informazione. La tecnologia stand alone non ha alcuna utilità. È importante, invece, inserirla in un sistema intelligente”.
Sarà proprio la possibilità di scambiare il dato tra diverse piattaforme che permetterà di seguire un paziente da casa e in un prossimo futuro egli stesso a prescindere dal luogo. “La sanità del futuro sarà disintermediata e delocalizzata. Sarà capace di fornire un servizio coerente con le necessità del paziente/cittadino, perché basata su dispositivi che ci consentiranno di eseguire diagnosi continuative e di mediare i rapporti con il medico”, sottolinea Zunino.
In un sistema decentralizzato manca un centro ospedaliero di riferimento prominente sugli altri. Decade, quindi, il modello attuale “hub and spoke”. Subentra invece un modello in cui tutti i centri di cura possono acquisire specializzazioni, e sono interscambiabili e raggiungibili anche a grandi distanze, perché sono tutti disintermediati e connessi tra loro. È questo il metodo per superare la fragilità attuale – legata alla capacità del singolo grande centro – per offrire un sistema antifragile a un futuro in continua e rapida evoluzione.
Il ruolo del paziente
Nell’ospedale del futuro, quindi, avrà un ruolo chiave proprio il paziente che è parte fondamentale del percorso di salute.
Anzi l’avanzamento della tecnologia sarà sempre più bottom – up. Sarà la partecipazione del paziente, la condivisione dei suoi dati a creare innovazione. E anche la realizzazione di nuovi dispositivi potrebbe partire dal basso, ovvero da chi li utilizza in prima persona.
“Bisognerebbe rendere il sistema salute più accessibile e trasparente. Occorrerà introdurre percorsi di alfabetizzazione alla salute per ogni paziente e di creatività per medici e operatori”, ha confermato Zunino.
Ma che ne sarà della nostra capacità di utilizzo delle tecnologie? Il timore è che la tecnologia possa svilupparsi assai rapidamente, mentre una popolazione di pazienti anziani non sarà in grado di aggiornarsi con la stessa rapidità.
“La tecnologia che verrà introdotta farà riferimento alla futura terza generazione di servizi Internet: quella del web 3.0”, ha raccontato Zunino. “Sarà qualcosa di pervasivo e naturale, di cui stiamo facendo un assaggio con il metaverso”.
Il metaverso, inteso come nuovo artefatto cognitivo, sarà una connessione tra mondo reale e mondo virtuale, privo di dispositivi fisici a fare da mediatori. Al nostro mondo fisico si interporrà un mondo virtuale, popolato di contenuti che aumenteranno le nostre capacità e l’accesso alla conoscenza. E la tecnologia diventerà sempre più semplice, integrata e meno astratta.
L’evoluzione tecnologica crea sempre nuovi mercati e nuove economie. Anche il metaverso con l’utilizzo di piattaforme e protocolli blockchain sta introducendo rapidamente nuove figure professionali e nuove attività, che medieranno nuovi rapporti tra utente finale e il provider di servizi.
Un ospedale integrato nel metaverso
DeHealth, un’organizzazione no-profit britannica, ha annunciato la creazione del Decentralized Metaverse, un nuovo mondo in cui si troveranno medici e pazienti. Qui potranno interagire in uno spazio digitale, con la realizzazione di gemelli virtuali 3D dell’ambiente ospedaliero, simulando le situazioni del mondo reale e popolando di contenuti quello che oggi viene chiamato metaverso. Il passo successivo, molto più complesso, è la creazione del proprio gemello virtuale sul quale simulare terapie e operazioni, per verificare in anticipo eventuali effetti collaterali e la precisione della cura che diventerà veramente personalizzata. Lo scopo principale dell’uso del metaverso sarà quello di seguire le eventuali deviazioni di qualsiasi paziente/cittadino rispetto allo stato di salute considerato normale, in qualunque parte del mondo egli viva. I suoi dati saranno accessibili in qualsiasi momento, sotto forma di consigli o warning: una nuova interfaccia definita PAN Area (Personal Area Network) dove al mondo reale si sovrappone a quello virtuale.
Ma il metaverso è solo una transizione verso quello che sarà la tecnologia del futuro, sempre più integrata negli oggetti che ci circondano. Così nell’ospedale del futuro potremmo trovare, ad esempio, tavoli che percepiscono la nostra sete, sensori che rilevano il nostro fastidio per la luce e attivano sistemi di domotica integrata e reattiva, o ancora letti in grado di monitorare i nostri parametri vitali ed inviarli a medici e infermieri.
“Raggiungeremo questi sviluppi tecnologici quando la teoria del radical atom entrerà nella vita di tutti i giorni”, dice Zunino citando le ricerche di Hiroshi Ishii, del MIT Media Lab.
Oggi interagiamo con le informazioni digitali solo tramite interfacce grafiche, come lo schermo che rappresenta le informazioni tramite i pixel. Domani, invece, avremo a disposizione delle interfacce tangibili, cioè materiali in grado di cambiare forma e apparenza in modo dinamico. Tutto ciò sarà possibile mediante la produzione di oggetti costituiti da atomi radicali, che rappresentano la manifestazione fisica delle informazioni digitali e la possibilità di rendere tutta la parte computazionale invisibile.
I dispositivi di monitoraggio o diagnosi saranno integrati nello specchio, come nei vari prototipi di smart mirror già sviluppati. O troveremo tavoli capaci di percepire i nostri bisogni e di darci in mano gli oggetti di cui abbiamo bisogno.
“L’unica cosa che spaventa di tutta questa innovazione è che venga lasciato il potere decisionale alle macchine. La macchina può essere incapace di comprendere il contesto o di vedere/intuire l’imprevisto. Il valore delle persone nel sistema è la capacità di uscire dal protocollo standard”.
E poi Zunino conclude: “L’ospedale del futuro lo chiamerei un conscious hospital. Lo immagino dotato di una grandissima intelligenza capace di connettere, reattivo come un grande organismo in cui gli attori che lo abitano – pazienti medici e operatori – sono parte integrante di esso. Da solo non decide, ma è capace di comprendere complessità, informare e reagire. Non vi sono barriere tra i muri, gli impianti, le attrezzature ed i semplici presidi ospedalieri come letti e sedie a rotelle. Raccoglierà dati per segnalare eventuali pattern di rischio, in modo da far intervenire medici e infermieri solo in caso di necessità importanti. Inoltre renderà più equo, misurabile e trasparente il lavoro di ogni operatore, attuando eventuali sistemi correttivi di management intelligente. Per realizzare tutto ciò, abbiamo bisogno di menti capaci di comprendere la tecnologia, ma con grandi competenze di management”.
Istruzioni per diventare una futurista
Per diventare un futurista, oggi il primo prerequisito è parlare una lingua internazionale condivisa. Poi occorre accettare la complessità come parte del mondo reale, abbattendo le barriere del pensiero riduzionista. Infine, è necessario valorizzare la curiosità nei confronti delle tecnologie che provengono dai poli dell’innovazione o che emergono da comunità di creativi.
“Il discorso vale soprattutto per manager e chi ha potere decisionale. Il fatto di non aggiornarsi o di non potersi aggiornare per limitazioni linguistiche, o mancanza di curiosità implica l’introduzione di un’innovazione di fatto già digerita da altri e in certo senso passata”, spiega Zunino.
Giorgia Zunino ha questa modalità di aggiornamento. Cercare la tecnologia là dove la creano, incontrando le persone che si stanno spendendo in tal senso con i migliori successi. Quando ha la necessità di ampliare le proprie conoscenze per instaurare un dialogo con i grandi innovatori, frequenta master e corsi, anche lontani dalla propria formazione di origine, fuori dalla propria zona di comfort. “Il potere del futurista è la curiosità della scoperta, l’umiltà di imparare e la creatività di mettere insieme il nuovo sapere”.