A lanciare il monito è Valter Longo, Professore di Biogerontologia, che lamenta la mancanza di investimenti in prevenzione e formazione dei professionisti. Eppure la letteratura e in particolare un recente studio conferma ancora una volta che uno stile alimentare adeguato può allungare l’aspettativa di vita anche di 13 anni
Non è (solo) colpa del “cibo spazzatura” se circa il 50% degli adulti e il 30% dei bambini e adolescenti di tutto il pianeta è sovrappeso e l’obesità rappresentano una gravissima emergenza mondiale per la salute pubblica, ma anche e soprattutto della disinformazione e della mancanza di un sistema adeguato di prevenzione. A lanciare il monito è Valter Longo, Professore di Biogerontologia e Direttore dell’Istituto di Longevità alla University of Southern California – Davis School of Gerontology di Los Angeles che nel 2017 ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome, per portare avanti attività di ricerca e cura in relazione alle problematiche legate all’alimentazione. Prendendo come punto di riferimento i regimi alimentari dei cluster di popolazione più longevi e cercando di diffondere una corretta cultura del cibo.
Un servizio pubblico di nutrizione
“Tutti parlano di prevenzione ma nessuno investe in tal senso” spiega Longo. “È come parlare di educazione senza mettere a disposizione dei cittadini una scuola pubblica con insegnanti. Quello che servirebbe – continua il biogerontologo, che in Italia dirige il programma di ricerca di Longevità e Cancro presso l’Istituto di Oncologia Molecolare IFOM di Milano – e che abbiamo proposto anni fa al governo italiano senza successo, sono nutrizionisti che a partire dai 2-3 anni di età seguano il cittadino, portandolo o mantenendolo sul peso corretto. Perché nel corso della vita ci sono 5-6 fasi in cui un’adeguata nutrizione previene obesità, malattie e decessi”.
Disinformazione
Invece stando alla situazione attuale, non solo non esiste un servizio simile, ma scarseggiano anche le conoscenze tra le figure di riferimento. Longo spiega infatti di essersi accorto, osservando cosa mangiano i bambini italiani, che neanche i pediatri erano a conoscenza del fatto che oggi la quantità di proteine assunte supera di 3-4 volte il livello raccomandato dalle stesse società pediatriche. “La maggior parte delle persone pensa che le proteine siano sane e facciano bene, negli Stati Uniti come in Italia” spiega l’esperto. “Oppure pensano di fare la dieta mediterranea ma mangiano troppo amidi”. Un problema che, ricorda il biogerontologo, interessa sia bambini sia adulti che mangiano troppi amidi e troppe proteine, elementi che sono entrambi al centro dell’accelerazione dell’invecchiamento. “C’è ancora tanta confusione su quale sia la dieta corretta e gli alimenti giusti” aggiunge.
La situazione italiana
L’Italia non è da meno con circa 25 milioni di persone che hanno problemi di eccesso di peso. Lo riporta il report italiano realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con ISTAT, “Italian Obesity Barometer Report 2019”, secondo cui la metà degli italiani è in sovrappeso e un cittadino su dieci è obeso. Un problema che riguarda anche i più piccoli, con quattro bambini su dieci in sovrappeso o obesi (il 42% dei bambini e il 38% delle bambine). Dopo quelli di Cipro, i giovani italiani sono i più sovrappeso d’Europa, allo stesso livello di Grecia e Spagna, nonché degli Stati Uniti. “L’Italia presenta livelli di obesità e sovrappeso meno allarmanti rispetto agli altri paesi europei per la popolazione adulta, ma nell’età evolutiva la diffusione dell’eccesso di peso raggiunge proporzioni ancora troppo elevate, nonostante negli ultimi anni si sia registrata una lieve riduzione” riporta l’edizione 2020 dello stesso report.
“Nei bambini il problema è più grave – continua Longo – indica che c’è qualcosa che non va anche negli adulti e condanna loro per via del sistema, a cambiamenti negativi che avranno un peso nella loro vita. Nel libro ‘La longevità inizia da bambini’ riportiamo che un bambino costantemente in sovrappeso dai 7 ai 18 anni ha quattro volte il rischio di sviluppare il diabete nella vita. È una delle tante condanne oltre a quella psicologica. La Fondazione nasce proprio per fare educazione alimentare in bambini e adulti e prevenire malattie prevenibili”.
Cambiare alimentazione per vivere di più
E in effetti, come conferma anche un recente studio pubblicato su Plos Medicine modifiche nella dieta – soprattutto se intraprese da giovani – possono allungare l’aspettativa di vita. In particolare, secondo la ricerca, una donna che inizia a mangiare in modo ottimale all’età di 20 anni, potrebbe aumentare la sua durata di vita di poco più di 10 anni, un uomo di 13 anni. Dopo i 60 anni invece, una dieta più sana potrebbe allungare la vita di otto e nove anni per donne e uomini rispettivamente. E addirittura ci sarebbe tempo fino agli ottant’anni per trarre vantaggio da uno stile alimentare a base vegetale che potrebbe anche far guadagnare circa 3,5 anni di vita in più. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno creato un modello di cosa potrebbe accadere alla longevità di un uomo o di una donna se sostituisse una “dieta tipica occidentale” incentrata sulla carne rossa e sugli alimenti trasformati con una “dieta ottimizzata” incentrata sul consumo di meno carne rossa e lavorata e più frutta e verdura, legumi, cereali integrali e noci. La stessa dieta della longevità raccomandata da Longo da diverso tempo.
Un processo lento
Mangiare meglio insomma riduce il rischio di malattie croniche e morte prematura e di conseguenza aumenta l’aspettativa di vita. Un concetto ormai noto, ma che non tutti ancora seguono come mantra. “Modificare lo stile alimentare è un processo lento” conclude Longo. “Oggi circa il 60% della popolazione non fuma, ma sono serviti trent’anni per raggiungere questo obiettivo. Immagino che anche per la dieta serviranno anni prima che la maggior parte della popolazione capisca quale sia lo stile di vita ideale per vivere meglio e più a lungo e si sposti verso queste raccomandazioni”.
Foto in alto: Caleb Oquendo da Pexels