Nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia, un team guidato da Silvia Giordani lavora alle “nanocipolle” , nanomateriali e marcatori fluorescenti in grado di navigare verso le cellule tumorali per penetrare al loro interno e facilitarne la cura
All’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), un team di ricerca sui nanomateriali al carbonio lavora su delle particelle rivoluzionarie. Chiamate “nano-cipolle”, sono in realtà nanoparticelle sferiche composte da vari strati di atomi di carbonio, in grado di introdursi all’interno delle cellule cancerose e produrre fluorescenza, facilitandone l’individuazione in previsione di terapie mirate.
Un progetto che parte da lontano
I primi risultati degli studi effettuati dalla professoressa Giordani a capo del progetto risalgono infatti al 2010. Oggi lo studio, che vede coinvolti i laboratori IIT di Genova, Lecce e Milano e il Politecnico di Milano, sembra essere arrivato ad un punto di svolta in quanto le nanocipolle si sono rivelate capaci di leggere le variazioni di alcune caratteristiche delle cellule tumorali, così da poterle individuare facilmente. L’obiettivo, a medio-lungo termine, è utilizzarle nello sviluppo di nuovi dispositivi biomimetici per diagnosi e terapie mirate.
Nanocipolle, o “più semplicemente” fullerene multistrato
Silvia Giordani potrebbe essere definito un “ex” cervello in fuga. Oltre un decennio di ricerca all’estero, tra Stati Uniti e Irlanda. Dal 2013 è la coordinatrice del laboratorio sui “Nano Carbon Materials” dell’IIT.
“Ci occupiamo sia della sintesi chimica di molecole fluorescenti e intelligenti – racconta – che della funzionalizzazione di nanomateriali al carbonio per applicazioni biomediche”. È qui che entrano in gioco le nanocipolle, ovvero nanoparticelle sferiche composte da vari strati concentrici di atomi di carbonio, che devono questo soprannome proprio alla loro particolare struttura.
“In gergo tecnico sarebbero dei fullereni multistrato”, precisa Giordani. “È un nanomateriale sferico molto piccolo. Quelle su cui lavoriamo hanno un diametro di circa 5 nanometri e sono composte interamente di carbonio. Sono biocompatibili e non tossiche”.
Sedicimila volte più sottili di un capello infatti, le nanocipolle hanno superato brillantemente tutti i test sulla tossicità e sulla risposta del sistema immunitario in vitro e in vivo. Possono essere iniettate nell’organismo dunque, senza conseguenze per le cellule stesse e senza generare processi infiammatori nei tessuti circostanti.
Nanoparticelle fluorescenti e “intelligenti”
Silvia Giordani è stata la prima al mondo, insieme al suo gruppo di ricerca, ad avere reso la nanocipolla solubile in un liquido biologico. Tante sfere concentriche di carbonio capaci di penetrare all’interno delle cellule cancerose e produrre fluorescenza, facilitandone così l’individuazione. Questo avviene grazie alle proprietà dei nanomateriali impiegati. “Grazie alla chimica noi possiamo modificare la superficie del nanomateriale – ricorda Giordani – aggiungendo delle molecole fluorescenti e intelligenti. Per esempio devono essere in grado di rispondere alle variazioni del ph”. È noto infatti che, in prossimità del tumore, il ph si abbassa: facendo in modo che la nanoparticella si accenda solo se in contatto con un ph acido, si potranno individuare facilmente le cellule tumorali.
“Stiamo lavorando molto anche sul targeting – aggiunge – ossia decorare la nanoparticella con delle molecole che riconoscano dei target cellulari e vadano verso le cellule tumorali per permettere il rilascio del farmaco”. Grazie a queste “nanolampadine”, sarà possibile avere una diagnosi facile e non invasiva di cellule cancerose o affette da altre patologie e intervenire con la massima precisione.
Diagnosi precoce e terapie mirate
Riconoscere e colpire solo le cellule malate. È questo il traguardo ultimo dello studio sulle nanocipolle. “Quando si prende un farmaco sistemico per via orale, questo viene assorbito nel sangue e dunque in tutto il corpo”, sottolinea Giordani. “Noi cerchiamo di utilizzare la chimica e le nanotecnologie per ingegnerizzare dei nuovi vettori e riuscire a portare il farmaco prevalentemente nella zona interessata dal male”.
Ci vorrà del tempo, ma le nanocipolle ci aiuteranno ad anticipare le diagnosi e intervenire in modo mirato prima dell’insorgere di una patologia irreversibile, diminuendo così gli effetti collaterali. Se è vero, come afferma Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’IIT, che la nanomanifattura ci cambierà la vita (e qui ci spiega il perché), il team di lavoro sui “Nano Carbon Materials” sta già scrivendo un pezzo di futuro.