Il 64,4% della popolazione mondiale è online in questo momento. In quali direzioni andrà l’advertising online? E che fine faranno gli influencer? Per Donato Falotico, Research & Insight director di We Are Social “Le piattaforme si stanno evolvendo; non stanno morendo”
Il 64,4% della popolazione mondiale è online in questo momento. E il numero di utenti che naviga in Internet, a livello globale, è aumentato di circa il 2% negli ultimi 12 mesi. Di questi, sono 4,76 miliardi gli utenti attivi su piattaforme social; per un incremento del 3% rispetto allo scorso anno. In media si trascorrono due ore e mezzo al giorno sui social network più diffusi come TikTok, Facebook, Instagram, LinkedIn e Twitter. I dati emergono dal report annuale “Digital 2023”, presentato da We Are Social e realizzato in collaborazione con Meltwater, che traccia una panoramica sul presente e il futuro dei social in Italia e nel mondo.
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Quanto sono social gli italiani?
Per quanto riguarda l’Italia, l’utilizzo di Internet è in calo, tornando ai livelli pre-pandemici: gli italiani trascorrono quasi 6 ore al giorno online; in diminuzione del 4%. Ma se si guarda ai social network, lo scenario è opposto, con un numero di utenti che vi accedono in crescita, per una media di due ore quotidiane. “Ben l’87% della popolazione in Italia è sui social – ha commentato ha commentato Marta Prosperi, strategy supervisor di We Are Social – Il 75% di questi afferma che i social stanno diventando elementi preponderanti come touch point nella daily consumption. I dati indicano che, in media, in un mese un italiano accede a sei differenti piattaforme social; senza particolari difficoltà”. Ma quali sono i motivi che spingono a connettersi così spesso alle piattaforme social? Secondo il report, i social rispondono a un bisogno di informazione (48%); il 46% degli utenti si connette per intrattenimento; il 45% perché ricerca un contatto virtuale con gli altri, ma non solo. Il 30% degli italiani sui social trova ispirazione su cose da fare e il 22% prodotti da acquistare. E quando si tratta di cercare informazioni sui brand d’interesse, per il 59% delle persone i social network rappresentano il canale preferenziale.
Tra le piattaforme dell’ecosistema Meta più utilizzate ci sono, in pole position, Whatsapp, (con un 89% di utenti), seguita da Facebook (77%); Instagram (73%); Facebook Messenger (51%); Telegram (46%) e TikTok (37%). Il target di utenti connessi è molto ampio: tra i 16 e i 65 anni guarda video online ogni settimana (91%), in aumento del 3% rispetto all’anno precedente. A trainare questa crescita sono soprattutto contenuti di intrattenimento (+2%), e video di influencer (+5%). Per quanto riguarda il settore del gaming, ogni settimana 8 persone su 10 giocano virtualmente, per un totale di un’ora al giorno e circa un italiano su dieci acquista giochi fruibili da mobile. Anche i podcast continuano il loro trend di crescita; il tempo trascorso dalle persone in ascolto è in aumento del 10%, per una media di più di mezz’ora al giorno. E nel comparto dell’e-commerce sono 37 milioni le persone che effettuano acquisti online; il 47% compra un prodotto o servizio online a settimana. Nel digital advertising, la spesa per la pubblicità digitale cresce del 9% , per un aumento del 5% rispetto allo scorso anno, spinta anche dalle attività svolte in collaborazione con influencer (+15%). Il tema degli influencer è ancora molto caldo. Ci si chiede quali direzioni prenderà questo lavoro nel futuro.
Social media: è davvero la fine?
Mentre alcuni titoli di giornale urlano: “Facebook è solo per boomers” e “Instagram giungerà presto al termine“, il trend che sembra delinearsi non va in questa direzione. “I social si stanno evolvendo; non stanno morendo – ha affermato Donato Falotico, Research & Insight director di We Are Social – C’è successo delle piattaforme interest-based: basate sugli interessi delle singole persone e stanno cambiando i comportamenti e i modi con i quali si interagisce con i social. Oggi si dà più attenzione allo storytelling; a quello che c’è dietro l’approccio umano. Siamo in un’era in cui i social entrano in una nuova sfera di utilizzo: il lavoro vero deve essere fatto sul brief dell’influencer per evitare di diventare il mero venditore online del web”.
“Instagram, in particolar modo, sta vivendo un crescendo continuo di utenti collegati – ha spiegato Marta Prosperi – Ed è stato molto utilizzato durante Sanremo anche per una scelta della stessa emittente televisiva che ha deciso di utilizzare unicamente questo canale per diffondere immagini del backstage. Immagini che non sono state fruibili, ad esempio, su Raiplay”.
E gli influencer del domani?
Meri venditori di prodotti o comunicatori sociali? Quali direzioni prenderà il mondo dell’advertising online? “Difficile descrivere come saranno gli influencer del domani – ha commentato Andrea Lombardi, media e distribution director di We Are Social – Quando chiediamo alle persone che tipo di account seguono, nella TOP5 troviamo gli opinion leader. L’influencer marketing ha, oggi, raggiunto la sua maturità ed è un settore che si attesta in continua crescita. In linea di massima, quando chiediamo agli utenti perché seguono un certo influencer, rispondono perché si fidano e perché riescono a entrare in empatia; provando la sensazione di avere a che fare con un amico”. In questo senso, sono i criteri dell’autenticità e di ambizione creativa oggi a decretare numero di followers.
«Il 2023 sarà l’anno in cui aziende e agenzie lavoreranno sulle metodologie di misurazione del ritorno sull’investimento delle campagne di influencer marketing – prosegue Lombardi – mentre il secondo tema centrale è quello dei “paid media“, che immaginiamo come attività organica ma sta assumendo ruoli rilevanti. I “paid media” permettono, infatti, di misurare le campagne di marketing con indicatori che vanno oltre la performance. E, in questa direzione, diventa importante capire quello che sta succedendo nella industry, che si basa su quello che succede attorno a noi». Oggi stanno andando per la maggiore i fenomeni dell’”hyperlocal influencer marketing”; incentrati sugli influencer più rilevanti in una determinata area geografica e nel rapporto che ricercano con il consumatore, oltre al fenomeno del “deinfluencing“; ovvero gli influencer che sconsigliano determinati prodotti. “Oggi le campagne di maggior successo sono quelle dove il brand ha messo al centro la creatività e nel processo di scouting ha scelto di collaborare con gli influencer”, conclude Andrea Lombardi.