Nasce RoboIT, grazie a un investimento di CDP Venture Capital. Un’opportunità per accelerare il trasferimento tecnologico in un settore che vede già l’Italia leader mondiale
Tutto può partire da una considerazione, se volete banale: il mondo sta cambiando davanti ai nostri occhi, “Dieci anni fa il listino della Borsa statunitense era dominato da oil&gas” ha ricordato Giovanni Gorno Tempini che è il presidente di CDP. Oggi dominano il mercato le tech company: soprattutto quelle statunitensi, che hanno saputo trasformare una leadership tecnologica nel mondo delle reti in una leadership economica dando vita a startup che poi sono diventate grande imprese. In Italia fin qui non è stato così: ma, come dimostra ciò che già oggi è stato in grado di fare il polo di ricerca RoboIT varato a Genova, ci sono ottime chance per cavalcare una nuova rivoluzione imminente. Quella della robotica, quella delle macchine che sempre di più saranno presenti nel nostro quotidiano: a condizione di modificare la nostra cultura imprenditoriale per far dialogare la nostra eccellente leva di ricercatori con l’industria, magari mediante una categoria in ascesa costituita da chi fa dell’investimento venture capital la propria missione.
Genova, caput robotics
Si comincia, dunque, da Genova. Il perché lo spiega la presidente di CDP Venture Capital Sgr, Francesca Bria, in apertura di una giornata che ha visto coesistere un momento di convegno e di confronto con uno più pratico, dedicato a mostrare il frutto del lavoro di chi fa parte di questa nuova creatura chiamata RoboIT: “Abbiamo scelto Genova perché è un luogo di eccellenza tecnologica, e abbiamo scelto la robotica perché in Italia in questo settore operano già 104mila imprese – ha detto Bria – Il Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico RoboIT è un progetto pluriennale con capacità di investimento di lungo periodo, in cui CDP Venture Capital ha investito 40 milioni di euro per creare un ecosistema della robotica in grado di supportare l’invenzione in laboratorio nell’accesso al mercato, con un effetto leva stimato complessivo di 100 milioni di euro in 4 anni per la creazione e lo sviluppo di più di 50 nuove aziende”.
Il modello di CDP Venture Capital prevede proprio la creazione e la nascita di questi poli laddove vi sia già la concentrazione e la massa critica necessari a far scalare determinati settori: la formula prevede la collaborazione diretta tra impresa e accademia, sedute metaforicamente allo stesso tavolo per cercare di trasportare l’enorme massa di pubblicazioni scientifiche (siamo secondi al mondo per quanto riguarda la robotica, dietro solo a un colosso come gli USA) verso l’industrializzazione. Ma ci sono pure opportunità importanti da cogliere per il nostro artigianato e il made in Italy, tra reshoring e recupero di professionalità che vanno sparendo nelle botteghe: Paolo Fiorini, professore presso Università degli Studi di Verona e membro del comitato scientifico di RoboIT, individua proprio qui uno dei possibili verticali di investimento. Un investimento capace di generare un impatto economico e sociale significativo.
D’altra parte, come sottolineato da Giorgio Metta che è direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, “La robotica viene spesso vista come l’ultimo anello di un processo di automazione che toglierà posti di lavoro all’uomo: in realtà la mancanza di manodopera nei prossimi anni potrebbe essere un fattore limitante per la crescita del PIL del nostro Paese, ci mancheranno letteralmente le mani per fare ciò che facciamo”. Niente di meglio, dunque, che guidare noi stessi come Italia la nascita e la crescita di una nuova generazione di macchine più avanzate e flessibili: “Abbiamo i talenti, la conoscenza scientifica e un substrato imprenditoriale in grado di fabbricare ottimi robot – ha detto un altro membro del comitato scientifico, il professor Paolo Dario della Scuola Superiore Sant’Anna – La sfida è trasformare tutto questo in una grande spinta in avanti. In alternativa alla decrescita o alla necessità di una massiccia immigrazione, la robotizzazione forte può essere un’alternativa concreta”.
Il nuovo umanesimo tecnologico
Il punto dove possiamo, come Italia, fare davvero la differenza è nel modo in cui la rivoluzione robotica sarà guidata e impostata: “La questione non è se i robot entreranno nelle nostre vite, ma come vogliamo lo facciano – ha detto la professoressa Cecilia Laschi, talento italiano diventata docente proprio di robotica all’Università di Singapore, uno dei primi 20 atenei a livello planetario – In altre parole, che ruolo avrà l’essere umano nel futuro”. In questa nostra vocazione umanistica e umano-centrica, possiamo farci promotori di un movimento che definisca i confini etici di questa trasformazione in atto: “I quattro pilastri di questa rivoluzione sono conoscenza, design, interazione con le macchine e il loro impatto sociale – ha ricordato Bruno Siciliano, docente Università Federico II di Napoli – Stiamo puntando a un vero e proprio nuovo umanesimo tecnologico”.
Non parliamo comunque di futuro remoto, ma di soluzioni già sviluppate e disponibili oggi. RoboIT ha raccolto, selezionato, sostenuto e in diversi casi anche già finanziato molteplici progetti nel distretto genovese: alcune mostrate già in versione prototipale, o persino più avanzata, nei vecchi Magazzini del Cotone al Porto Vecchio di Genova. Come Soundsafe Care, un braccio robotico pensato per i trattamenti oncologici: il sistema misura i movimenti naturali del corpo e degli organi interni, garantendo la possibilità di guidare un emettitore di ultrasuoni focalizzati in modo estremamente preciso durante la terapia radiologica. Il medico oncologo imposta l’area interessata dal trattamento mediante la guida ecografica, e il robot lo assiste nell’impiego di una tecnica ablativa del tumore assolutamente non invasiva e mirata nel suo impiego.
Altro settore quello coperto dal robot sviluppato da Next Generation Robotics (NGR): in questo caso parliamo di una soluzione universale per l’ispezione del materiale su rotaia, che si tratti di treni o di metropolitane, che non richiede di spostare i vagoni dai binari e che riduce quindi i tempi necessari alle verifiche. Il robot si muove sotto le vetture da ispezionare, corre letteralmente tra binari e traversine, e mediante i sensori ottici presenti a bordo segnala eventuali punti critici da verificare: la piattaforma è già compatibile con la totalità delle strade ferrate italiane, e può essere facilmente adattata a qualsiasi altra rete con scartamento diverso semplicemente modificando le dimensioni dell’interasse del dispositivo.
Un campo che ci vede già leader a livello globale è quello della chirurgia robotica e della riabilitazione o della sostituzione prostetica degli arti: in questo senso sono molteplici le soluzioni già sviluppate o in corso di progettazione, a partire dalla mano Hannes sviluppata proprio da IIT, passando per i dispositivi della linea ReWing che svolgono un ruolo attivo nella valutazione e riabilitazione dell’area mano-polso-avambraccio, per finire sulla strumentazione chirurgica sviluppata da Thermal X e da SARAS. Tutte testimonianze di una vivacità in termini di scienza pubblicata e di brevetti ottenuti dai ricercatori italiani: che ora potranno essere messi in condizione di guidare la rivoluzione robotica a livello continentale e planetario.