Ordini ridotti e troppi problemi alla base dello stop dell’A380, il gigante dei cieli inaugurato nel 2007 che uscirà dalla produzione nel 2021
Il gigante dei cieli resta a terra. Per sempre. Airbus ha confermato che il suo modello di punta, l’A380, non sarà più prodotto a partire dal 2021. Un volo rapido e fugace quello dell’aereo simbolo del rinnovato vigore europeo nell’industria aeronautica (in particolare di Francia e Germania, con i siti di produzione ad Amburgo e Tolosa), progettato come risposta al successo dei Boeing statunitensi. Decollato per la prima volta nel 2007, col primo volo commerciale firmato Singapore Airlines, viene ora pensionato per una serie di problemi che spaziano dalle misure del velivolo ai costi di gestione ed efficienza dello stesso. Popolare per la capienza di oltre 850 persone in versione charter oppure più di 500 nella classica divisione a tre classi, il quadrimotore a due piani è stato accolto in principio con entusiasmo dalle compagnie aeree, salvo poi rivelarsi controproducente alla prova sul campo.
Ordini in picchiata
A sancire la fine dell’A380 sono stati gli ordini sempre più ridotti delle compagnie aeree. L’opportunità di offrire un’esperienza di volo più spaziosa e lussuosa aveva persuaso i vettori aerei a guardare con fiducia al progetto, anche perché erano gli anni in cui il numero di passeggeri cresceva in maniera robusta e nascevano hub in nuovi mercati, come per esempio Dubai e Londra Heatrow, due dei circa sessanta aeroporti in grado oggi di ospitare l’ingombrante A380. Gli Emirati Arabi sono diventati il terreno più fertile per l’A380, perché Emirates è stato il gruppo più ambizioso nello scommettere sui voli di lusso ordinando nel complesso più di 160 unità. E mentre molte compagnie, da Qantas a British Airways, da Air France a Singapore Airlines, hanno cancellato gli ordini prefissati, Emirates è rimasta a lungo l’ancora di salvezza dell’A380, decretando però la sua fine una volta dopo aver rivisto la strategia e deciso di annullare parte dell’ultimo ordine, riducendo la richiesta a 14 aeroplani invece dei 53 previsti.
Il disinteresse di Usa e Cina
Il mancato interesse di compagnie americane, cinesi e giapponesi ha favorito la discesa dell’A380, perché oltre ai Boeing 777 e 787 Dreamliner, anche in casa Airbus sono stati altri i modelli preferiti, a cominciare dai bimotori per il lungo raggio A350 e A330neo, più piccoli, efficaci e convenienti (in particolare per il carburante). Non a caso la stessa Emirates nei giorni scorsi ha ufficializzato la richiesta di 70 unità tra A350 e A330neo, mentre Etihad ha concluso per la consegna di 42 aerei A350. Tornando agli hub, poi, c’è da considerare che le previsioni di sfruttare un limitato numero di grossi punti di raccolta e smistamento sparsi per il mondo si è rivelata errata, perché nell’ultimo decennio molti aeroporti di medie dimensioni hanno investito risorse per garantire un maggior numero di voli diretti. E poi, ultimo elemento ma non per importanza, va tenuto a mente il prezzo dell’A380: un cartellino di circa 445 milioni di dollari è pesante e poco competitivo, specie se le alternative si aggirano tra i 320 e i 400 milioni di euro.
Cambio della guardia
Lo stop all’A380 annunciato dall’amministratore delegato di Airbus, il tedesco Tom Enders, non è arrivato a sorpresa, perché a breve il Ceo lascerà le redini dell’azienda al francese Guillaume Faury. Aver fatto chiarezza su uno dei programmi cardine del gruppo permetterà al suo successore di concentrarsi sul futuro e in particolare sulla sfida con Boeing, che nel 2109 dovrebbe consegnare tra gli 895 e 905 aerei, una manciata in più di Airbus, le cui stime si aggirano attorno agli 880-890 velivoli. Nel 2018 Airbus ha concluso vendite per 64 miliardi di euro, con un utile netto rettificato pari a 5,8 miliardi di euro.