Scarsa attenzione per temi economici cruciali come l’innovazione. Sparisce l’ideale pentastellato della “smart nation” e il documento non contempla mai le startup
Trentanove pagine fissano la linea del nascituro governo gialloverde. Tanti i temi toccati, il più delle volte marginalmente o con formule oscure. StartupItalia! ha setacciato la bozza definitiva del Contratto per il Governo del Cambiamento recapitata ai media per capire l’attenzione che il prossimo esecutivo riserverà a settori cruciali dell’economia quali lo sviluppo tecnologico, l’industria 4.0, l’innovazione e la green economy. Ecco dunque cosa dice in merito il documento che attende solo le firme di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini.
Il documento non menziona mai le startup
Partiamo da ciò che proprio non c’è: non si parla mai di startup e, purtroppo, nemmeno di temi legati allo sviluppo tecnologico del Paese quali la banda ultralarga, l’Internet delle cose e il ricorso a device smart per migliorare la qualità della vita soprattutto nelle grandi città (l’ideale pentastellato della “smart nation” pare finito in soffitta). Luigi Di Maio proprio a StartupItalia!, prima delle elezioni aveva dichiarato che nei primi 100 giorni di governo avrebbero voluto puntare a: «investire nella banda ultra larga, per permettere la migrazione dalla rete in rame a quella in fibra; nell’Internet delle Cose (IoT), e nell’ecommerce. L’impegno è di 1,2 miliardi di euro in 5 anni». Il contratto siglato con la Lega almeno al momento sembra però sconfessare le promesse fatte in campagna elettorale dal Capo politico di Movimento 5 Stelle. La sola volta che nel documento ricorre il termine “internet” è per promuovere l’intenzione, comunque rilevante, di garantire l’accesso gratuito al Web a ciascun cittadino. All’interno del documento, vengono invece mantenuti alcuni propositi circa la digitalizzazione della PA, almeno per ciò che concerne il fisco, che Di Maio sempre durante la nostra intervista all’interno del nostro speciale #italia2018 aveva individuato come tema cardine del proprio programma.
Green Economy
A pagina 7 del Contratto per il Governo del Cambiamento si apre il capitolo “Ambiente, Green Economy e rifiuti zero”. In merito, tralasciate alcune frasi propagandistiche di dubbio gusto (“Uomo e ambiente sono facce della stessa medaglia. Chi non rispetta l’ambiente non rispetta se stesso”), si legge: “il nostro compito è di sostenere la “green-economy”, la ricerca, l’innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico e per la rinascita della competitività del nostro sistema industriale con l’obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza promuovendo l’economia circolare”.
Come? Per ciò che concerne la sostenibilità ambientale vengono fissati alcuni paletti generici ma comunque significativi, soprattutto alla luce di ciò che (non) è stato fatto in passato. “Per una risorsa rinnovabile (suoli, acqua, foreste), la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella di rigenerazione; per una risorsa non rinnovabile (combustibili fossili, giacimenti minerari, acque sotterranee), la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella con la quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa rinnovabile (ad esempio: investire parte dei profitti per l’adozione di tecnologie produttive con risorse rinnovabili)”.
Verso un federalismo “green”?
La realizzazione del programma previsto dal Contratto per il Governo del Cambiamento sembra tendere a un federalismo “verde” (verde – ambiente o verde Lega? Resta da vedere). Infatti, si legge: “deve considerarsi prioritaria l’adozione di strumenti normativi efficaci atti a promuovere una sempre maggior diffusione di modelli di sviluppo sostenibili, della Green Economy e dell’economia circolare. A tal fine le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero essere coinvolte a tutti i livelli nella promozione di questo cambiamento e diventare un riferimento per l’adozione di buone pratiche, migliori tecniche e standard. È necessario armonizzare i rapporti tra lo Stato e le Pubbliche amministrazioni, rafforzando le autonomie ed i presidi territoriali più efficienti ed i modelli più avanzati e rispettosi dell’ambiente”.
L’economia circolare data dal riciclo: il “modello Treviso”
Quanto al tema dello smaltimento dei rifiuti, Lega e Movimento 5 Stelle scrivono: “È necessario che ogni intervento del decisore politico si collochi in una strategia di economia circolare, intesa quale sistema ambientale ed economico in cui un bene è utilizzato, diventa rifiuto, e poi, a valle di un procedimento di recupero, cessa di essere tale per essere riutilizzato quale materia seconda per la produzione di un nuovo bene, in contrapposizione al modello di economia lineare in cui i beni divenuti rifiuti sono avviati semplicemente a smaltimento dopo il loro utilizzo. […] A tal proposito il sistema di economia circolare di riferimento è quello oggi adottato dal servizio pubblico della provincia di Treviso, studiato in tutto il mondo. […] Attraverso la progettazione dei beni e fiscalità premianti per chi produce beni riciclabili e riutilizzabili, il ricorso alla raccolta domiciliare con tariffazione puntuale per cittadini e imprese, azioni contro lo spreco alimentare, la realizzazione di centri di riparazione e riuso dei beni utilizzati.”
Inquinamento: si riconosce il problema ma non il modo per risolverlo
Il Contratto per il Governo del Cambiamento nulla o quasi dice in tema di inquinamento, questo nonostante gli ultimi studi ci dicano che l’Italia è il polmone nero d’Europa: “A tal riguardo, azioni prioritarie, contro cambiamenti climatici ed inquinamento, andranno avviate con piani specifici per le aree più colpite del nostro Paese. Pensiamo, ad esempio, al bacino della Pianura Padana dove va migliorato e implementato il piano di bacino, e tutte le aree metropolitane”. Non è però dato sapere a quali “azioni prioritarie” il documento faccia riferimento perché chiude velocemente la questione con l’intento programmatico dal forte sapore propagandistico: “accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori.”
Situazione di compromesso anche per ciò che riguarda l’Ilva di Taranto. Com’è noto, lo stabilimento siderurgico ha costituito uno dei principali punti d’attrito tra Lega e Movimento 5 Stelle: i leghisti vorrebbero preservare i posti di lavoro, mentre i pentastellati sarebbero stati per la chiusura immediata data la violazione dei parametri ambientali. La sintesi laconica contenuta nel Contratto per il governo del Cambiamento non pare soddisfare chi chiedeva risposte certe: “è necessario provvedere alla bonifica, sullo sviluppo della green economy e delle energie rinnovabili e sull’economia circolare”.
Cybersecurity e telecamere nelle scuole
Irrisorio il capitolo dedicato alla cybersecurity, nonostante le ultime vicende di cronaca, legate all’attività degli hacker russi, abbiano spinto la maggior parte dei governi occidentali a porre il tema al principio delle rispettive agende. Il Contratto per il Governo del Cambiamento derubrica il tutto a mero argomento di passaggio, per di più fuso con quello – ugualmente impellente – del contrasto al cyberbullismo. In merito, leggiamo: “È indispensabile incentivare lo sviluppo del settore della sicurezza anche per quanto concerne la cyber security, avendo particolare attenzione al fenomeno del cyber bullismo, individuando strumenti di ausilio per il superamento del problema soprattutto negli ambienti scolastici”. Fara certamente discutere la proposta, per reprimere i fenomeni di bullismo tradizionale, di introdurre le telecamere nelle scuole.
Lega e M5s sognano un cambiamento che non passa per la tecnologia?
Insomma, nonostante il titolo promettente del documento (Contratto per il governo del cambiamento), il cambiamento disegnato dal patto stretto tra Lega e Movimento 5 Stelle non sembra passare per nessuno dei temi su cui è necessario intervenire con urgenza e decisione, investendo capitali significativi. Viene fatto solo un accenno all’industria 4.0 (“Si dovrà inoltre favorire, nelle scuole secondarie nelle università, la nascita di nuove figure professionali idonee […] nonché prevedere misure di sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi”), mentre tanti – troppi – argomenti su cui entrambi i partiti avevano spinto soprattutto in campagna elettorale vengono tralasciati. Allo stato attuale non sembra esserci la volontà politica di cambiare sul serio il Paese, permettendogli di agganciare la ripresa economica europea con sostanziosi investimenti sulle nuove tecnologie e sulle realtà che fanno innovazione.