Akili, startup di medicina digitale con sede a Boston, ha sviluppato EndeavorRx (Akl-T01), il primo videogioco approvato dalla FDA statunitense come terapia digitale per i bambini con disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Ma quello di unire video game accattivanti a un fine utile e sanitario è un sogno anche italiano
Quattro mondi. In ognuno una creatura simili agli esseri umani chiamata Akili. Nel primo di questi mondi Akili cavalca una banchisa che scivola lungo un fiume, dove deve evitare iceberg e pareti ghiacciate su entrambi i lati. Per farlo un giocatore – reale e fuori dal mondo di Akili – regola i movimenti inclinando il dispositivo (un tablet o uno smartphone) e tocca lo schermo per catturare i pesci rossi e ignorare quelli blu e verdi. Il videogame si chiama EndeavorRx (Akl-T01) e non è un videogioco qualunque, ma il primo che la Food and drug administration (Fda) – l’ente statunitense che regola l’approvazione di farmaci e dispositivi medici – ha approvato lo scorso 15 giugno negli Stati Uniti come terapia digitale. Seguito subito dopo, il 23 giugno, dall’approvazione del marchio CE, che consente la futura commercializzazione di EndeavorRx nei paesi membri dello Spazio economico europeo.
Il software terapeutico digitale è stato sviluppato da Akili, startup di medicina digitale con sede a Boston, e testato con studi clinici per i bambini con disturbo da deficit di attenzione/iperattività (attention deficit hyperactivity disorder, Adhd). Dal punto di vista clinico, per funzionare, la terapia digitale utilizza una tecnologia di Akili (Selective Stimulus Management, SSMETM) che si basa su stimoli sensoriali specifici e sfide motorie simultanee, progettate per indirizzare e attivare i sistemi neurali che svolgono un ruolo chiave nella funzione di attenzione.
Come un farmaco
Le terapie digitali infatti, vengono trattate alla stregua di un farmaco e come tali, per essere utilizzati da chi ne ha bisogno, devono seguire un percorso con studi clinici sugli esseri umani che ne dimostrino l’efficacia e la sicurezza. Solo a quel punto vengono approvate dagli enti regolatori e possono essere prescritte da un medico, che per esempio può consigliarne l’utilizzo per un periodo limitato di tempo. Dopodiché l’applicazione, o in questo caso il videogame, non è più utilizzabile. La “dose” di Endeavor per esempio, secondo le attuali informazioni, sarebbe di 25 minuti al giorno, 5 giorni alla settimana per 4 settimane. Anche il costo, come per le classiche terapie, è a carico del Servizio sanitario nazionale o dell’assicurazione sanitaria, a seconda dello Stato in cui si vive. Negli Stati Uniti sono già diverse le applicazioni approvate, per lo più per disturbi psichici, ma anche per il diabete per esempio.
Concessione straordinaria
Già durante la pandemia di Covid-19 la Fda aveva deciso di rendere disponibile il videogame , insieme agli altri dispositivi sanitari digitali a basso rischio con già qualche studio clinico alle spalle, indicati per condizioni psichiatriche tra cui l’Adhd. La situazione in cui la maggior parte delle persone si è trovata durante la pandemia, con lunghi periodi in spazi chiusi, è risultata difficile per qualsiasi bambino e adulto. L’aumento dello stress, il cambio di orari e di programmi hanno infatti, un impatto sulla cognizione e rendendo più difficile il mantenimento della concentrazione. Fenomeno che è ancora più accentuato per i bambini con problemi di attenzione associati all’Adhd, “le cui sfide quotidiane sono esacerbate in contesti simili e per cui molti dei sistemi di supporto usati abitualmente, non erano più accessibili”, come aveva spiegato Scott Kollins, professore di psichiatria e direttore del programma Adhs presso la Duke University School of Medicine, nel North Carolina.
L’utile e il dilettevole
Il vantaggio di EndeavourRx è di unire un’interfaccia grafica e accattivante, un gioco divertente e coinvolgente, a un sistema in grado di stimolare un’area del cervello che ha un ruolo chiave nella funzione cognitiva e dell’attenzione. Secondo gli studi clinici condotti su circa 600 bambini con Adhd, tra gli 8 e i 12 anni, “il software potrebbe migliorare la disattenzione misurata con strumenti obiettivi con eventi avversi minimi”. D’altra parte, come spiega Marco Mazzaglia, video game evangelist presso Synesthesia e docente di game design e gamification presso il Politecnico di Torino, i videogiochi “utili” risalgono a molto tempo fa. “Come quelli per insegnare la matematica – spiega Mazzaglia – che però erano banali e il lato meno divertente delle operazioni matematiche prevaleva sull’aspetto divertente del gioco. Poi c’è stata un’evoluzione e i videogame hanno preso piede sia in ambito formativo sia sanitario”.
Il Italia, come racconta l’esperto, ci sono casi di eccellenza, ma in generale i fondi a disposizione sono pochi e si dà più peso all’obiettivo che bisogna raggiungere, senza troppo curare la parte grafica. “Eppure è fondamentale anche la cura nello sviluppo” aggiunge. “Ci sono alcuni progetti che consentono di eseguire esercizi per la riabilitazione da traumi, come l’ictus, ma sono poco curati dal punto di vista grafico e dell’esperienza utente. Così risultano ostici per i caregiver o i medici che li devono usare e poco motivanti per il paziente”.
Videogioco per la riabilitazione
Mazzaglia, come aveva raccontato anche durante l’evento di TEDx Torino dello scorso febbraio, al momento sta lavorando a un nuovo metodo per integrare i videogiochi “classici”, ad alto tasso di coinvolgimento dei giocatori, con dinamiche che favoriscano la riabilitazione sensoriale e motoria. Uno dei progetti a cui Mazzaglia ha lavorato è un simulatore di guida. Utile per le persone che hanno subito un trauma relativo a incidenti stradali e devono riacquisire la sicurezza di guidare, la capacità di assimilare la distanza, inserirsi in autostrada ecc. “L’idea – afferma Mazzaglia – è partire da una velocità bassa, aumentarla gradualmente e poi inserire altri veicoli. Tutto sotto il controllo del medico che di volta in volta può personalizzare il gioco a seconda di come reagisce il paziente”.
Al momento invece, il video game evangelist sta utilizzando giochi che mettono alla prova le nozioni di spazio e tempo. Come “Framed”, sviluppato da uno studio australiano, un fumetto le cui vignette vanno rimesse in ordine: in base a come lo si fa, cambia il tempo e le direzioni del personaggio. “In questo modo la persona che sta giocando allena queste nozioni” commenta Mazzaglia. “È adatto, per esempio a pazienti con un degrado cognitivo leggero, che è anche il periodo migliore per cercare di mantenere la malattia. Il gioco costa pochissimo e l’idea sarebbe di utilizzarlo come base, in collaborazione con gli studi di sviluppo, per mantenere la parte commerciale divertente. Ma dall’altra sviluppare pannelli di controllo affinché il gioco diventi supporto per il paziente, con ausilio degli operatori sanitari”.
Magia in corsia
Oltre ai software, un altro sistema è usare gli hardware di gioco, come il joypad, per la riabilitazione. Questi dispositivi possono essere personalizzati per registrare i movimenti di chi gioca e usarli a scopo medico. “Per esempio il joypad tenuto in mano per giocare a tennis o ballare, ha una serie di sensori che identificano e tracciano il movimento” precisa Mazzaglia. “Questi dati oggettivi possono poi essere valutati dagli operatori sanitari e associati a quelli soggettivi rilevati dagli stessi specialisti che seguono la persona”. I videogiochi però, possono avere anche una funzione formativa. Per esempio possono insegnare che sbagliare non è una cosa negativa. Capita l’80% delle volte quando si gioca, ma proprio dall’errore arriva l‘intuizione che aiuta a risolvere il problema, come ricorda Mazzaglia.
O possono essere utilizzati negli ospedali per i bambini lungodegenti. Come il caso del C.S. Mott Children’s Hospital, nel Michigan, negli Usa, in cui personale medico e animatori hanno usato il gioco Pokémon Go sia per fare in modo che i bambini a lunga degenza, debilitati da lunghe e pesanti terapie, trovassero la forza per muoversi per andare a caccia dei Pokémon. Sia per rendere un po’ più magico l’ospedale. Il sogno di Mazzaglia è che in futuro gli studi di sviluppo di videogiochi commerciali possano creare un complemento per usare i loro prodotti a fine formativi o per la salute. E che il videogame non sia più visto solo come un oggetto futile per giocare, ma anche come strumento utile che veicola messaggi importanti. In fondo negli Usa la strada pare essere proprio quella.
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