Questo “social” robot casalingo ha ricevuto quasi 40 milioni di dollari di finanziamento. La sua campagna crowdfunding ha registrato oltre 7000 funders. Le sue funzioni? È assistente personale, fotografo, storyteller, allenatore (e molto di più).
Difficile non innamorarsi di Jibo, il primo “social” robot pensato per diventare il miglior amico di ogni famiglia. Tre sono gli aggettivi che i suoi creatori usano per descriverlo: affettuoso, utile e intelligente. Un robot in grado di svolgere determinate mansioni, rispondere a domande specifiche e imparare, di volta in volta, attraverso l’interazione con le persone.
Una startup da quasi 40 milioni di dollari
La startup che lo ha creato, basata a Cambridge nel Massachusetts, è guidata da Cynthia Breazeal, pioniere della robotica negli Stati Uniti d’America. Nata nel 2012, l’azienda ha già conquistato l’interesse di numerosi investitori che hanno contribuito al suo sviluppo versando, in diversi round di finanziamento (l’ultimo il 6 agosto), 38,6 milioni di dollari. Una cifra che comprende anche i fondi ottenuti dalla campagna crowdfunding su indiegogo, con oltre 7mila funders che hanno creduto nel progetto.
Che cosa fa Jibo
Jibo è un assistente personale capace di ricordare eventi, impegni e segnalare l’arrivo di messaggi e mail; è un fotografo che immortala momenti familiari importanti (in alta definizione); è un “avatar” il cui schermo può mettere in contatto persone distanti; è uno storyteller capace di raccontare storie ricche di suoni, immagini e artifici grafici; è un allenatore personale che registra gli esercizi da fare, le calorie ingerite e quelle da consumare. Ma non solo.
In generale è un robot tuttofare, dotato di una certa “umanità”, che può contribuire a organizzare meglio la vita di ogni famiglia. Dotato di bluetooth e connessione wifi, tiene compagnia, educa e intrattiene. Tutto ad un prezzo più che ragionevole: 749 dollari (ma attualmente è sold out).
Le caratteristiche di Jibo
Gli occhi di Jibo sono due camere ad alta risoluzione capaci di riconoscere facce e presenze, di scattare foto, di realizzare video immersivi tramite comando vocale; le sue orecchie sono microfoni a 360° che captano ed elaborano il linguaggio semplicemente attraverso l’interazione diretta o tra persone presenti nella stessa stanza.
Alcuni algoritmi fanno sì che Jibo possa comprendere le preferenze delle persone che gli stanno accanto per potersi comportare di conseguenza: «Non dimenticatevi di toccarlo perché apprende anche attraverso questo tipo di interazione» ricorda Cynthia. Misura poco meno di 30 centimetri e pesa circa 3 chilogrammi e per questo può essere spostato facilmente nei vari ambienti della casa.
Attraverso un’app dedicata, il robot è facilmente gestibile anche quando l’utente non si trova in casa (ma si collega al computer, al tablet e ad altri Jibo). Ma più di ogni altra cosa, come ricorda la sua creatrice, «Non è tanto importante quello che fa Jibo ma come lo fa. Non è un semplice strumento d’interazione ma un amico che può ritagliarsi un vero ruolo all’interno del nucleo familiare».
È un esempio, in piccolo, di quello che negli anni prossimi diverrà realtà: la convivenza con robot dotati di un’intelligenza artificiale sempre più complessa, in grado di coniugare la parte emozionale con quella assistenziale e di condizionare enormemente la nostra vita.