La tecnologia integra gli standard esistenti e promette di avere una soluzione capace di imitare il funzionamento del cervello umano
Il vocabolario dei robot si arricchisce ogni giorno di nuove parole. I chabot, gli agenti conversazionali, non sono più un business futuristico, ma una realtà.
Grandi aziende, come Domino, KLM Royal Dutch Airlines e H&M, hanno sviluppato loro chabot per vendere più velocemente su portali e social media e soprattutto offrire un servizio 24 ore su 24 ai loro clienti.
Una crescita del 24% annuo
D’altronde i numeri fanno ben sperare chi investe: secondo un report di Grand View Research, il mercato dei chatbot è destinato a raggiungere il valore di 1,23 miliardi di dollari entro il 2025, con una crescita del 24,3% annua.
Numeri che hanno attirato l’attenzione anche di molte startup che cercano soluzioni in grado di superare le tecnologie attualmente in voga. Tra queste c’è Laila, il chatbot ideato da Carmine Pappagallo, presidente di Insem Spa, una digital factory campana.
Lo ha realizzato insieme a Gianfranco Fedele, capo dell’innovazione tecnologica di Insem: «Laila inaugura una terza via nel mondo dei chatbot», spiegano sul palco di NaStartup, la “palestra degli innovatori campani”, dove hanno lanciato per la prima volta l’idea al pubblico.
Noi c’eravamo e abbiamo fatto qualche domanda ai due fondatori che per Laila hanno ottenuto un finanziamento di 400mila euro, attraverso il bando Smart&Start di Invitalia.
Open innovation e la partnership universitarie
Carmine e Gianfranco sono partiti già da diversi anni con la sperimentazione sui chatbot in azienda dove è nato un dipartimento dedicato all’open innovation:
«Un anno fa abbiamo iniziato a riflettere su un servizio di chat tradizionale per misurarne l’andamento. Dall’esperienza abbiamo capito due cose. La prima che per rispondere a tutte le richieste degli utenti avremmo dovuto assumere un numero insostenibile di addetti al customer service. La seconda che le domande che venivano fatte molto spesso si somigliavano e avremmo potuto creare dei modelli», raccontano a Startupitalia!
Da lì è nata l’idea di Laila e la partnership con l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli che li sostiene nello sviluppo del prototipo: «Abbiamo studiato le tecnologie che venivano applicate per realizzare i chatbot e analizzato soprattutto i grandi limiti di applicazione, la difficoltà di trovare uno standard che rendesse i chatbot davvero credibile agli occhi degli utenti. Allora, abbiamo creato una nostra “terza via” come soluzione al problema».
La terza via dei chatbot
Semplificando, oggi esistono due standard di chabot, i rule based bots e gli A.I bots. I primi sono chatbot che funzionano grazie a un percorso di domande e risposte precostruite. Mentre i secondi sfruttano l’intelligenza artificiale e sono in grado di apprendere nuove cose in automatico, sulla base del comportamento degli utenti:
«Con Laila abbiamo provato a superare i limiti dei chatbot attuali, inaugurando una terza via che non si appoggia solo a una delle tecnologie, ma integra i due modelli, facendo interagire più tipologie di intelligenza artificiale. Laila imita le varie aree del cervello, quella dedicata alla parte razionale con la parte sensoriale, aumentando così la credibilità del chabot di fronte agli utenti». Nell’immagine “rubata” dalle slide vediamo come Laila imita il funzionamento del cervello umano.
Trasparenza e funzionalità per un chabot efficace
«Lavorare sui chabot è un’arte da hacker, c’è bisogno di creatività e in genere di caratteristiche che non sono legate alla disciplina informatica», spiegano i fondatori.
Per sviluppare Laila sono partiti dallo studio delle piattaforme che permettono di creare chabot, come Dialogflow e Pandorabots per poi allontanarsi e sviluppare un proprio modello: «Chi vuole creare chabot innovativi deve partire da queste strade, osservarne i limiti e cercare di superarli con nuove idee».
Laila si basa su alcuni principi che secondo i fondatori dovrebbero ispirare tutti i chabot che puntano a diventare uno standard. Il primo è la trasparenza. Un chabot è trasparente quando chi lo usa non distingue se sta dialogando con un essere umano o un robot. Per raggiungere il traguardo della trasparenza, tuttavia, un chatbot deve fare sue prima tutta una serie di caratteristiche. Deve essere:
- Funzionale
- Produttivo
- Empatico
- Stimolante
- Olistico
- Adattivo
«Laila conterrà tutte queste attitudini. Lo useremo per rafforzare il customer care delle aziende e offrire delle guide per chi compra online, Laila aiuterà gli utenti a orientarsi all’interno delle piattaforme per capire quale prodotto si adatta alle loro caratteristiche e necessità».
Laila a breve il crowdfunding
I 400mila euro ottenuti da Smart&Start hanno permesso di dare un’accelerata al progetto. Tra poco nascerà una nuova azienda, nella quale confluiranno alcuni degli studenti universitari che lavorano al progetto, mentre altri verranno sostenuti con delle borse di studio:
«Laila potrà essere installato su qualsiasi sito Internet e E-commerce. Se il meccanismo funziona potrà scalare velocemente in altri Paesi. Abbiamo già definito un prototipo e pacchetti per la vendita».
Per un primo test del prodotto sul mercato e catturare l’attenzione degli investitori, partirà una campagna di crowdfunding su 200crowd:
«Se ti agganci oggi a tecnologie standard non farai mai niente di meglio di quello che già esiste sul mercato. Laila è un progetto ambizioso, la nostra idea è di creare innovazione e non solo un nuovo servizio da lanciare».