Dal Giappone una strategia per promuovere l’uso di robot nella produzione industriale e agricola e nell’assistenza medica e infermieristica agli anziani.
Lo ha annunciato nientemeno che il capo del Governo Giapponese Shinzo Abe: il mondo dovrà prepararsi a una vera “robot revolution” da qui al 2020, guidata dal Paese del Sol Levante. E non si tratta di un semplice slogan per stimolare gli entusiasmi di chi ne guida il mercato, ma una strategia di politica industriale messa nero su bianco dal quartier generale per la rivitalizzazione economica del Giappone e che prevede per il 2020 di ampliare la dimensione del mercato dei robot dagli attuali 600 miliardi di Yen (circa 5,3 miliardi di dollari) a circa 2,4 trilioni di yen, circa 20 miliardi di dollari.
Da qui al 2020, un robot dovunque
Un bel salto dunque, per un paese che vanta una delle esperienze più radicate ed estese per quanto riguarda le tecnologie robotiche. Da decenni infatti il Giappone è leader indiscusso di una visione del progresso basata sulla robotica, soprattutto nel settore dell’high-tech. La Robot Revolution Initiative però promette – o pubblicizza – qualcosa di più: un coordinamento capillare di tutte le forze in gioco, aziende, università, governo, per introdurre robot in tutti gli ambiti: dalla manifattura alla medicina, dall’agricoltura all’assistenza agli anziani. Una rivoluzione pilotata dai colossi del mercato. La Robot Revolution Initiative dovrebbe coinvolgere infatti oltre 200 brand giapponesi, fra cui Toyota, Honda and Panasonic, Komatsu, almeno secondo quanto si apprende dal Japan Times.
La rivoluzione è indispensabile
Di una rivoluzione sono tanto interessanti gli esiti, quanto le ragioni che la provocano. Una popolazione che invecchia, una forza lavoro in declino anno dopo anno, costi sempre più alti per assicurare la sicurezza nel luogo di lavoro, così come i costi per far fronte ai disastri dovuti agli avversi fenomeni atmosferici frequenti in un paese come il Giappone. E ancora, un calo della competitività globale nel settore manifatturiero, che fa sì che sempre più aziende puntino sullo spostare la produzione in paesi con costi operativi più bassi. Queste le ragioni che – si legge nel documento ufficiale – fanno sì che questa virata sia ritenuta indispensabile.“Is of course indispensable, and further initiatives must also be taken by gathering all knowledge and expertise available including utilization of new technical innovation.”
Un ecosistema dove i robot collaborano
Mettere una rivoluzione sulle spalle della robotica però, non è certo una novità, e Shinzo Abe e compagni questo lo sanno bene. Qui il punto – a quanto si apprende sempre dai documenti ufficiali – non è solo produrre più robot o inserirli capillarmente all’interno delle nostre vite, ma pensare a un nuovo modo di concepire la presenza dei robot, che produca un nuovo modello di business. Qui i concetti chiave sono l’autoapprendimento, le frontiere dell’AI e della sensoristica, ma soprattutto la collaborazione fra i robot. Una rete dove ognuno dei robot è anche parte di network più complesso, di un ecosistema.
Insomma, se da tempo la nostra fantasia si è cullata nell’idea di una “robot barriers-free society”, come viene definita nel documento, cioè una società dove la collaborazione tra robot e umani sarà una routine, oggi tutto questo è messo nero su bianco nelle 90 pagine che compongono questa New Robot Strategy, con tappe molto precise e assai ravvicinate. Da qui al 2020 non manca poi molto.