I primi passi dell’intelligenza artificiale nella sismologia. Le applicazioni ipotizzabili, ma anche le inutili speranze. Su StartupItalia! l’intervista all’esperto dell’INGV Warner Marzocchi
«Questo è l’anno zero per l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla sismologia. In futuro grazie a questo strumento miglioreranno le nostre previsioni probabilistiche sui terremoti, ma scordiamoci l’idea che sia possibile sapere con certezza dove e quando avverrà una scossa». Warner Marzocchi, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dove si occupa di pericolosità di eventi naturali, ha risposto alle domande di StartupItalia! sugli scenari di innovazione che l’AI potrebbe offrire a una scienza “giovane” come la sismologia. Open innovation anche in questo campo? «Sono più che favorevole a nuove competenze: l’intelligenza artificiale, in particolare le reti neurali, possono aiutarci a capire dove avverranno le scosse di assestamento dopo un terremoto».
I terremoti si possono prevedere?
Gli studi pionieristici che hanno utilizzato l’AI per la previsione probabilistica dei terremoti hanno già dato i primi risultati. «Non è stata ancora utilizzata in tempo reale, ma solo su eventi sismici passati», precisa l’esperto dell’INGV Marzocchi. Come ha riassunto un articolo pubblicato su Nature, è dimostrato che l’intelligenza artificiale può migliorare la previsione probabilistica su dove avverranno i cosiddetti aftershocks. L’attenzione su questi fenomeni sismici – sottolinea ancora la rivista scientifica – è dovuta soprattutto alle caratteristiche dei terremoti avvenuti in Italia, Nuova Zelanda e Giappone durante l’ultimo decennio: in tutti questi casi, e lo dimostrano anche le cronache, “il primo terremoto della sequenza non è stato il più distruttivo”.
È dunque fuorviante pensare all’intelligenza artificiale come al grimaldello che potrebbe salvarci dai danni provocati durante un terremoto. Lo spiega di nuovo il Dirigente INGV Warner Marzocchi: «Neppure l’AI può cambiare un dato di fatto del nostro lavoro: noi facciamo previsioni probabilistiche, non deterministiche. Ci concentriamo sulla cosiddetta pericolosità sismica: non abbiamo mezzi per sapere cosa potrà accadere, ma possiamo associare una probabilità a un evento». Nella lingua inglese sono gli stessi vocaboli a garantire una migliore comprensione: «A differenza nostra che utilizziamo soltanto il verbo “prevedere”, gli anglosassoni distinguono tra predict e forecast».
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L’ottimismo attorno all’intelligenza artificiale sembra comunque diffusa tra la comunità scientifica dei sismologi. Questo perché grazie ai dati a disposizione degli istituti e degli enti di ricerca, l’AI potrebbe garantire uno studio più approfondito sui terremoti. «La nostra è però una scienza giovane – avverte Warner Marzocchi – e quindi servirà ancora tempo per avere a disposizione dati in quantità tale da esser sufficienti per machine learning e reti neurali».
Innegabili i benefici che sta già garantendo alla nostra quotidianità e al nostro lavoro. Ma l’intelligenza artificiale sembra scontrarsi con un limite perfino più grande di questa tecnologia: gli eventi naturali non rispondono a logiche deterministiche, ovvero non c’è certezza su dove e su quando accadranno. «Quello che il nostro lavoro può fare è migliorare la consapevolezza dei cittadini: ad esempio, facciamo con successo il nostro mestiere se convinciamo le persone a capire se la propria casa risponde a criteri antisismici». Una scelta intelligente, perché umana.