È l’innovazione grazie a cui la startup Wise è stata premiata come migliore dell’anno allo StartupItalia Open Summit 2020. Grazie a un innovativo materiale permette di sdoganare questa tecnica, particolarmente utile in Paesi come gli Usa, dove dilaga l’abuso di oppioidi
Immaginate di inserire un ostacolo lungo il segnale del dolore, che corre dalla sua origine (per esempio la gamba, o la schiena) fino al cervello. Interrompendolo ed evitando che il dolore venga percepito dal cervello e da noi. Proprio come se si disturbasse la linea del telefono. È quello che fanno gli elettrodi impiantabili di Wise, startup neo premiata allo StartupItalia Open Summit 2020, come migliore del 2020. In realtà come spiega Luca Ravagnan, Ceo di Wise con alle spalle un dottorato di ricerca in Fisica e una pluriennale esperienza nella ricerca di base e applicata nel campo delle nanotecnologie che ha co-fondato l’azienda nel 2011, la vera innovazione della loro tecnologia non sta tanto negli elettrodi in sé, già noti, ma nei biomateriali che il team di Wise ha sviluppato e che sono destinati a sdoganare questo trattamento per il dolore cronico invasivo.
© Wiseneuro
“Gelatina e spaghetti”
Per dare un’idea Ravagnan dice di immaginare il “cervello come una gelatina, dalla consistenza di un budino, e i nostri nervi come spaghetti stracotti”. “Oggi su questi tessuti così delicati vengono applicati elettrodi molto più rigidi: una sorta di piastrina metallica saldata a fili veri e propri e poi inglobata in una gomma abbastanza spessa, che viene impiantata nel midollo spinale con lunghe operazioni in anestesia totale e la rimozione di un pezzetto di osso” continua. “La nostra tecnologia invece permette di creare elettrodi più morbidi, simili a fogli di silicone molto sottili, che non solo si adagiano sul cervello, ma possono essere arrotolati e rinchiusi in una piccola cannuccia per essere impiantati nel midollo spinale con un ago, in modo meno invasivo, per trattare il dolore”.
Gli elettrodi di Wise
Fino a oggi Wise ha sviluppato due dispositivi medici con questa nuova tecnologia: il primo è un elettrodotto che i neurochirurghi possono usare durante le operazioni per monitorare il cervello. Già testato clinicamente in uno studio internazionale che ne valutato la sicurezza ed efficacia, si è rivelato sicuro e ora è in attesa di ricevere il marchio CE per poter essere venduto in Europa. Il secondo prodotto è appunto l’elettrodo per il trattamento del dolore cronico. Oggi il team di Wise è arrivato a un prototipo avanzato già testato sull’anatomia umana – per cui ha chiuso un round di Serie C da 15 milioni di euro nel 2020 – e si prepara ad arrivare a un prodotto finito nel 2021. Che sarà poi testato in una sperimentazione clinica per chiederne infine la certificazione negli Stati Uniti.
Contro l’epidemia di oppioidi
Perché proprio il mercato statunitense? Perché è lì che da anni si assiste a una vera e propria crisi dovuta a un eccesivo consumo di oppioidi (la famosa “opiodemic”), farmaci utilizzati contro il dolore cronico invasivo, ma che possono portare anche ad abuso e dipendenza se usati in maniera impropria. In questo contesto la soluzione sviluppata da Wise potrebbe essere un’alternativa facile da usare e altrettanto valida per gestire questa condizione.
“Essendo un trattamento che richiede un impianto di elettrodi viene eseguita solo per una casistica limitata di pazienti che soffrono di dolore molto forte e intrattabile dove la terapia farmacologica si è esaurita” precisa Ravagnan. “Parliamo non di chi ha un mal di schiena o mal di testa transitorio, ma di casi di dolore persistente, magari dovuto a un trauma o operazioni non andate a buon fine, così forte e invalidante che può anche portare a istinti auto distruttivi e per cui è giustificata un’operazione. È un mercato grosso da 2,5 miliardi di dollari, dove oggi vengono trattati con elettrodi solo centomila pazienti all’anno”.
Un “telecomando” per gestire l’impulso
E se è vero che un elettrodo impianto in maniera permanente può spaventare più del prendere un farmaco, Ravagnan ricorda che oggi questi elettrodi sono collegati a una sorta di telecomando esterno che permette di regolarne l’intensità fino a spegnerlo se troppo fastidioso. “Il punto è trovare un equilibrio” afferma. “Se lo stimolo è troppo forte al massimo può causare un intorpidimento della zona interessata, come succede quando ci addormentiamo sul braccio. Ma negli ultimi anni si stanno sviluppando approcci che riducono questo problema. Inoltre un altro vantaggio è che l’elettrodo agisce localmente, evitando gli effetti collaterali di un medicinale che ha effetti su tutto l’organismo”. A ben pensarci non è niente di troppo diverso da quanto già fanno i più noti (e accettati) pacemaker. I quali stimolano elettricamente la contrazione del cuore, se alterata per qualche patologia.
Passato e futuro
Nel 2015 Wise aveva già calcato il palco del Sios come startup finalista, a cui era andato il premio Life science. Rispetto ad allora sono cambiate molte cose ricorda Ravagnan, (piacevolmente sorpreso di aver vinto nel 2020, dopo un pari merito con Satispay): “Siamo cresciuti, con 22 persone che lavorano nell’azienda rispetto alle 12 di allora e un impianto produttivo autonomo. Al tempo eravamo ancora un incubatore di impresa e non avevamo aperto una nostra sede. La tecnologia che abbiamo sviluppato apre a un mondo di possibilità” conclude. “Che speriamo in futuro ci permetta di creare moltissimi altri elettrodi per portare benefici ai pazienti in più ambiti. Siamo partiti dalle operazioni al cervello per arrivare al dolore e chissà a cos’altro ci aspetta nel 2025”.