Si chiama “Fuel” ed è nata da un team interdisciplinare di studenti all’interno del network “Sugar”. Prevede la creazione di due app: una per i pazienti e una per i caregiver, per aiutare gli utenti a gestire l’improvvisa stanchezza fisica e mentale tipica di queste malattie
“È come un abbraccio virtuale. Capisce la tua fatigue e ti aiuta a gestirla”. A dirlo è F., una persona come tante affetta da sclerosi multipla, che molto spesso deve confrontarsi con l’improvvisa stanchezza fisica e mentale, tipica di questa e altre malattie: la fatigue appunto. F. è una (o uno) dei volontari che ha partecipato ai primi test di “Fuel”, un progetto che prevede di sviluppare due applicazioni per smartphone, una per i pazienti e una per i caregiver, per aiutare chi soffre di sclerosi multipla e tumori ad affrontare la fatigue.
Il progetto è nato in risposta alla sfida lanciata da Sanofi Genzyme, divisione specialty care di Sanofi. Per migliorare la qualità della vita delle persone con sclerosi multipla e patologie oncologiche, all’interno di Sugar: un network globale che promuove la nascita di progetti di “open innovation” attraverso la metodologia del design thinking. Fuel in particolare è stata approntata da un team di sette studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia e del Politecnico di Milano. Supportati metodologicamente da Almacube, incubatore e hub innovativo dell’Università di Bologna e di Confindustria Emilia Area Centro.
Predire la fatigue
“La fatigue non è connessa ad attività che possono rendere una persona stanca e sembra imprevedibile per il paziente” spiega Chiara Pacchiarotti, laureata in design del sistema prodotto-servizio presso il Politecnico di Milano e rappresentante del team che ha creato Fuel. “Ma non lo è per un algoritmo che si basa su dati connessi con l’affaticamento, raccolti con lo smartphone e in alcuni casi con un wearable, come una smart band o uno smart watch”.
Dati come la frequenza del battito degli occhi, monitorata in automatico attraverso la fotocamera frontale dello smartphone. L’attività fisica e il rallentamento nei movimenti misurati con l’accelerometro. Il tempo di reazione e un’autovalutazione del livello di affaticamento, attraverso un semplice test da effettuare con il proprio smartphone. “Sono tutti dati che per esempio vengono raccolti per misurare l’affaticamento di un conducente alla guida. Quindi con alle spalle studi che ne hanno dimostrato l’utilità” continua Pacchiarotti. “Presi tutti insieme permettono al nostro algoritmo di valutare l’affaticamento durante la giornata. Dopo un certo periodo di tempo l’obiettivo è anche riuscire a predire quando il paziente si sentirà affaticato”.
L’app per i pazienti…
L’idea del progetto però è disviluppare non una sola, ma due app, che comunichino tra loro: una rivolta ai pazienti e una ai caregiver. L’app per i pazienti, in particolare, permetterà di monitorare il livello di fatigue, capire come cambia nel tempo e in relazione ai principali fattori che possono influenzarla. Registrare parametri e sintomi relativi alla propria patologia. Scoprire strategie suggerite da esperti per minimizzare gli effetti che alcuni fattori hanno sulla fatigue. Chiedere o fornire consigli pratici su come affrontarla nella vita quotidiana, scambiandosi informazioni ed esperienze. Infine – se lo desiderano – gli utenti potranno condividere il proprio stato di salute in tempo reale con amici e familiari che hanno l’app per caregiver e scaricare un report mensile in pdf da presentare al proprio medico curante.
“Con Fuel vogliamo mostrare ai pazienti il trend del loro affaticamento, con anche la possibilità di confrontarlo con fattori che possono essere correlati” precisa Pacchiarotti. “Come la temperatura esterna, parametro che incide sull’affaticamento nella sclerosi multipla; o la qualità del sonno che posso misurare con un weareble o manualmente. Per loro è un modo di conoscersi meglio e riuscire a provare le strategie consigliate dall’esperto per capire se c’è un miglioramento. O vedere se magari c’è un giorno della settimana in cui hanno una più alta probabilità di essere stanchi perché lo si è stato in passato”.
…e per i caregiver
L’applicazione destinata ai caregiver servirà invece per fare sapere loro che la persona cara sta bene, senza doverlo chiedere in continuazione, o per capire che potrebbe avere bisogno di aiuto. “Vorrei chiedere in continuazione a mia moglie come si sente. Ma non voglio essere pesante. Poterlo visualizzare in tempo reale mi aiuterebbe molto” riferisce M., caregiver di una donna con sclerosi multipla.
Inoltre come per i pazienti, c’è comunque la possibilità di accedere a contenuti, podcast e video che spiegano nozioni di base su come gestire la patologia. Sia da parte del paziente, sia da parte del caregiver. Con strategie per affrontare meglio l’affaticamento sia per chi si ritrova ad affrontarlo in prima persona sia per chi sta cercando di aiutare il proprio caro. Inoltre l’app permette ai caregiver di gestire le attività relative al supporto del proprio caro, come visite mediche e trattamenti. Oppure fornire aiuto in attività quotidiane come fare la spesa, se necessario.
Test passati e futuri
Al momento le applicazioni sono in fase di progettazione come afferma Pacchiarotti, che racconta anche come nella prima fase del progetto, durato oltre nove mesi, abbiano per prima cosa dialogato con i pazienti per capire le difficoltà che affrontano nella vita quotidiana. “A un certo punto è emerso il problema della gestione dell’affaticamento” ricorda la design di Fuel. “Da lì abbiamo iniziato a co-progettare con i pazienti questa app. All’interno del network Sugar abbiamo sviluppato alcuni prototipi per testare, insieme agli utenti finali, la tecnologia che c’è dietro la nostra applicazione. Ora che la parte di Sugar si è conclusa, tutti gli attori che hanno aderito al progetto si stanno attivando per farlo proseguire. E passare così a una fase di test successiva”.
Risultati incoraggianti
Fuel è stato co-progettato e testato assieme a persone con sclerosi multipla e patologie oncologiche e ai loro caregiver. Tutti hanno supportato il progetto volontariamente durante questi mesi, partecipando a interviste e test delle app e scegliendo le funzionalità che dovranno avere le app finali. Per realizzare la prima fase di test, ad un gruppo di persone con problemi di fatigue cronica e ad un gruppo di controllo è stato chiesto di utilizzare l’app di test abbinata ad una smart band, per una raccolta di dati quanto più completa possibile.
“Abbiamo raccolto più di sei mila test grazie alla collaborazione di una trentina di pazienti affetti soprattutto da sclerosi multipla e venti persone senza affaticamento cronico che hanno fatto da gruppo di controllo. I risultati sono stati promettenti e incoraggianti sia dal punto di vista tecnologico sia clinico”. L’obiettivo è rendere disponibile la applicazione nel prossimo futuro, come dichiara Pacchiarotti.