Dopo il blocco del social durante il terremoto, le autorità di Ankara hanno chiesto il divieto di accesso alla piattaforma durante le elezioni turche. Ma la big tech si oppone
Alla vigilia delle elezioni presidenziali e parlamentari in Turchia, Twitter limita l’accesso ad alcuni contenuti mantenendo, comunque, la piattaforma disponibile per gli utenti locali. Una decisione che rispecchia solo in parte le ordinanze del tribunale turco, le quali richiedevano il divieto di accesso al social perché questo avrebbe costituito una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale. Ora, però, il caso finisce in tribunale. Twitter ha affermato che sono state emesse cinque ingiunzioni contro la piattaforma fondata da Jack Dorsey, Evan Williams, Biz Stone e Noah Glass. Ingiunzioni alle quali Twitter si è opposta. Un deja-vu ripensando a quanto accaduto durante il terremoto in Turchia, quando le autorità di Ankara avevano disposto il blocco del social network.
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Cosa è successo con Twitter
«Abbiamo ricevuto quella che ritenevamo una minaccia finale per limitare il servizio, dopo diversi avvertimenti di questo tipo – ha dichiarato Twitter in una nota – Al fine di mantenere Twitter disponibile durante il fine settimana elettorale, abbiamo agito su quattro account e 409 tweet identificati per ordine del tribunale». Ma, adesso, a carico del social ci sono, appunto, cinque ingiunzioni contro le quali il team di Twitter ha fatto ricorso. «Mentre una delle nostre obiezioni è stata respinta, tre di esse sono ancora in fase di revisione. A breve presenteremo le nostre obiezioni al quinto ordine», ha precisato il social nella nota diffusa.
Cosa succederà al ballottaggio?
Dopo il primo turno elettorale, in Turchia si attende il 28 maggio per il ballottaggio che vede il presidente uscente Tayyip Erdogan contro il suo rivale, Kemal Kilicdaroglu. Twitter cosa farà in quell’occasione?
Ricordiamo che l’anno scorso la Turchia ha introdotto una legge che impone alle società di social media di rimuovere i contenuti di “disinformazione” e di condividere i dati degli utenti con le autorità se pubblicano contenuti che costituiscono reati, comprese informazioni fuorvianti. Le piattaforme sono tenute a nominare dei rappresentanti turchi e devono vedersela con la limitazione della larghezza di banda fino al 90%, dopo eventuale ordine del tribunale, nel caso in cui il rappresentante non fornisca le informazioni richieste dalle autorità. Attivisti ed esponenti dell’opposizione hanno espresso preoccupazione per la legge, affermando che potrebbe rafforzare la presa del governo sui social media, uno degli ultimi bastioni della libertà di parola e del dissenso in Turchia dopo 20 anni di governo di Erdogan.