«Non consiglierei a nessuno di fare come ho fatto io: avere un doppio lavoro, uno in finanza e l’altro in una startup. Ma rifarei comunque quell’esperienza, perché mi ha dato tantissimo». Classe 1994, di Torino, Virginia Bassano vive da anni a Londra dove lavora come investor in Eight Roads, fondo di Venture Capital con sedi in tutto il mondo e attivo soprattutto nel comparto scaleup. Il suo profilo si aggiunge a quello dei tanti protagonisti del mondo investimenti che abbiamo intervistato e raccontato sul magazine. Una cosa fin da subito le è stata chiara: voleva studiare e lavorare all’estero.
Consigli per lavorare all’estero
Durante le superiori Virginia Bassano ha trascorso un anno in Australia ed è grazie a quella esperienza che ha cominciato ad immaginarsi altrove rispetto all’Italia. «È stata l’esperienza che mi ha aperto la mente», ci racconta. «Sembra banale, ma quando cresci e sei abituato a interagire solo con persone italiane non ti rendi conto di quel che c’è attorno. All’estero ho percepito un’ambizione che non ero abituata a vedere».
Con un padre imprenditore nel settore manifatturiero, Virginia Bassano ha scelto di seguirne le orme e studiare così economia. Ha frequentato il Bachelor of Business Administration (BBA) all’Università di Torino per poi seguire un master alla ESCP, percorso che mescola teoria e pratica, in più città europee. «Sono stata ogni anno in un posto diverso: otto mesi di studio e quattro di internship tra Londra, Madrid e Parigi».
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Per chi sta ancora studiando e vorrebbe comprendere di più cosa significa un lavoro in ambito finance Virginia Bassano ha un consiglio. «Partecipate a una spring week di Citibank: è una settimana durante la quale capisci che cosa vuol dire lavorare in banca. Al termine ci sono 10 ore di interviste e se passi ti permettono di ottenere una summer internship per l’anno successivo. Io ho ricevuto un’offerta in quel caso».
Virginia Bassano e la sua prima startup
Da quel momento in poi ha iniziato a occuparsi di fintech, fusioni e IPO. E, come anticipato, si è anche lanciata con un’idea imprenditoriale: DailyInternship. «Siamo partiti quasi per scherzo con una pagina Instagram, su cui ogni giorno pubblicavamo una internship in vari ambiti. Aiutavamo amici e conoscenti a trovare opportunità interessanti. In poche settimane siamo arrivati a qualche migliaio di follower, con molti che ci chiedevano di farne un sito».
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Grazie alle connessioni che si riuscivano a creare è arrivata anche l’opportunità di business. «Ci hanno iniziato a contattare le aziende, chiedendoci come essere presenti sulla piattaforma. Abbiamo fondato la startup in Italia raccogliendo circa 200mila euro». Ora che conosce bene l’ecosistema UK e altri in Europa, com’è stato fondare in Italia? «Tornando indietro sceglieremmo forse un’altra base per la burocrazia che si crea. Il processo era più macchinoso rispetto che in UK, dove impieghi appena due giorni».
Eight Roads, che cosa fa?
Alla fine la startup ha concluso una exit con una realtà HR italiana, ma nel frattempo Virginia Bassano aveva già capito che voleva lavorare in ambito VC, mestiere che aveva iniziato a conoscere come co-founder a caccia di fondi. «Volevo coprire l’area del sud Europa per essere collegata con Italia, Spagna e Portogallo, concentrandomi su ticket dai 10 milioni in su. Se operi nella fase seed non hai la connessione con la parte numerica che io, avendo lavorato in banca, non volevo abbandonare».
Eight Roads è un fondo VC che non ha ancora investimenti attivi in Italia, mentre ne ha cinque in Spagna, Paese a noi simile per molti versi. «Eppure l’Italia è al momento cinque anni indietro per numero di opportunità ogni anno. Per i nostri tipi di investimento è ancora presto. In ambito pre-seed e seed ci sono invece molte più opportunità che in passato».
Dovendo incontrare un sacco di Ceo e founder Virginia Bassano ha modo anche di dare qualche consiglio a chi vuole affinare i propri pitch. «Consiglio l’ambizione. Tipicamente quando ascolto un pitch pre-seed fuori dall’Italia l’obiettivo dei founder è diventare leader di mercato; sanno chi sono i competitor e ti parlano di un approccio migliorativo; nel giro di cinque anni puntano a 100 milioni di revenue».
Non è ovviamente la ricetta del successo, ma racconta di un approccio mentale che senz’altro ci avvicinerebbe a modelli esteri. «Suggerirei anche di vedere i demo day di Y combinator, riguardarsi come erano i primi pitch di Airbnb. In Italia purtroppo negli ultimi 15 anni c’è stata una mancanza di capitali, anche se oggi è cambiato. La mentalità dei founder si è adattata ad aver minor accesso ai fondi».