Vent’anni fa ha co-fondato a Londra King.com, software house che ha sviluppato una delle killer app più scaricate sugli store. Per la rubrica “Italiani dell’altro mondo” intervista a Riccardo Zacconi
«Sapevo quello che non avrei voluto fare, ovvero il dentista come mio padre. Così decisi di fare economia perché all’epoca sapevo avrebbe aperto più porte. Oggi sceglierei senz’altro AI e programmazione». Riccardo Zacconi, classe 1967, è uno degli imprenditori italiani di maggior successo, co-fondatore della software house King.com, venduta ad Activision Blizzard nel 2015 per quasi 6 miliardi di dollari. In pancia aveva centinaia di giochi, tra i quali la killer app Candy Crush, titolo lanciato prima su pc e poi su mobile dove ha collezionato miliardi di download. Il nuovo protagonista della rubrica “Italiani dell’altro mondo” è un imprenditore e angel investor che ha viaggiato e lavorato tra Stati Uniti ed Europa, per poi stabilirsi a Londra. «Se vuoi vedere quale Paese ha più successo guarderei quanti unicorni ha. In Italia siamo messi molto male perché si cambia continuamente direzione: bisogna creare unicorni e portare in Italia quello che non c’è».
Lezioni di vita imprenditoriale
Nato a Roma, Riccardo Zacconi si è fatto anzitutto le ossa nel mondo della consulenza. «Alla fine dell’università sapevo leggere un giornale di finanza e dunque da lì sono partito». In Boston Consulting Group uno dei progetti più importanti che ha seguito lo ha portato a New York, dove ha vissuto per quasi un anno: lì ha guidato un team per realizzare una delle prime linee intranet all’interno di una società. Era la metà degli anni Novanta, un periodo di ottimismo e crescita, soprattutto grazie all’emergere dei primi esperimenti sul digitale. «Da quel progetto in avanti mi sono sempre concentrato su internet».
Sulla soglia del Duemila Riccardo Zacconi ha deciso di saltare dal mondo tradizionale a quello startup, iniziando a collaborare con Spray. In quel periodo si trovava a Monaco di Baviera e da lì si è spostato ad Amburgo, mettendo su un team e vivendo gli ultimi anni prima dello scoppio della bolla delle dot.com. «In quel biennio ho visto e fatto tutto: dal metter in piedi un team al cambiare i target in base alla Borsa. Ma la prima lezione appresa in Spray è questa: appena puoi cerca di andar in profit, perché solo in quella situazione non sei più dipendente dagli investitori e hai tempo di fare le cose come preferisci». La chiave per essere un valido imprenditore, che attraversa generazioni ed epoche tecnologiche, risiede anche nella capacità di affrontare i periodi difficili. «Spray è stato come un master per me: ho formato un team di 100 persone, ma poi ho dovuto licenziare per ridurre i costi. E poi ho imparato un’altra cosa: qualsiasi cosa tu faccia devi sempre comportati in maniera ineccepibile».
Un nuovo re
Candy Crush è stato senz’altro il miglior boccone mai cucinato dalla software house King.com, ma ha impiegato una decina di anni prima di essere sfornato. L’azienda è stata fondata nel 2003, quando nessuno ancora aveva per le mani un iPhone. «Abbiamo cominciato con un’idea nuova: offrire giochi in cui divertirsi con altre persone e vincere piccole somme. A un certo punto ci siamo però resi conto che i giochi richiedevano abilità e non rilassavano. Non si riusciva a crescere oltre i 60 milioni di fatturato». I titoli giravano su computer, dove però l’approdo di Facebook ha comportato una lunga crisi per l’azienda. «Ha distrutto Yahoo, che era uno dei nostri partner. Abbiamo vissuto quasi tre anni di fatiche: dovevo fare management degli investitori e al tempo stesso mantenere il team in un momento di difficoltà». Candy Crush ha salvato tutto? Neanche per sogno.
«Abbiamo sviluppato centinaia di videogiochi non competitivi prima di Candy Crush. Gli utenti tornavano e così ci siamo focalizzati su un nuovo modello con in app purchases. Con cinque vite a disposizione al giorno il giocatore poteva o aspettare 24 ore, oppure tornare a giocare invitando tre amici o pagando 99 centesimi». L’anno della killer app è stato il 2012, anche se sono serviti alcuni mesi per capire quale fosse la vera piazza su cui giocare. «Su computer andava bene, ma non benissimo. Poi in quell’ottobre Candy Crush è sbarcato su mobile». Il resto è storia, con il titolo che è diventato uno dei fenomeni videoludici più dirompenti a livello globale.
Investire è dolce
Dopo più di dieci anni alla guida di King.com oggi Riccardo Zacconi rimane un punto di riferimento nell’ecosistema. Sweet Capital è la società di Venture Capital che ha co-fondato per investire in startup early stage. «In passato molti venivano a trovarmi con opportunità di investimento. Io investivo basandomi sulla persona, fino a quando non si è deciso con altri soci di strutturare il tutto. L’obiettivo è coordinare le nostre attività di angel investing». Da oltre un anno parlare di VC sottintende investire in AI. «L’intelligenza artificiale è uno strumento non una piattaforma e tutti dovranno farvi ricorso. Permette di creare esperienze nuove, per esempio un motore di ricerca diverso da Google. Potranno nascere nuovi player che con servizi diversi e migliori potrebbero vincere sugli attuali».
Da Londra, una delle capitali tecnologiche più importanti al mondo, le cose non sono andate poi così male dopo Brexit, se rimaniamo sul tema investimenti e attrattività dell’ecosistema startup. «Uk è un centro della tecnologia e delle startup per una ragione è storica: gli americani sono partiti da qui. Il ciclo che si deve attivare per fare crescere l’ecosistema parte dall’alto: dalla unicorno si formano tanti spin off grazie a persone che hanno capito come si lavora nel settore e assaporano il successo. Un ecosistema non cresce se lo finanzi dal basso». Quali sono i prossimi passi di Riccardo Zacconi? «Vorrei fare qualcosa di nuovo. E farlo in maniera diversa, farlo con un team. Sono aperto e in fase di ricerca».