StartupItalia parteciperà alla Milano Digital Week 2025, con “Specchi Riflessi“, un evento Unstoppable Women pensato per affrontare un tema che attraversa la nostra epoca: il legame sempre più stretto e complesso tra estetica, identità e tecnologia. Appuntamento il 2 ottobre all’università IULM per esplorare scenari e nuove frontiere in un contesto in cui il corpo non è più soltanto corpo, ma contenuto, dove le immagini vengono filtrate e rielaborate, gli algoritmi decidono cosa mettere in evidenza e cosa nascondere, e l’Intelligenza Artificiale arriva a generare volti, corpi e identità che in alcuni casi non hanno alcun legame con la realtà.
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Carolina Capria, scrittrice e attivista co-autrice di “Guida per bambine ribelli – Alla conquista del mondo che vogliamo”, tramite i social e, in particolar modo, sulla sua pagina Instagram @lhascrittounafemmina, combatte il gender gap ancora oggi onnipresente nel mondo dell’editoria. Questa estate è stata la prima a denunciare l’esistenza del gruppo Facebook “Mia moglie” nel quale utenti per lo più anonimi e di sesso maschile pubblicavano foto e video delle proprie compagne e consorti, senza il loro consenso e svilendone il corpo.
La sua mission è dare un megafono a tutte quelle voci che sono rimaste per troppo tempo inascoltate, chiuse in cliché, pregiudizi e schemi che le hanno imprigionate senza potersi esprimere. Oggi nel mondo dell’editoria prevale sempre la parte maschile. Pensiamo ai più prestigiosi premi letterari: quasi sempre sono vinti da uomini. Le donne, nel corso della storia, sono sempre state osteggiate e disincentivate. Per questo, da circa 15 anni, mi sono interessata ad alcune tematiche tra cui, in particolar modo, la disparità di genere, più strutturale che formale”, ci ha raccontato. Con l’hashtag #YesAllWomen racconta sui social il fenomeno della violenza di genere in ogni sua forma, a dimostrazione di quanto sia sistematica. In occasione degli Unstoppable Women Talk – Specchi Riflessi, l’evento di StartupItalia previsto per il 2 ottobre all’università IULM di Milano dedicata al rapporto tra Intelligenza Artificiale, persone e luoghi, riproponiamo la sua intervista per Unstoppable Women.
Partecipa agli Unstoppable Women Talk
Come è nata l’idea di creare un canale social che parlasse di donne nel settore editoriale?
Ho iniziato molto a parlare sui social di libri, soprattutto nel mio profilo Instagram @lhascrittounafemmina, incentrato sulla letteratura scritta dalle donne che non hanno mai avuto le stesse opportunità degli uomini e non sono mai state considerate per il proprio valore. Sette anni fa ho deciso di aprire questo profilo in cui parlo di libri scritti da donne con un occhio attento a certe tematiche. Ad esempio, ultimamente ho trattato Alba de Cèspedes, grande intellettuale e creativa scrittrice troppo a lungo dimenticata pur avendo rappresentato la condizione della donna in anni difficili come quelli del fascismo e della Resistenza. Non veniva pubblicata da tantissimo tempo e Mondadori, poi sono state ripubblicate le sue opere. Questo forte gender gap è molto sentito anche nell’editoria destinata alla scuola, settore di cui mi occupo principalmente, così come nella poesia: le donne non godono di fama e invece ce ne sono tantissime che vengono studiate soprattutto all’Estero, come Elena Ferrante che stiamo riscoprendo anche per il successo letterario che ha avuto fuori confine.
«Le donne non godono di fama ma ce ne sono tantissime che vengono studiate all’Estero»
Ti sei concentrata su un particolare periodo storico in cui non si è dato valore alle scrittrici?
Non ho un riferimento nel tempo e procedo per gusti personali; ho cercato di recuperare quello che il tempo ha cancellato; il tempo cancella molte donne dalla storia e, oggi, non siamo ancora in un periodo di rivalsa. Nell’800 molte scrivevano sotto pseudonimo perché un libro scritto da una donna non veniva letto da tanti; dal ‘900 la situazione è un po’ cambiata ma pensiamo, ad esempio, a Grazie Deledda: nonostante abbia vinto il Nobel nei libri scolastici non viene studiata. Abbiamo un problema a dare valore al talento.
«Abbiamo un problema a dare valore al talento»
Lavorando molto con le parole e la voce delle donne quello che provo a fare, nel mio piccolo, è spronarle e convincerle a parlare per non rinunciare a far parlare la propria voce.
Quale è, secondo te, il motivo di questo gender gap?
Ci sono sempre poche donne che si mettono in campo perché si sentono inadeguate in uno spazio che non è proprio. Io frequento molto le scuole e mi rendo conto della differenza tra ragazzi e ragazze, il ragazzo prende sempre prima la parola. E’ una cosa culturale: siamo abituate a non prendere spazio. Io non ho mai alzato la mano in classe perché avevo paura anche del giudizio estetico: quando si prende la parola si viene giudicate anche esteticamente. Un altro esempio pratico della differenza maschio/femmina già in giovane età è che si dice sempre alle bambine che sono timide; mai ai bambini.
«Si dice sempre alle bambine che sono timide; mai ai bambini»
Come è cambiato con le nuove tecnologie il tuo lavoro?
Ho scritto una quarantina di libri ma lavoro anche per progetti altrui. La grande differenza con la tecnologia l’ha fatto avere un contatto diretto con persone che prima non avevi; la possibilità di fare videocall e l’opportunità, in questo modo, di avere contatti con persone che non sono te e hanno un corpo diverso dal tuo. Conoscere più esperienze ti permette di raccontare. I social hanno fatto una grandissima differenza in questo senso, anche nel conoscere più da vicino le realtà per capire cosa piace ai ragazzi e quali sono le attività che li conquistano, sono tutte informazioni che oggi puoi avere. La pandemia, poi, ha accentuato alcune differenze: soprattutto i bambini piccoli sono frastornati ma poi si fanno andare bene le cose che gli raccontano gli adulti e si stanno adeguando ai nuovi modi di socializzare. Credo che tra qualche anno ci renderemo conto, in generale, di quello che hanno vissuto.
Quale è la tua mission e il messaggio che ti senti in dovere di comunicare?
Provo a raccontare e far passare l’idea di esprimere sé stessi. Ho cominciato a scrivere un po’ per caso perché ho partecipato a un concorso, amavo molto la lettura e volevo lavorare nell’ambito dell’editoria. Nel 2007 ho iniziato a lavorare mentre facevo la sceneggiatrice televisiva e da allora non ho mai smesso, ho sempre continuato a scrivere. L’interesse per la letteratura dei ragazzi è sempre stato molto vivo.
In cosa noti, in particolar modo, il gender gap?
Per la mia esperienza personale l’editoria è molto piramidale: io lavoro per lo più con donne perché la manovalanza femminile e le editor sono quasi tutte donne. Poi, se sali ai vertici i direttori e gli amministratori delegati sono tutti uomini.