Raffaella Di Micco, 40 anni, è una delle vincitrici del Consolidator Grants, elargiti dallo European Research Council (ERC). La ricerca sulle staminali che porterà avanti grazie al premio, potrebbe assicurarci un invecchiamento più sereno
“La linea di ricerca del mio laboratorio? È scaturita unendo tutte le competenze che avevo acquisito durante la mia formazione. È stato come ricomporre un puzzle”. Raffaella Di Micco oggi è group leader dell’Istituto San RaffaeleTelethon per la Terapia Genica di Milano.
L’interesse per le biotecnologie nasce da lontano. “Devo ringraziare il professore di biologia del liceo. Ci ha sempre incuriosito con le scoperte più innovative”.
Oggi l’amore per questa disciplina l’ha portata a vincere il prestigioso finanziamento del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC). Il gruppo di ricercatori che lavora in Italia e che ha ricevuto lo stesso premio è piccolo: ne conta 17 e solo 4 nelle scienze della vita. Pochi mesi prima un altro successo: un premio dalla New York Stem Cell Fundation.
Raffaella Di Micco è orgogliosa per i suoi premi. Ammette però che nel suo lavoro, fatto di ipotesi e modelli, le soddisfazioni possono essere anche quotidiane. “Le maggiori soddisfazioni le otteniamo quando dimostriamo che la nostra ipotesi è corretta. È la generazione della conoscenza. E la soddisfazione aumenta quando si pensa che la conoscenza produrrà terapie importanti per l’uomo”.
Essere un capo donna
Raffaella di Micco è a capo di un team. Il ruolo della donna in contesti universitari o come figura al vertice delle aziende è ancora un tema caldo. I dati MIUR del 2019 parlano chiaro. Di fronte a un 57% di giovani donne laureate, solo il 25% diventa professore ordinario. Una percentuale destinata a scendere al 21% quando ci si concentra sull’area STEM (ndr, acromino per Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Raffaella Di Micco rappresenta un esempio positivo. “La mia storia mi ha insegnato che quando ci sono le competenze si aprono molte opportunità. E a prescindere dal genere”. Però conta anche l’atteggiamento con cui si affrontano le cose. Lo ha imparato durante il post-dottorato negli Stati Uniti. Gli statunitensi tendono a premiare figure che sono competenti e mostrano coraggio. Chi desidera portare avanti delle idee anche rischiose riceve sostegno. “Gli Stati Uniti mi hanno riempito di fiducia in me stessa. Per questo posso dire alle donne che dovrebbero essere più self-confident. Se lo meritano. E hanno tutte le capacità innate per poterlo fare. Ma perché avvenga il cambiamento occorre anche la presenza di uomini illuminati che sposino questa causa”.
Con questa stessa autostima Raffaella Di Micco infonde entusiasmo nel suo lavoro di ogni giorno. È il desiderio di veder realizzato un progetto di ricerca. È l’impegno a trasmettere alle persone che ha intorno la sua passione.
Il primo desiderio da esprimere
Il suo laboratorio lavora con le cellule staminali del sangue. Cerca di comprendere il processo che le porta a invecchiare. Se le staminali invecchiano il nostro corpo non ha più una riserva di cellule per rigenerarsi e perde funzionalità. Brutto affare quando si tratta del sangue, che contiene le cellule che ci difendono da infezioni e tumori.
Sono arrivati molti soldi grazie a due finanziamenti. Il primo desiderio da soddisfare qual è?
“Sia il finanziamento americano che quello europeo ci danno la possibilità di ingrandire il nostro gruppo di ricerca. E il vantaggio di premi così prestigiosi è che danno tanta visibilità internazionale”.
Il desiderio di ingrandire il team nasce dalla volontà di portare nuove competenze e saperi differenti. “Vogliamo creare collaborazioni multidisciplinari. Solo così potremo ottenere una ricerca innovativa e di impatto per le terapie del futuro”.
Il fine è migliorare la vitalità delle cellule staminali. Se non invecchiano e restano funzionali sono utilissime per i trapianti e la cura delle malattie del sangue.
La sfida più grande: invecchiare meglio
Lavorare con le staminali impone sfide tecnologiche e la ricerca di innovazione nei materiali. L’uso di queste cellule nelle terapie richiede interventi di ingegneria genetica per correggere un difetto. Solo così possono rigenerare un tessuto sano. Ma le staminali potrebbero rispondere anche a un’altra sfida. La popolazione occidentale sta invecchiando. Secondo le Nazioni Unite, nel 2050 una persona su sei avrà più di 65 anni. Oggi ne contiamo una ogni 11 persone. “La sfida più grande è arrivare a una società che invecchia senza le conseguenze negative dell’invecchiamento”.
Si parla di healthy aging. Riguarda la qualità della vita. Perché sono le complicazioni associate all’invecchiamento che rendono questo periodo della vita pieno di pericoli per la salute. “Le staminali sono una sorgente di rigenerazione dei tessuti. Migliorarne la funzionalità potrebbe garantire non solo una vita lunga, ma anche in salute”.
Il futuro dopo il Covid
Anche il Covid ci ha insegnato che gli anziani sono i più vulnerabili. Ecco un altro motivo per cui è importante identificare i meccanismi dell’invecchiamento. Tra quegli ingranaggi potrebbero annidarsi le falle sfruttate dal virus.
Il Covid è stato anche un insegnamento per chi fa ricerca. È stato un segnale di stop, con i laboratori meno accessibili. “Io l’ho vissuto come un’opportunità per riflettere su progettualità e risultati”, ha ammesso Raffaella Di Micco.
Le riflessioni hanno permesso di scorgere nuove prospettive. Il frutto delle ricerche sulle malattie rare, il secondo cuore pulsante del laboratorio della Di Micco, ha fornito importanti indizi sulle modalità di infezione del Covid. “La pandemia ha ampliato gli orizzonti della nostra ricerca. Di sicuro ha ricordato a tutti noi che nessuno si salva da solo e che la ricerca non va da nessuna parte se non è multidisciplinare. Non può mancare il confronto e il dialogo tra diverse competenze”.