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Unstoppable Women, il diario dell’evento alla Milano Digital Week. Economia, impatto, tecnologie si intrecciano a doppio filo con le discriminazioni di genere. Soltanto il 13% delle aziende legate alle nuove frontiere del web conta su almeno una presenza femminile.
Imprenditrici, manager, mamme, creator, innovatrici, leader. Parlare di donne che fanno la differenza sembra banale, ma non lo è. Non lo è perché di gender gap se ne parla sempre troppo poco. Non lo è perché fa notizia che il premio Nobel per l’Economia sia stato assegnato a una donna, la terza nella storia. Chi sa la faccia che avrà fatto Claudia Goldin quando ha appreso la vittoria del premio assegnatole dalla Reale Accademia delle Scienze svedese per avere «fornito il primo resoconto completo su quanto guadagnano le donne e sulla loro partecipazione al mercato del lavoro nel corso dei secoli». Lei, che di gender gap si occupa da anni. E se la Commissione che le ha riconosciuto il premio ha valorizzato l’importanza del suo lavoro con il riconoscimento più ambito significa che, ora più di prima, parlare di differenze di genere non è per niente scontato e non è per niente semplice. Noi di StartupItalia da tempo abbiamo acceso un faro sulla tematica con la nostra rubrica “Unstoppable Women”, dove raccontiamo storie incredibili di donne altrettanto incredibili. Lo abbiamo fatto anche il 9 ottobre, in occasione della Milano Digital Week, negli spazi di Le Village by CA Milano durante l’evento organizzato in collaborazione con Eni e Joule, la sua scuola per l’impresa, in partnership con Giffoni Innovation Hub, progetto Luce! del Gruppo Monrif, The Spiritual Machine, Osservatorio Branded Entertainment. Al suo sesto anno di vita, Unstoppable Women si è trasformato in un’occasione di incontro e riflessione con la community che si riunisce molte volte nel corso dell’anno e che insegue un obiettivo comune: raccontare storie importanti che non sempre trovano spazio nella narrativa generalista. A moderare l’evento, Chiara Trombetta, Head of Media&Events di StartupItalia insieme alla giornalista Valeria Dalcore. Ma prima del main stage, la sessione di Bootstrap che ha visto startup e imprenditori/trici confrontarsi con mentor e professionisti nel fare impresa. Un’occasione in più per fare networking e contribuire alla creazione di un ecosistema equo e non discriminante.
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Donne e finanza, un binomio difficile
Parlare di donne e di finanza per molti è ancora un ossimoro. Lo ha sottolineato Gabriella Scapicchio, Sindaco CEO Le Village by CA Milano: «Il gender gap va superato anche da un punto di vista economico, le donne parlano poco di soldi e ne conosco diverse che ancora oggi affidano la gestione del proprio patrimonio agli uomini. Spesso manca non solo una forma di educazione finanziaria ma anche una consapevolezza». Si pensi che, secondo un report citato da Laura Mercuri, Head of Eni internal control system over financial and sustainability reporting, in Italia tre donne su dieci non hanno un conto bancario e molte ce l’hanno cointestato. Quanto conta, allora, l’indipendenza economica? E quanto si è libere quando questa viene a mancare? Ha sollevato il tema Paola Salvatori, Head of Marketing and Communication del Gruppo Mediobanca: «Viviamo in una società che per molti aspetti è ancora patriarcale, il denaro viene percepito come un potere ma in realtà più che di “potere” parlerei di “libertà di scelta”, si tratta di un tema culturale di cui spesso si ha poca consapevolezza». In questo contesto si inserisce l’importanza del linguaggio, come ha evidenziato la creator Valeria Fioretta: «La finanza parla un linguaggio tendenzialmente maschile, uno slang che non è accessibile e comprensibile a tutti. Adottare un vocabolario diverso, paritario da un punto di vista di genere, incide anche nell’interlocuzione con i clienti e nella percezione del rapporto tra donne e finanza. E sarebbe auspicabile. Per quanto riguarda la mia esperienza, io sono stata fortunata perché ho vissuto in un ambiente dove ho imparato ad avere una grande consapevolezza sul tema finanziario: mio padre mi ha insegnato che i soldi sono uno strumento e non un fine, e che il denaro non fa la persona».
Donne e sostenibilità
Che cosa c’entra la sostenibilità con il gender gap? Ne hanno parlato Rossana Ammaturo, CEO e founder di Sample Lover, Patrizia Palazzi, DE&I Manager e Ambassador di Lombardia Donne 4.0, Monica Ferro, CTO di & Co-founder di Bi-rex e Adriana Santanocito, CEO e Co-founder di Ohoskin. «Da una serie di sondaggi abbiamo scoperto che gruppi formati da uomini e donne in uguale misura portano a un aumento delle performance aziendali, anche in tema di sostenibilità», ha affermato Patrizia Palazzi. Già perchè questi due aspetti apparentemente dissociati, in realtà sono interconnessi: essere sostenibili non è solo il quinto degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, ma le ricerche mostrano anche che le aziende che contano una maggiore presenza femminile sono anche quelle economicamente più sostenibili. «Abbiamo lanciato un Osservatorio che vuole indagare il numero di donne presenti nei vari ambiti lavorativi: la parità di genere è anche una delle sei missioni del PNRR», ha aggiunto Patrizia. Con il gender gap ha dovuto fare i conti anche Rossana Ammaturo, che con la sua Sample Lover si occupa di rivendere rimanenze e invenduto dei negozi: «Mia mamma quando si è recata in banca per aprire il conto e avviare la sua società le hanno chiesto dove fosse il marito o il padre. E io stessa spesso mi sento a disagio, da imprenditrice, agli occhi maschili che a volte sottovalutano le competenze e la capacità imprenditoriale di una donna». Della stessa opinione è anche Monica Ferro, CTO di & Co-founder di Bi-rex che dagli scarti agroalimentari estrae la cellulosa con un processo ideato dal team, a basso impatto ambientale: «I miei clienti sono, principalmente, le cartiere – afferma – dove la maggior parte dei dirigenti è uomo. Spesso, quando vado a presentarmi, mi guardano come se non sapessi realmente fare il mio lavoro». Anche Adriana Santanocito di Ohoskin, che con il suo team è riuscita a creare un prodotto made in Italy a base biologica alternativo alla pelle realizzato con arance e cactus, ammette che spesso si trova a dover sgomitare per farsi notare in un settore a prevalenza maschile. Eppure la sua startup sta raggiungendo risultati notevoli e da quest’anno è entrata anche nel settore della moda e della blockchain. E in merito alla blockchain e alle discipline legate all’informatica e alle STEM, a che punto siamo in tema di divario di genere?
L’intelligenza artificiale potrà cambiare le cose?
Quello dello studio delle discipline STEM resta ancora un capitolo doloroso da un punto di vista di gender gap. Alessandra Fidanza, Head of Digital Factory and Center of Excellence di Eni ha commentato una serie di dati che riportano un quadro ancora lontano dall’uguaglianza di genere: soltanto il 13% delle aziende informatiche conta al suo interno una donna e solo il 15% dei laureati nelle STEM sono di genere femminile.
Si tratta, spesso, della conseguenza di stereotipi che devono essere abbattuti sin dalla tenera età, dalle scuole primarie e dell’infanzia. Ma probabilmente c’è ancora poca sensibilità sul tema e i “vecchi modelli” che vedono “lavori da uomini” e “lavori da donne” ancora oggi prevalgono. Il mondo dell’intelligenza artificiale riuscirà a cambiare le cose? Se è ancora troppo presto per dirlo, segnatevi il prossimo appuntamento con Unstoppable Women il 21 dicembre, in occasione di SIOS23 Winter a Palazzo Mezzanotte, presso la Borsa di Milano. Torneremo a parlarne e, chissà, magari dal confronto emergeranno già le prime risposte.
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