Ha lavorato nell’industria chimica, nell’automotive, passando per l’high-fashion e l’health-care. Oggi è CEO di Gauss Fusion, green tech che sta lavorando a un progetto paneuropeo di fusione nucleare con l’obiettivo di costruire nei prossimi 20 anni i primi impianti da 1 GW basati su fusione a confinamento magnetico per la produzione di energia pulita. Milena Roveda vanta più di 30 anni di esperienza nella crescita, sviluppo e trasformazione di imprese globali. È nata a Lima, in Perù, ma suo padre è originario del Piemonte e lei ha vissuto in Messico, a Londra, Milano e Rotterdam. Durante l’esperienza londinese ha sofferto la “sindrome dell’impostore”. «Capita a noi donne di provarla in determinati momenti durante il nostro percorso lavorativo», racconta a StartupItalia. Ora la sua missione è costruire la prima generazione di impianti elettrici a fusione per contribuire alla produzione di energia pulita. Milena Roveda, CEO di Gauss Fusion e presidente dell’Associazione Europea per la Fusione è la protagonista della nostra nuova puntata di Unstoppable Women.

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Milena, come si è avvicinata al mondo dell’imprenditoria e quale è il suo background?
Il mio percorso professionale è stato un viaggio tra settori apparentemente distanti tra loro ma in realtà legati da un filo conduttore: l’innovazione. Dall’industria chimica all’automotive, passando per il fashion e l’healthcare, ho avuto il privilegio di lavorare con alcune delle aziende più influenti a livello globale, come Bayer e Thyssenkrupp. Questo mi ha permesso non solo di sviluppare una solida expertise internazionale, ma anche di capire quanto il cambiamento possa essere radicato nel cuore di ogni industria. Poi ho avuto l’opportunità di collaborare con fondi di private equity come Carlyle, EQT e Investcorp. Questa esperienza che mi ha dato una visione strategica dell’imprenditoria, orientata alla trasformazione e alla creazione di valore. Ogni passo di questo viaggio mi ha insegnato che il futuro dell’innovazione non è racchiuso in singoli compartimenti, ma nasce nell’incontro tra mondi diversi, dove le esperienze possono moltiplicare il proprio impatto.
Da quanto tempo presiede l’Associazione Europea per la Fusione?
Sono presidente dell’Associazione Europea per la Fusione dalla sua fondazione, nel 2024. Questo incarico nasce dalla volontà di favorire la collaborazione tra industria, istituzioni e centri di ricerca, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo di soluzioni energetiche avanzate. Mi sono avvicinata a questa responsabilità come CEO di Gauss Fusion, greentech europea fondata nel 2022 con l’obiettivo di sviluppare e implementare in Europa la tecnologia della fusione nucleare. La nostra missione, che portiamo avanti anche grazie a una serie di partnership tra imprese industriali private provenienti da Italia, Francia, Germania e Spagna, è costruire la prima generazione di impianti elettrici a fusione. In Gauss Fusion combiniamo l’esperienza industriale con un impegno costante nella ricerca. Credo fermamente che, per affrontare le sfide energetiche globali, sia essenziale mettere insieme esperienze e risorse diversificate. La cooperazione transnazionale e le reti europee sono, infatti, leve fondamentali per trasformare le sfide di oggi in soluzioni concrete per il futuro.
Come è cambiata sotto la sua guida Gauss Fusion?
In questi mesi abbiamo lavorato per consolidare le basi della nostra crescita, rafforzare la collaborazione con partner industriali e scientifici e strutturare un piano di sviluppo a lungo termine. In Italia, stiamo implementando un piano di sviluppo anche grazie al supporto della famiglia Malacalza. Abbiamo sviluppato un piano strategico orientato alla sostenibilità, alla creazione di nuovi posti di lavoro e alla formazione di una filiera industriale europea solida, con l’obiettivo di posizionare Gauss Fusion come un attore di riferimento nel panorama europeo della fusione.
Quali sono i progetti che hai in programma per il futuro sul tema del nucleare?
Con Gauss Fusion stiamo lavorando su un progetto a lungo termine che mira a sviluppare la prima generazione di impianti di fusione nucleare capaci di contribuire alla produzione di energia pulita. L’obiettivo è realizzare impianti operativi, superando la fase sperimentale, ma con una visione realistica e strategica per il futuro. Siamo anche impegnati a selezionare aree strategiche in Europa per ospitare questi impianti, tenendo conto della sostenibilità ambientale e della compatibilità con le infrastrutture energetiche esistenti. Parallelamente, vogliamo favorire lo sviluppo di un ecosistema industriale europeo legato alla fusione, con un impatto positivo sia sul piano tecnologico che economico. Le nostre azioni sono orientate sul lungo termine, con l’ambizione di rendere la fusione nucleare una soluzione energetica concreta per il futuro, con benefici tangibili per le generazioni che verranno.

Parlando di STEM e gender gap, secondo lei come vivono oggi le nuove generazioni di donne che scelgono questa strada?
L’ambito delle STEM è indubbiamente impegnativo, soprattutto per le donne, che spesso si trovano a dover affrontare una serie di sacrifici per affermarsi. Tuttavia, sono consapevole che molte nel settore hanno avuto carriere brillanti e anche una famiglia. Personalmente, ho preso la decisione di non avere figli, poiché sentivo che famiglia e lavoro erano, nel mio caso, due mondi difficilmente conciliabili. Oggi, fortunatamente, la situazione è cambiata. Ci sono molte più donne che lavorano nel settore STEM, e sono felice di vedere esempi brillanti, come Paola Batistoni, che ha dedicato 40 anni allo studio della fusione nucleare ed è attualmente responsabile della Sviluppo Energia da Fusione dell’Enea. È stata la prima persona con cui ho parlato quando ho iniziato il mio progetto in Italia, e sono rimasta colpita dalla sua esperienza e dalla sua passione. Penso anche a Daniela Gentile, CEO di Ansaldo Nucleare, e Marianna Ginola di SIMIC, e altre. La mia visione, però, è che parlare di “quote rosa” abbia un valore limitato se non si investe sullo sviluppo delle competenze tecniche e abilità sociali.
Ha mai accusato il gender gap? E se sì, in quali occasioni?
Durante il mio percorso ho avuto modo di constatare che, in alcuni settori come quelli che ho avuto modo di conoscere, la presenza femminile è ancora limitata, ma credo che una parte della responsabilità risieda nelle dinamiche radicate dentro di noi. Nella mia carriera ho avuto esperienze internazionali che mi hanno portato a riflettere profondamente su come il sistema e i meccanismi sociali possano influire sul nostro modo di percepirci. Ho vissuto in Messico, a Londra, a Milano e a Rotterdam. È stato durante i miei anni a Londra che sono riuscita a dare un nome a quel senso di inadeguatezza, la “sindrome dell’impostore”, che noi donne a volte proviamo in un momento o nell’altro nel nostro percorso lavorativo – una realizzazione che mi ha spinto a fare un passo indietro e comprendere meglio le dinamiche psicologiche che ci condizionano. Questo è, a mio avviso, anche il frutto di un gender gap che inizia a radicarsi sin dall’infanzia e che, per molte, si manifesta più tardi nella vita professionale. Quando ho iniziato la mia carriera, infatti, pensavo di dover adottare un comportamento stereotipicamente ‘maschile’ per emergere, nascondendo quella che sentivo come la mia parte femminile. Oggi, fortunatamente, le cose sono cambiate. Ho imparato a “sentirmi a mio agio in situazioni in cui non sono a mio agio”. Ecco perché ho sempre creduto nel valore delle competenze e dei risultati, e sono convinta che la diversità sia una risorsa fondamentale per la crescita delle organizzazioni. È importante continuare a lavorare per creare contesti sempre più inclusivi, nei quali ogni talento possa esprimersi pienamente.

La fusione nucleare è destinata a essere una delle principali soluzioni energetiche del futuro, secondo lei cosa manca per renderla una realtà concreta?
Quello della fusione nucleare è un settore estremamente affascinante, un campo in cui gli ingegneri possono sperimentare idee innovative e fuori dagli schemi. Negli ultimi anni, l’industria ha compreso che non può più limitarsi a essere solo un fornitore, ma deve diventare anche costruttore di impianti di fusione – ed è proprio da questa esigenza che è nata Gauss Fusion. Sono convinta che si debbano creare sinergie con ingegneri e ricercatori per portare la fusione nucleare al centro dell’attenzione industriale. C’è molta volontà in gioco, ma ancora non vediamo un impegno politico concreto che dia sostanza a queste ambizioni e la fiducia necessaria al settore privato per investire in questa tecnologia.
Quali sono, quindi, secondo lei le priorità su cui è necessario insistere oggi?
Penso a due aspetti fondamentali. Il primo è la creazione di un progetto integrato a livello europeo per lo sviluppo della fusione nucleare che unisca competenze industriali, scientifiche e istituzionali. La fusione è una sfida globale che richiede una cooperazione su scala europea, con una visione comune, una collaborazione strategica e investimenti coordinati, per trasformare un obiettivo a lungo termine in una realtà operativa. Il secondo punto riguarda la necessità di superare l’approccio tradizionale, che tende a confinare la fusione alla fase sperimentale. Con Gauss Fusion, lavoriamo per sviluppare impianti che non siano sperimentali, ma che saranno realizzati su larga scala e rappresenteranno una soluzione industriale scalabile e competitiva. L’obiettivo è rendere la fusione nucleare una fonte di energia concreta, sicura e pulita per le generazioni future, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili e dagli altri Paesi.
La fusione nucleare è destinata a essere una delle principali soluzioni energetiche del futuro, ma la corsa per il suo sviluppo è altamente competitiva. Potenze globali come Stati Uniti e Cina sono già in prima linea, investendo ingenti capitali nello sviluppo del comparto, con l’ambizione di dominare il mercato energetico globale. L’Europa ha tutte le carte in regola per essere protagonista in questa sfida tecnologica ed è chiamata a prendere una posizione di leadership adesso, perché se non siederà al tavolo della fusione nucleare, rischia di essere esclusa e di diventare spettatrice di un processo che inevitabilmente determinerà il futuro dominio energetico globale.