Solo il 27% delle posizioni manageriali di alto livello sono occupate da donne che, in genere, guadagnano meno delle loro controparti maschili. Una soluzione è partire dalla trasparenza
La disparità salariale tra lavoratori di sesso diverso è un argomento che (purtroppo) non passa mai di moda. E’ uno dei fattori chiave per calcolare il Gender Gap Index nel rapporto annuale che viene pubblicato, grossomodo a fine marzo, dal World Economici Forum.
I dati del marzo 2021 non sono certo incoraggianti: complice la pandemia, che ha pesato maggiormente sulle donne, il tempo necessario per colmare il gap di genere ha fatto un balzo di oltre il 30%, raggiungendo il valore di 135,6 anni. Le conseguenze della pandemia hanno cancellato decenni di sforzi anche nel campo della parità di genere.
Si tratta di una cifra spaventosa calcolata sulla base dei dati forniti da 156 nazioni. In effetti, è un valore mondiale calcolato “mediando” i dati tra i paesi più virtuosi e quelli meno attenti o, forse, meno sviluppati. Mentre per l’Europa ci si aspetta che il gap di genere posso essere colmato in 66 anni, nei paesi meno fortunati, o meno sensibili al problema, si arriva ad oltre due secoli.
Per avere una visione globale dello stato del gap di genere, e, se preferite, dell’indice di parità, invito a visitare il Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum dove si può utilizzare la versione interattiva di questa mappa ed accedere ai dati di ogni nazione
Per calcolare il valore del gap di genere, i dati vengono organizzati in quattro macro-settori: politica, economia, educazione e salute.
Mentre le disparità nell’accesso all’educazione ed alla salute vengono registrate in una sparuta minoranza delle nazioni, la differenze nella partecipazione alla vita economica e, ancor più, a quella politica sono macroscopiche quasi ovunque.
La disparità in politica
Solo il 26% dei 35.500 rappresentanti che siedono nei parlamenti delle 156 nazioni sono donne e la percentuale scende al 22,6 % se si considerano le posizioni con responsabilità nelle compagini governative.
Analogamente, solo il 27% delle posizioni manageriali di alto livello sono occupate da donne che, in genere, guadagnano meno delle loro controparti maschili. Le disparità salariali, ovviamente, variano da una nazione all’altra e da un ambito lavorativo all’altro.
Tuttavia, essere consapevoli che nel mondo esiste un pay gap, più o meno grande, non basta.
La parola chiave è trasparenza
Bisogna considerare cosa si sta facendo per combattere la disparità salariale e quali risultati si sono ottenuti per capire dove è meglio concentrare gli sforzi. Ovviamente, ben vengano le iniziative legislative che impongono la politica della parità di salario a parità di mansioni, ma, in mancanza di una chiara volontà politica, diversi studi dicono che la parola magica è trasparenza.
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Le femminucce prendono molto meno dei maschietti e sono proprio questo ultimi che chiedono ragione della cosa “perché lei ha meno caramelle di me?”.
Paragonando i salari in istituzione accademiche americane (dove il compenso di ciascuno viene negoziato), si è visto che quelle che rendono pubblici i dati hanno differenze minori di quelle che li tengono riservati.
D’altro canto le battaglie molto pubbliche e molto social delle atlete nelle varie discipline hanno insegnato che, davanti a macroscopiche differenze nell’ammontare dei premi, il supporto del pubblico non manca mai.
Il caso più recente e quella delle calciatrici USA che hanno appena chiuso una annosa diatriba con la U.S. Soccer Federation.
Le atlete, che hanno vinto due coppe del mondo (ovviamente femminili), non hanno accettato di essere pagate molto meno dei colleghi maschi, che non avevano vinto niente.
Dopo molti discorsi inconcludenti, dove si era cercato di fare pesare la maggior popolarità del calcio maschile, è iniziata una disputa legale basata sulla discriminazione di genere che, però, è stata rigettata dal giudice. A questo punto la U.S. Soccer Federation avrebbe potuto chiudere il capitolo, invece, forse timorosi della reazione dei moltissimi sostenitori (maschi e femmine) delle atlete campionesse del mondo, hanno preferito trovare una soluzione. Mentre si sono impegnati ad equalizzare il trattamento economico delle squadre maschili e femminili, hanno offerto un importo di 24 milioni di dollari come compensazione della differenza salariale del passato.
E’ un buon esempio di come trasparenza e supporto “social” possano fare la differenza.