Dalla decisione di una mamma di comunicare in modo simpatico e naturale la disabilità del figlio attraverso Internet è nata la Fondazione che oggi aiuta le famiglie e i ragazzi ad affacciarsi al mondo. “I social sono centrali, la comunicazione e la nostra irriverenza su temi tabù ci hanno permesso di nascere e vivere. Ho iniziato su Twitter ma oggi abbiamo più seguito su Facebook”
“Avevo il vizio di dare voce ai senza voce ancora prima di metterlo al mondo”: così Valentina Perniciaro si racconta nel corso di un’intervista telefonica in cui con le sue parole riesce a trasmettere tutto l’entusiasmo e la voglie di rivalsa sua e di suo figlio Sirio, senza tralasciare né dimenticare l’estrema fatica e le difficoltà. La voce Sirio, oggi 9 anni, l’ha trovata grazie alla sua tenacia e “voglia di vivere”, ma anche grazie alla sua mamma e a suo fratello Nilo che, oltre a stargli accanto, qualche anno fa hanno pensato di aprire un canale Youtube prima e Twitter, Instagram, Facebook e TikTok poi, per far vedere i progressi che Sirio faceva giorno dopo giorno.
Come è iniziato tutto?
Sirio nasce nel 2013, molto prematuro, dieci settimane prima del previsto ma in perfetta salute. Il primario lo chiamava “la ferrarina” del reparto perché stava bene e doveva soltanto prendere peso tanto che dall’ospedale ci mandano a casa un mese prima del previsto. Otto giorni dopo lo troviamo inerme nel suo lettino, gli accade quello che clinicamente si definisce morte in culla. Riescono a rianimarlo. Sirio sopravvive ma ci dicono che non potrà né muoversi né parlare e che sarà per sempre attaccato a delle macchine. Siamo stati in ospedale un anno, in cui serio viene tracheomizzato e predisposto per vivere costantemente attaccato ai macchinari. Ma un neuropsichiatra incrocia lo sguardo di Sirio e capisce che in realtà il bambino risponde. Così finiamo per un lunghissimo periodo a Palidoro, nella neuropsichiatria infantile del Gemelli.
Qui cosa succede?
Lì ci sono le persone che abbiamo battezzato i “Geppetti” che dai tronchi scolpiscono i bambini. Hanno iniziato a fare riabilitazione, una riabilitazione costante che prosegue ancora oggi, ma Sirio ha ribaltato la sentenza. Ora comunica cammina e ride. È un bimbo consapevole della sua diversità ma orgoglioso, merito suo più che nostro, si è conquistato molte cose.
Come hai deciso di raccontare la vostra storia?
All’inizio è stato Nilo, il mio figlio più grande, a voler aprire un canale Youtube per mostrare i progressi che Sirio faceva ogni giorno. L’abbiamo lanciata per far capire alle altre famiglie che si può fare, che questi bambini possono e devono far parte della società. L’abbiamo chiamato Tetrabondi, vagabondi tetraplegici, per iniziare a raccontare la disabilità con parole diverse, con ironia e irriverenza.
Dici di voler scardinare molti dei concetti che girano intorno alla disabilità: puoi fare degli esempi?
Per esempio ho voluto abbattere l’idea del bimbo speciale, si tratta di bambini, persone con bisogni speciali. Non pensiamo che per risolvere i problemi che ruotano attorno alle persone con disabilità siano necessarie delle battaglie, ma una vera e propria rivoluzione. Una rivoluzione capace di partire dalla felicità e dal semplicissimo concetto che tutti, proprio tutti, abbiamo il diritto di essere felici, possiamo esserlo. Una società dove nessuno cambi sguardo al nostro passaggio, che continua a giocare ridere scherzare ballare anche se incrocia il nostro sguardo, il profilo dei nostri corpi così diversi. Noi sgangherati, noi catorci, noi sbilenchi, noi storti, noi.
Una condivisione della gioia…
La prima parte di questa rivoluzione è fatta dalla vostra gioia, dalla sua condivisione, dalla consapevolezza che la felicità è tale se condivisa, che la felicità è di tutti. Quindi, quando incrociate il nostro sguardo, la nostra bava, i nostri corpi al contrario siate sereni perché ognuno di noi conosce la felicità, la sua bellezza travolgente. Ognuno di noi la cerca e avrebbe il diritto di essere messo nelle condizioni di costruirla. Anche noi siamo felici, a volte tantissimo, anche se necessitiamo aiuto, anche se siamo vulnerabili. È la prima cosa che vi chiediamo di capire una volta per tutte, è proprio la base di quel che immaginiamo quando parliamo di inclusione universale. Il mondo di tutti inizia dai vostri sguardi che non sfuggono, non mutano, non si rattristano pietosamente davanti a noi.
Che ruolo hanno avuto in tutto questo i social network e i canali digitali?
Ho sempre scritto, ero una blogger, prima di avere Sirio scrivevo di politica, di Medioriente, lotte sociali, quindi è qualcosa che sento mio. Ho cominciato da Twitter, il social più “politico” e che conoscevo meglio. I social sono centrali, la comunicazione e la nostra irriverenza su temi tabu ci hanno permesso di nascere e vivere. Oggi quello su cui abbiamo più seguito è Facebook. I primi social li abbiamo aperti nel 2018, l’esplosione però è avvenuta dopo l’emergenza Covid, con il video di Sirio che rientra con sue gambine e lo zainone enorme a scuola dopo il lockdown, contento e fiero come gli altri bimbi. Il successo di questo tweet ci ha fatto immaginare di fare un salto in più: una follia.
Una follia che si chiama Fondazione Tetrabondi…
Una fondazione che nasce dal basso con un salto nel vuoto: abbiamo aperto un crowdfunding e in quattro giorni abbiamo raccolto 75mila euro che hanno permesso di far nascere la fondazione per orientare le famiglie e trasformare il design urbano delle città. In un anno e mezzo, poi, abbiamo acquistato ausili per vivere le città e le vacanze a queste famiglie, a questi bambini.
Di cosa vi occupate poi?
Mutare il paradigma della disabilità, il linguaggio e l’approccio verso le persone con disabilità: rimettere al centro la persona e non l’etichetta con la sua diagnosi, per abbattere le barriere e gli sterotipi che sono alla base dell’emarginazione e dell’esclusione dei corpi e delle menti non conformi. Comprendere i bisogni speciali, la necessità di assistenza adeguata e progetti personalizzati mirati all’autonomia; la centralità delle comunicazioni alternative, dello sport inclusivo, della costruzione di reti e progetti che permettano realmente inclusione sociale e lavorativa. La Fondazione Tetrabondi ha come missione quella di portare nuovi contenuti nei vari settori della società, nel mondo della comunicazione come nella scuola, nella formazione universitaria e lavorativa, nella costruzione di nuove opportunità per la persona con disabilità e la sua famiglia. Il nostro convincimento di fondo è che non possano esserci vite destinate solo alla cura e all’assistenza e che ogni vita umana, anche quella di chi può comunicare solo attraverso un puntatore oculare, abbia diritto ad essere nelle condizioni di poter prendere decisioni, ad essere parte attiva della propria esistenza, del proprio percorso verso la felicità, costruendo autonomia e condivisione.
Lo scorso maggio è uscito il tuo primo libro…
Si intitola “Ognuno ride a modo suo” ed è la storia di bimbo sbilenco e irriverente che di sconfitta in sconfitta costruisce autodeterminazione e felicità. Un libro dedicato ai complici della libertà, consapevoli che non c’è altra strada possibile che costruire il mondo di tutti! Ma siamo diventati “famosi” anche grazie all’aiuto di grandi nomi come il mio amico Zerocalcare che ha realizzato un disegno dedicato a Sirio e alla Fondazione per sostenere il nostro crowdfunding. Ora è tra le opere esposte alla mostra di Michele (Zerocalcare, ndr) a Milano.