È un’Europa di luci e di ombre quella fotografata dall’ultimo rapporto ILGA, l’associazione internazionale che riunisce diverse centinaia di organizzazioni che si occupano dei diritti delle persone LGBTI. Il rapporto 2025 consegna il ritratto di un’Europa che sta andando a velocità alternata, ovvero sta generando progressi, ma accusa anche consistenti passi indietro. Se, infatti, ci sono Paesi che rafforzano il loro impegno per l’uguaglianza, ve ne sono altri dove si stanno radicando e, in qualche modo, normalizzando massicci attacchi ai diritti: il rapporto ne indica il dettaglio Paese per Paese, grazie al lavoro diretto di 250 persone, tra attivisti, avvocati, politici che hanno collaborato al progetto, ormai da sedici anni un riferimento per chiunque voglia avere il polso dell’evoluzione dei diritti LGBTI in Europa. 

Un’Europa disomogenea: chi progredisce… 

In cima alla Rainbow Map – la classifica che misura lo stato dei diritti in ciascuno dei 49 Paesi europei secondo 75 criteri in sette categorie tematiche – ormai da dieci anni c’è Malta, seguita da Belgio, Islanda, Danimarca e Spagna. L’Italia è al 35esimo posto su 49 Paesi. Segnali di progresso arrivano da diversi Paesi dell’Est Europa. La Polonia, per esempio, che l’anno scorso era all’ultimo posto nella classifica, è salita di tre posizioni, dopo avere eliminato gli ostacoli dello Stato per gli eventi pubblici LGBTI. E se anche la Repubblica Ceca ha guadagnato tre posizioni, grazie a una nuova legge che garantisce alle unioni tra persone dello stesso sesso quasi lo stesso riconoscimento legale del matrimonio (esclude, infatti, l’adozione), la Lettonia è avanzata di quattro, dopo che ha approvato una normativa che consente alla coppie omosessuali di contrarre unioni civili, secondo Paese del Baltico a farlo (sono 22 i Paesi europei nei quali la legge prevede il matrimonio egualitario, 18 quelli che non offrono alcuna tutela legale per le unioni tra persone dello stesso sesso). L’Austria è salita di quattro posti per aver modificato la legge federale sulla parità di trattamento, sostituendo la parità tra donne e uomini con la parità basata sul genere e la Germania di tre, grazie alla legge che consente alle persone transgender di modificare i documenti legali senza sottostare a requisiti invasivi, come la diagnosi di salute mentale. 

… e chi perde posizioni

Non ci sono variazioni rispetto all’anno precedente per il fondo classifica: fanalino di coda è la Russia, preceduta da Azerbaigian, Turchia, Armenia, Bielorussia. L’Ungheria è scesa di sette posizioni, al 37esimo posto, la posizione più bassa mai occupata, a causa del primo divieto del Gay Pride deciso all’interno dell’Unione europea, mentre di sei è scesa la Gran Bretagna, oggi al 22esimo posto, in seguito alla sentenza che limita il riconoscimento legale delle persone transgender. E di ben sette gradini è indietreggiata anche la Georgia, che ha approvato un ricco pacchetto di leggi che prevedono, tra l’altro, il divieto di rappresentanza e assembramento LGBTI.

Richieste di asilo

Praticamente in tutta Europa, i governi stanno limitando il sostegno alle persone LGBTI richiedenti asilo e rifugiate, in molti casi perseguitate nel proprio Paese, lasciandole senza adeguata protezione: segnalazioni sono arrivate a ILGA da Austria, Belgio, Bulgaria, Islanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi. In particolare, in Germania, Irlanda, Lettonia, Moldavia, Svezia, Svizzera e Regno Unito sono stati documentati casi in cui i ricorsi dei richiedenti asilo LGBTI sono stati respinti, spesso con valutazioni imprecise e che non hanno colto la natura complessa delle situazioni personali. 

Luoghi di lavoro

Discriminazioni sono segnalate in tutta Europa, ma barriere sistemiche esistono in Albania, Andorra, Georgia, Montenegro, Romania e Russia. Al contrario, la Germania ha introdotto tutele significative e, in particolare, in Lussemburgo alcune organizzazioni della società civile si sono attivate per migliorare la relazione tra lavoratori trans e aziende. 

Libertà di espressione

In sette Paesi europei sono state promulgate o, comunque, proposte leggi che prendono di mira la cosiddetta propaganda LGBTI e limitano la discussione su tali temi. Non solo: secondo il report, tentativi di varare leggi che escludano tali tematiche dall’educazione sessuale sono stati registrati in Bulgaria, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Norvegia, Romania, Russia e Slovacchia. Al contempo, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda, il distretto di Brčko (Bosnia ed Erzegovina), Scozia e Svezia hanno rafforzato in modo significativo le proprie leggi e politiche per contrastare crimini d’odio e hate speech. 

Violenza

Aumenta in tutta Europa la violenza motivata da pregiudizi, con episodi segnalati nella gran parte dei Paesi. In Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, i report delle autorità indicano un aumento importante dei crimini motivati dall’orientamento sessuale percepito, dall’identità di genere e/o dall’espressione di genere. “In Belgio, Francia e Moldavia, le aggressioni contro le persone LGBTI sono sempre più documentate, soprattutto nelle aree urbane dove la visibilità è maggiore. Una tendenza estremamente preoccupante è emersa anche in Belgio, Croazia, Francia e Turkmenistan, dove gli autori utilizzano profili falsi su popolari app di incontri per attirare le vittime in imboscate. In Turkmenistan, le autorità si sono spinte oltre, utilizzando queste app per intrappolare le persone LGBTI e costringerle a fornire informazioni su altri membri della comunità”.

Quali tutele?

Leggi e azioni istituzionali in materia di uguaglianza e antidiscriminazione sono state adottate in Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo, Svezia, Polonia. Tuttavia, il report mette in luce che l’efficacia delle leggi antidiscriminazione è spesso ridotta da lacune nell’applicazione e da atteggiamenti sociali ostili. Detto questo, in alcuni Paesi sono state introdotte sanzioni amministrative e anche penali per chi si batte per i diritti LGBTI, sono stati costruiti database governativi per classificare le persone LGBTI e generati sistemi di monitoraggio per controllare i collegamenti internazionali delle ONG. 

La sfida dei tribunali

Mentre lancia l’allarme rosso per gli attacchi ai diritti umani LGBTI, ILGA mette in luce l’attività di attivisti e società civile nel difendere e promuovere le libertà, spesso ricorrendo ai tribunali. Scrive nel rapporto: “In Repubblica Ceca, la Corte Costituzionale ha invalidato il requisito della sterilizzazione per il riconoscimento legale del genere, sebbene il governo non abbia ancora attuato la sentenza. La Corte Costituzionale della Lituania ha invalidato la legge “anti-propaganda” del Paese, una vittoria significativa che è già entrata in vigore. In Slovenia, la Corte Costituzionale ha affermato che ai partner dello stesso sesso e alle donne single deve essere concesso l’accesso all’inseminazione medicalmente assistita. La Corte Costituzionale spagnola ha bloccato i tentativi delle autorità regionali di Madrid di limitare le tutele federali per le persone LGBTI e trans, salvaguardando gli standard legali nazionali”.