In Back to the Dawn la prigione non è una ambientazione in cui avvengono banalmente i fatti. Ogni sua regola ferrea detta il ritmo dell’intera esperienza, facendo da contenitore di decine di storie di altrettanti personaggi che incontreremo. Difficile convincere così nettamente con l’opera prima, specie in un genere antico come quello degli RPG. Metal Head Games, software house indie, ci è però riuscita proponendo un’avventura in pixel art che rispetta i canoni e conquista anzitutto per la bravura con cui gameplay e storia sono stati intrecciati. Il videogioco è disponibile su Xbox o Steam.
Back to the Dawn, recensione
La “protagonista” del gioco in un certo senso è la Boulderton Prison, un carcere di massima sicurezza popolato da un’umanità costituita da animali antropomorfi. Nulla di carino e coccoloso: detenuti e autorità hanno più di una cicatrice sul corpo e nell’anima per i fatti commessi nel corso di una vita sempre al limite. L’obiettivo di Back to the Dawn per i due protagonisti giocabili è rischioso: 21 giorni di tempo per evadere di prigione. Altrimenti ci sono conseguenze dolorose ad attenderli, per non dire “definitive”.

Back to the Dawn mette il gamer di fronte a un bivio iniziale: vogliamo essere Thomas, volpe giornalista d’inchiesta incastrata mentre tentava di portare a termine un lavoro molto rischioso? Oppure Bob, pantera detective sotto copertura? Inutile dire che le storie che sveleranno sono differenti e che dunque legittimano almeno due run. Non banale per un titolo indie.

Ciò che fa la differenza in Back to the Dawn è la gestione sapiente del poco tempo a disposizione. Il carcere non è un parco giochi in cui possiamo fare quel che vogliamo. C’è uno spietato senso di realismo nel calare il gamer in giornate in ambienti sorvegliati, stretti e pieni di detenuti con cui creare alleanze o a cui pestare i piedi per i propri obiettivi. Non c’è spazio per rifiatare: i secondi scorrono e le giornate terminano alla svelta se si procede senza un piano chiaro.

Il passaggio obbligato di Back to the Dawn è l’obbligo di scendere a compromessi, commettendo a nostra volta crimini per il nostro tornaconto. Non sarà possibile evadere senza sporcarsi le mani, facendo i bravi. Quante volte siete disposti a tradire? Ogni giorno dei 21 a disposizione vi metterà di fronte a scelte tutt’altro che banali, le cui conseguenze non sono per nulla scontate (sono otto i finali complessivi).

In questo RPG non manca il tiro di dadi, ad aggiungere quell’elemento casuale che rende davvero precaria qualsiasi posizione. Ci sono poi quattro caratteristiche – Forza, Agilità, Intelligenza e Carisma – che andranno a modellare la personalità del nostro avatar. Non si potrà avere un super detenuto: bisognerà scegliere cosa privilegiare e cosa sacrificare di momento in momento. A livello grafico tutto è in stile retro gaming, straordinariamente bello e solido, specie quando nei momenti all’aperto si apprezzano i fondali così aperti sull’orizzonte e lontani.

Ci sono i combattimenti, con meccanica di RPG a turni. Ma anche i lavori in carcere. Nulla però è finalizzato realmente al recupero dei detenuti. In questo mondo di gioco ogni occasione che potrebbe elevare la “persona” diventa invece opportunità per guadagnare denaro, ingannare, fare del male. Back to the Dawn è un’opera matura e cruda. Ci ha convinto? Assolutamente sì.