Nel 2015 lo sviluppatore indipendente canadese Red Hook Studios pubblicò uno degli RPG roguelike più tetri ma anche riusciti e convincenti di quell’anno. Per questo attendevamo da tempo Darkest Dungeon II. Non eravamo gli unici: l’utenza Switch, PlayStation 5 e Xbox Series ha dovuto aspettare ben 13 mesi in più rispetto all’edizione per PC.
Darkest Dungeon II, arde la Fiamma della Speranza
Fedele al detto “squadra che vince non si cambia”, il team canadese è intervenuto quel tanto che basta nelle meccaniche di gioco di Darkest Dungeon II, lasciandole comunque in gran parte inalterate rispetto al primo episodio. La novità principale riguarda il fatto che il campo base da custodire e amministrare è stato sostituito da una diligenza che corre trasportando attraverso le diverse regioni di un mondo ormai maledetto la Fiamma della Speranza, artefatto che, come il nome lascia intendere, rappresenta l’ultima speranza di riscatto per l’umanità.
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Potremo decidere noi chi far salire sulla diligenza, in modo da comporre il party d’eroi che maggiormente ci aggrada, non solo per lo stile di combattimento (c’è chi predilige le armi leggere, chi quelle a distanza, chi vuole gettarsi nella mischia…) ma anche per ciò che concerne la caratterizzazione dei PNG, altra grande novità di rottura che distanzia Darkest Dungeon II dal predecessore che si limitava a far scendere in campo eroi senza alcun passato e spessore.
Per quanto affascinanti, gli eroi da schierare in campo dovranno essere passati a raggi X soprattutto per ciò che concerne le loro statistiche, dato che quei numeri e quei dati saranno fondamentali per vincere le numerose battaglie a turni che li attendono. In base alle loro abilità dovrete predisporre lo schieramento più idoneo ad affrontare le sfide proposte in ciascuna missione. Il sistema di combattimento, oltre a essere intricato e profondo – tanto da richiedere assai spesso la lettura in game di un glossario virtuale utilissimo – ci mette in balia di alcuni bonus e malus, come Crisi ed Esaltazione, che interesseranno i nostri in maniera del tutto casuale, a seconda dei livelli di stress.
Il primo di fatto vede il proprio condottiero paralizzato da una crisi di panico che gli decima la salute, il secondo lo trasforma in un trascinatore di folle. Purtroppo entrambi gli stati vengono elargiti in modo del tutto casuale e forse questo è il solo aspetto che ci ha lasciato l’amaro in bocca, dato che non è possibile prevederli e dunque agire per evitarli o incentivarli. La loro entrata in scena spazzerà via ogni strategia fin qui tessuta.
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Gli altri difetti Darkest Dungeon II li riserva soprattutto alla versione Switch, ma non sono limiti del gioco in sé e per sé considerato, quanto dell’accoppiata infelice di un videogame dallo stile grafico incredibilmente scuro su un hardware portatile: scordatevi insomma di giocarlo su Lite e, ancora peggio, al mare. Non vedreste assolutamente nulla.
Le stesse schermate delle opzioni sono buie, idem i menu e vi faranno bruciare diottrie su diottrie. Ma torniamo all’imprevedibilità delle battaglie di Darkest Dungeon II: un altro fattore che le renderà indefinibili fino all’ultimo è il rapporto che si creerà tra i membri del team. Questo si strutturerà soprattutto nelle Locande, che sono i soli punti in cui apparentemente tirare il fiato o aiutare la popolazione locale.
Nel caso in cui alcuni membri arrivino a odiarsi potreste persino assistere a tentativi di farsi fuori a vicenda nel bel pieno di un combattimento. Anche in questo caso dispiace che il giocatore si limiti a osservare passivamente quanto accade su schermo senza poter fare nulla, per esempio, per sviluppare un rapporto in un senso piuttosto che in un altro.
Alla lunga frustranti anche le sequenze durante le quali bisognerà riparare la diligenza, messa a dura prova dalle strade più dissestate: quando raggiungerà il limite non solo occorrerà rattopparla alla bell’e meglio, ma anche resistere alle orde di mostri che approfitteranno del pit stop per assaltarci.
Insomma, avrete intuito che Darkest Dungeon II è particolarmente complesso e stratificato. Come se non bastasse, non ci sono tutorial e dovrete provare a capire da soli cosa fare, quando farlo e come, perché il gioco sarà assai parco di suggerimenti. Una esperienza hardcore a tratti infernale, curata fin nei minimi dettagli anche se con qualche aspetto aleatorio di troppo.