Nel panorama dei puzzle game The House of Da Vinci 2 vuole conquistare il gamer anzitutto con l’atmosfera. Lo studio slovacco Blue Brain Games prosegue sulla scia del primo capitolo che abbiamo recensito sul magazine e riesce ad alzare l’asticella in termini di narrazione, interattività e cura per i dettagli. L’esperienza si apre su un Rinascimento alternativo – gli storici più esigenti devono mettersi l’animo in pace – in cui vestiamo i panni dell’apprendista di Leonardo da Vinci, impegnato in un’avventura costellata di marchingegni segreti, lettere criptate e macchinari incredibili.
The House of Da Vinci 2, la recensione
La vera forza del gioco resta l’interfaccia. Non siamo di fronte a un titolo adrenalinico, ma più votato al ragionamento e alla soluzione degli enigmi. C’è poi tempo per ammirare le stanze affrescate e i laboratori del genio toscano. Ogni oggetto si può ruotare, smontare, combinare; ogni puzzle è parte di un meccanismo più grande, mai fine a se stesso. L’introduzione dell’Oculus Perpetua, un dispositivo che permette di “vedere” nel passato, aggiunge un elemento di gameplay che trasforma gli ambienti in spazi vivi e dinamici, da esplorare più volte sotto prospettive diverse.

Nonostante la complessità, il gioco non si perde mai in soluzioni astruse. I rompicapo, per quanto articolati, sono leggibili, ancorati a una logica interna coerente. Questo rende The House of Da Vinci 2 ideale e abbordabile anche per chi non è un habitué del genere. Dal punto di vista grafico non siamo di fronte a nulla che faccia cascare la mascella. Ma l’esperienza visiva nel complesso è sufficiente.

In un mercato saturo di cloni e titoli frettolosi, The House of Da Vinci 2 si prende il suo tempo e lo chiede anche al giocatore. Ma ne vale la pena? Inutile nascondere il fatto che la “presenza” di Leonardo sia un gancio niente male per acchiappare e trattenere i gamer un enigma dopo l’altro.