C’è ben più di un pizzico del nostro Paese nell’atteso Mafia Terra Madre, prequel di uno dei titoli “à la GTA” (in realtà peccava proprio di free roaming) più riusciti e coinvolgenti dei primi anni Duemila. All’ultimo capitolo della saga, passata da tempo nelle mani del publisher 2K che la ha poi affidata al team californiano Hangar 13, hanno infatti lavorato pure i ragazzi della startup siciliana Stormind Games capitanati da Antonio Cannata che abbiamo intervistato più volte, qui su StartupItalia.
Probabilmente si deve proprio a loro l’attenta ricostruzione storica che caratterizza l’avventura dal prologo all’epilogo, senza mai scadere nel romanticismo di una criminalità organizzata d’antan che, ovviamente, non è mai esistita.

E sempre a loro si deve il fatto che sia possibile esplorare una Sicilia d’inizio Novecento che, benché fittizia, sia credibile proprio in quanto priva dei soliti cliché del Bel Paese secondo chi ci vede ‘da fuori’ in cui tutti urlano, si svegliano tardi e pensano solo a pranzare come se fosse sempre domenica, dopodiché tra un bicchiere di vino e un apprezzamento molesto a una donna vanno in teatro per ascoltare un’opera lirica. Tutt’altro: Mafia Terra Madre si avventura persino nella ricostruzione verosimile di tradizioni, credenze e consuetudini locali e lo fa in punta di piedi.

Mafia Terra Madre, dove tutto ha avuto inizio
Se il titolo avesse beneficiato di una traduzione più fedele, si sarebbe dovuto chiamare Mafia – The Old Country, “il vecchio paese”, come la missione che faceva da intro a Mafia 2 ambientata proprio in Sicilia, in quella San Celeste che le truppe americane provavano a sottrarre alla morsa del Fascio (riuscendoci, grazie all’intervento provvidenziale del capo dei capi Don Calò, l’uomo che per le cronache reali avrebbe detto a Mussolini in visita in Sicilia che poteva fare a meno delle Camicie Nere al suo seguito in quanto sotto la sua protezione).
Mafia Terra Madre ci riporta nuovamente a San Celeste e aggiunge alcuni particolari tutto intorno che faranno da sfondo a questa nuova avventura, come le campagne punteggiate da masserie e l’immancabile Etna sullo sfondo, i templi in abbandono ultime vestigia della Magna Grecia, le tonnare di Porto Almaro, le concerie di Fiumansa e le immancabili miniere di zolfo in cui strisciano in condizioni pietose i carusi. Tutti dettagli crudi, mai edulcorati, così come il siciliano degli attori chiamati al leggio non è da gangster movie americano, ma verace e graffiante, almeno all’orecchio di un ligure, poi chissà.

Chi sperava in un titolo simile al Mafia originale (l’opera del 2002 di Illusion Soft) resterà probabilmente deluso data la compattezza dell’avventura e anche dall’incapacità del gioco di uscire dai binari dello script. In Lost Heaven era possibile terminare molteplici missioni in modi diversi proprio perché a seconda dell’approccio del giocatore si aprivano nuove vie, qui – così come nella riedizione del 2020 Mafia – Definitive Edition curata sempre da Hangar 13 – di contro la trama schiaccia ogni variante ludica e la strada tracciata davanti ai nostri piedi è a tal punto evidente che se si prova ad allontanarsi dall’ambito della missione esce subito fuori un fastidiosissimo countdown per farci rientrare nei ranghi con la forza.
Mafia Terra Madre è più simile a Mafia 2: un’opera che rispetto al primo episodio risultava maggiormente compatta e guidata, un po’ meno godibile lato ludico ma non meno affascinante. C’è pure una modalità che permette di viaggiare liberamente per le ambientazioni della Trinacria, ma queste sono piuttosto piccine (proprio come la Empire Bay che fa da mappa in Mafia 2, più piccola della Lost Heaven del primo capitolo) e, al netto dei collezionabili che nascondono, del tutto prive di cose da fare e persino di PNG coi quali intrattenersi.

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Tutto ciò naturalmente stride con gli open world moderni che ci permettono di immergerci in mondi vastissimi e zeppi di minigame. Per questo che sarebbe sbagliato definire ‘open world’ Mafia Terra Madre: è una avventura lineare che offre, in modo ancillare, la possibilità di uscire dal sentiero alla ricerca di segreti (tra cui le immancabili volpi già presenti in Mafia – Definitive Edition).

Siamo insomma di fronte a quel genere di avventura da percorrere come se si attraversasse un lungo corridoio virtuale che andava di moda prima che gli open world prendessero piede. Anche l’AI nemica è d’antan: il gioco permette diversi approcci, premiando quelli stealth (ottimo il sistema di coperture), ma i nemici non regalano mai soddisfazioni, anzi, è davvero facile coglierli in fallo.

L’assenza di un open world o comunque di ambientazioni animate e di una AI adattiva, che sappia mutare al variare delle nostre strategie, riducono inevitabilmente la rigiocabilità. Mafia Terra Madre dà il meglio di sé in ‘prima visione’, riuscendo a calarci in uno spaccato storico duro, brutale, ma al contempo ammaliante e avvolgente in cui o si uccide o si viene uccisi. Tutto questo presentando anche diversi comprimari ben caratterizzati e altrettanto sagacemente delineati.

Sparatorie e combattimenti all’arma bianca (per di più coi coltelli) sono riprodotti in modo marcatamente action: il nostro consiglio è di giocare al livello di difficoltà massimo per evitare che il nostro alter ego sopravviva a un numero spropositato di colpi di lupara.
“Mafia Terra Madre non sarà molto rigiocabile ma dà il meglio di sé in ‘prima visione’, riuscendo a calarci in uno spaccato storico duro, brutale, ma al contempo ammaliante e avvolgente in cui o si uccide o si viene uccisi”
Residuali ma comunque soddisfacenti le sessioni a bordo dei veicoli di inizio Novecento: anche in questo caso, impostando l’opzione simulativa, li sentirete persino arrancare quando il terreno si fa sconnesso (praticamente ovunque) e in salita.

Non siamo, sul fronte dei controlli, ai particolari profusi nel Mafia originale ma comunque è forte l’impressione di essere alla guida di poltrone che poggiano su ruote piccolissime e che potrebbero capottare alla prima curva. Di contro le sequenze a cavallo regalano una minor soddisfazione risultando prettamente arcade.

Applausi a scena aperta, invece, per gli scenari: il colpo d’occhio è notevole con paesaggi da cartolina che rendono davvero indimenticabili inseguimenti, rapine e sparatorie. In pochi chilometri quadrati virtuali è sintetizzata l’intera Trinacria, con le sue meraviglie naturali e architettoniche.
Insomma, c’è tutto e forse pure qualcosina in più. Manca ovviamente quella cura nei dettagli che caratterizzò il capostipite per merito degli sviluppatori dell’epoca (che hanno appena ultimato l’ottimo Kingdom Come Deliverance II) ma al netto delle lamentele di vecchi mugugnoni forse eccessivamente affezionati al titolo del 2002, Mafia Terra Madre è un’ottima avventura in terza persona. Con le sue luci, ma anche con diverse ombre. Come la Sicilia che 2K e Hangar 13 (con la “complicità connivente” di una startup italiana) hanno voluto trasportare su piccolo schermo.