Ancora prima di provarlo per questa recensione non avremmo scommesso su Skull and Bones un solo doblone d’oro. Non solo perché il gioco è stato investito in pieno dalle alterne fortune nei bilanci di Ubisoft, finendo così per essere rinviato marea dopo marea e – per usare altre metafore da veri bucanieri – riuscendo ad attraccare in porto solo dopo sette anni nemmeno fosse un redivivo Ulisse. La ciurma francese capeggiata da Yves Guillemot, non dimentichiamolo, per non imbarcare troppa acqua ha, nel corso degli ultimi mesi, messo sulle scialuppe un bel po’ di personale, lasciandolo in balia dei flutti.
Non nutrivamo grandi aspettative su Skull and Bones perché, fin da quando fece capolino sulle mappe nautiche, ovvero nelle acque antistanti Los Angeles, all’E3 del 2017, risultò una copia in carta carbone di Assassin’s Creed – Black Flag (qui la nostra recensione della collector in cui è racchiuso, Assassin’s Creed The Rebel Collection).
Skull and Bones, né carne né pesce?
Per differenziarlo da Assassin’s Creed Black Flag, in quel di Ubisoft a un certo punto devono pensato di renderlo forzosamente una esperienza multiplayer. In realtà, Skull and Bones è un po’ un videogioco in single player, un po’ un’avventura da condividere con amici, riuscendo solo nel poco invidiabile obiettivo di essere una summa di difetti di entrambe le categorie.
Anzitutto, sebbene in Skull and Bones sia dato ampio spazio alle avventure in singolo, queste soffrono dei difetti classici dei titoli PvP: sinossi eccessivamente blanda, missioni che si ripetono, sceneggiatura incapace di farvi ricordare i personaggi che si interfacciano con voi e con la vostra ciurma per più di qualche ora. Certo – direte – chi se ne frega della storia quando la forza di un gioco sui pirati sta negli abbordaggi, specie dopo l’esperienza maturata con Black Flag.
Leggi anche: Caribbean Legend – Pirate Open World RPG, yo ho beviamoci su
Ecco, scordateveli, perché in Skull and Bones non ci sono. È possibile speronare le navi nemiche, affondarle, ma non sarà possibile arrembarle e gettarsi fisicamente sul ponte avversario, nella mischia, incrociando le sciabole. Non sappiamo perché Ubisoft abbia deciso di tagliare integralmente una delle fasi più divertenti dell’Assassin’s Creed piratesco.
Inutile dire che tutto questo rende il gioco assai più arcade e piatto: la presenza di giocatori reali avrebbe permesso di sovvertire le sorti di uno scontro quando ormai si era già sulla nave nemica, se l’avversario fosse riuscito a prevalere nel duello all’arma bianca. Invece a dettar legge saranno unicamente i cannoni. Un vero peccato. Un altro aspetto della formula PVP che ha annacquato le partite in single player riguarda l’immensità della mappa: enorme, ma pure desolatamente vuota. Il mare sarà anche l’arena delle battaglie tra giocatori, ma nelle missioni in singolo, quando non è possibile usare il fast travel, dà vita solo a noiosissime traversate lungo le quali non succede nulla.
Insomma, come abbiamo scritto nel titolo, il sontuoso galeone pirata di Ubisoft è più simile alla bagnarola con la quale Jack Sparrow attraccava in porto standone appollaiato sul pennone prima che affondasse definitivamente. Le difficoltà dietro a uno sviluppo quasi decennale si vedono tutte e hanno segnato indelebilmente l’aspetto di Skull and Bones. A dispetto delle cicatrici piratesche, però, non rendono il gioco più affasciante.