«Tutti pensano sempre che sia solo un gioco e che sia divertente e facile. Ma direi che la competizione è altrettanto difficile o addirittura più difficile, da vincere, rispetto alla vita reale». Max Verstappen, il pilota della Red Bull quattro volte campione del mondo, ha descritto in questo modo i simulatori di corse, parte di quel fenomeno e-sport che da anni interessa e appassiona gli sportivi professionisti. In un’intervista a The Athletic, il talento olandese ha spiegato perché dal suo punto di vista esistono punti di contatto tra la simulazione e la pista.
Cosa ha detto Max Verstappen sugli e-sport?
Come emerge nell’intervista Verstappen è un pilota che ha saputo bilanciare il proprio lavoro con la passione per i simulatori, tecnologie che vengono utilizzate ai più alti livelli per testare i riflessi e allenarsi. Nel 2015 si è così unito al Team Redline, per il quale corre ancora oggi. «Ci sono così tanti e-sport là fuori. Ora, invece di usare principalmente mouse e tastiera o un controller, c’è un po’ più di coinvolgimento. Ma abbiamo cercato di imitare il mondo reale. È quello che cercano di fare tutti i giochi. Cercano di ottenere il maggior numero possibile di dati dalle auto reali e di portarli nel mondo virtuale, cercando di replicarli».
Nel corso della sua carriera si è verificato un incidente: lo scorso anno, prima di un Gran Premio, Verstappen si sarebbe attardato la notte per guidare sui simulatori nella scuderia di Redline. In pista è poi arrivato quinto, tra le polemiche. Bilanciare i due mondi non è facile ma il pilota non sembra intenzionato a rinunciare a nessuno dei due.
Passare dai simulatori alla Formula 1 è possibile?
Come per molti sport, la barriera economica all’ingresso è una delle cause che rischia di bloccare molti talenti. Ne è convinto il pilota Red Bull, che ha detto nel corso dell’intervista: «È possibile attrarre talenti da tutto il mondo. Se si guarda alla gente in generale nel paddock della F1, la presenza è molto limitata all’Europa. Poi ci sono gli Stati Uniti, il Canada, il Sud America, il Messico, ma non sono molti. C’è anche un pilota cinese, ma non c’è molta diversità. Nelle gare di simulazione, ci sono già molti Paesi che partecipano: io voglio solo cercare di aprirle a molti più piloti».
Il suo obiettivo, un domani, è fondare il suo team di pro-player e far sì che si crei una osmosi tra i due mondi: i più bravi sulle piste virtuali potranno essere messi alla prova sull’asfalto. Le differenze non sono poche: per quanto realistici, i videogiochi di Formula 1 e di racing in generale non riescono ancora a replicare lo sforzo fisico, la forza di gravità e quelle componenti che mettono alla prova il corpo sulle monoposto.
«So che ci vuole tempo, ma voglio trovare i talenti in grado di passare alla vita reale. Non tutti hanno questa caratteristica – ha concluso Verstappen – Alcuni sono solo molto bravi in quello che fanno e potrebbero non farcela, però intendo almeno dar loro l’opportunità. L’ideale è che inizino con la mia squadra, poi vengano presi dai produttori e quindi costruiscano davvero la loro carriera».