I quattro stati – quello guidato da Victor Orban in testa – non accettano i 750 miliardi di euro per le capitali più colpite
Come i Frugal Four, anche loro sono in quattro. Dei Paesi di Visegrad – ovvero Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia – abbiamo sentito parlare soprattutto negli ultimi anni in merito alla questione immigrazione e alla (mancata) solidarietà per la ripartizione dei migranti. Ma il premier ungherese Victor Orban è a capo di un quartetto che ha voluto dire la sua anche di fronte all’emergenza coronavirus e al Recovery Fund da 750 miliardi di euro proposto dalla Commissione guidata da von der Leyen e in discussione in queste ore al Consiglio Europeo di Bruxelles. In poche parole, i paesi che esprimono alcuni dei leader europei più sovranisti e conservatori vorrebbero che il Recovery Fund venisse incorporato nel piano pluriennale dell’Unione, quasi che i disastri dovuti alla pandemia possano essere trattati soltanto con un bilancio ordinario.
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Visegrad: su il muro
Il leader Orban non ha usato mezzi termini. Il piano europeo «finanzia i ricchi con i soldi dei poveri», ha detto di recente senza considerare tutta la convenienza per l’Ungheria di rimanere all’interno dell’Unione Europea. Budapest ha inoltre accusato Bruxelles di destinare troppe risorse a paesi come l’Italia e la Spagna, tra i più colpiti dalla pandemia e dal conseguente lockdown. «I Paesi dell’Ue più ricchi dovrebbero pagare di più nel bilancio dell’Unione sulla scia della ripresa economica», ha poi rincarato la dose il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki.
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Viktor Orbán e Giuseppe Conte
Anche di fronte a una situazione emergenziale come quella in corso, il blocco di Visegrad – ricordiamo, i suoi membri non sono paesi fondatori dell’UE – continua a proporsi con toni euroscettici e ostili a Bruxelles quando si parla di solidarietà tra paesi.