Luciano Floridi
“L’ecosostenibilità non può più essere un vanto per il marketing, ma deve essere un prerequisito per stare sul mercato”. Questa è la prima tesi di un progetto che intende dare a cittadini e imprenditori tutte le lenti per leggere e affrontare l’età ibrida in cui viviamo. Le occasioni per riflettervi sono state tante con gli interventi su marketing, comunicazione, giornalismo e tecnologia. «È stato un viaggio bellissimo – ha spiegato Iabichino – ha coinvolto aziende, startup, artigiani. Queste tematiche valgono soprattutto là dove mancano le attitudini e le sensibilità verso il digitale. A L’età ibrida abbiamo sempre inteso la tecnologia come il fattore abilitante: contano l’attitudine a cambiare mindset e l’abitudine».
Per parlare di un mondo che sembra essere cambiato in pochissimi mesi, ma che in realtà dava già segnali di ibridazione in corso, il Palazzo Giureconsulti di Milano ha accolto virtualmente la lezione di Luciano Floridi, filosofo e autore del fortunatissimo neologismo “onlife”. «È vero, siamo in un’era ibrida, dove ibrido è valore fondante. Non è più tempo sospeso o di incertezza», ha spiegato Floridi. Coniato negli anni ’90, “onlife” mette insieme due continuità che non sono alternative l’una all’altra. «Basta ragionare con aut aut. Faccio l’esempio classico: oggi si discute se sia meglio la didattica online o quella in presenza, ma sono ragionamenti novecenteschi». Ecco perché il filosofo ci indirizza di più a pensare nell’ottica di una società della mangrovie, piante che crescono in acque salmastre, né salate né dolci. In questo contesto l’ibrido è un valore che non accetta più la barriera tra online e offline, tra digitale e mondo fisico. Non sono realtà contrapposte, ma elementi di un unico ambiente.
Tra i temi più affrontati nel corso de L’età ibrida c’è stato anche quello del racconto dei propri prodotti ai consumatori – che si sia una bottega storica, una startup o una PMI – per competere in un mercato dove la presenza di Amazon e di altre piattaforme ecommerce non può più essere l’alibi per non investire sul digitale. «Nel nostro ambiente viviamo in uno spazio che è infosfera, dentro una vita onlife e in un periodo iperstorico, dove siamo dipendenti dalla tecnologia». In conclusione il filosofo Floridi ha ragionato anche sulle necessità di un nuovo marketing – «è una forma di comunicazione» – che non tratti le persone come mezzo, ma come fine. «Sono utenti finali che vanno protetti – ha spiegato – e lo stesso dovrebbe succedere per quanto riguarda il web. Dobbiamo superare il concetto dell’economia dell’attenzione. L’uomo è un organismo informazionale e fragile: come diceva Kant non dobbiamo usare gli altri come mezzi ma come fine. Il marketing, come qualsiasi altro progetto, deve proteggere l’umanità».