La sfida tra Big Tech e Stati continua
Stando a quanto si legge sull’Ansa, diversi editori europei si sarebbero riuniti per far fronte comune in sede comunitaria. Il loro obiettivo è chiedere che anche l’UE prenda esempio dalla legge in via di approvazione in Australia che imporrà ai Big Tech di pagare gli editori per le news che circolano sulle piattaforme. In campo ci sarebbe anche Microsoft. Da una settimana, in Australia, gli utenti iscritti alla piattaforma lanciata da Mark Zuckerberg non hanno più la possibilità di informarsi, dal momento che Facebook ha oscurato tutte le news dal feed, rendendo inagibili anche le pagine ufficiali di testate e organi di stampa nazionali. La scelta drastica è stata appunto presa in risposta al nuovo codice che dovrebbe presto entrare in vigore nel paese, dove si chiede ai Big Tech di corrispondere un equo compenso agli editori.
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Facebook: chi si sta muovendo?
Oltre all’Australia, in prima linea compare anche il Canada in questo confronto/scontro con i Big Tech. «Il gesto di Facebook è altamente irresponsabile – ha scritto sul proprio profilo social Steven Guilbeault, ministro del patrimonio culturale del Canada – continueremo ad andare avanti per introdurre un’equa legislazione tra i media e i giganti del web». Il membro del governo ha detto di essere già al lavoro con i suoi omologhi in Francia, Germania e Finlandia per imporre ai Big Tech una nuova linea di rigore.
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StartupItalia si era messa in contatto con Chris Griffith, senior tech reporter di The Australian, per farsi raccontare come la stampa pensa di reagire a questa nuova situazione. «Non vogliamo andare da Facebook col cappello in mano pregando di essere riammessi – ci ha detto – Dal mio punto di vista il piano B dovrebbe portare tutte le testate giornalistiche a riunirsi per creare un social dove non sono gli algoritmi a decidere cosa è meglio che una persona legga».
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AGGIORNAMENTO
Stando a TechCrunch, Facebook dovrebbe riammettere preso le news sulla propria piattaforma in Australia. Sarebbero infatti state apportate delle modifiche al codice – in via di approvazione in Parlamento – che avrebbero convinto Menlo Park a tornare sui propria passi.