Prima di fondare la sua azienda, Mattia Barbarossa, CEO ventenne della startup Sidereus Space Dynamics, aveva iniziato a progettare un satellite per esplorare le lune di Marte, ma gli ostacoli nella fase di lancio lo hanno convinto a cercare una soluzione al problema principale della nuova era spaziale: come semplificare il modo di arrivare in orbita
Ogni grande storia ha inizio in un momento preciso. In questo caso, la data chiave è il 4 febbraio 2019, quando Mattia Barbarossa fonda a Napoli, insieme agli studenti universitari Luca Principi e Massimiliano Masciarelli, rispettivamente COO e CFO, la startup Sidereus Space Dynamics, specializzata nella realizzazione di veicoli spaziali innovativi. Non è un giorno qualsiasi: Mattia, talento cristallino, ha compiuto 18 anni da una settimana e, appena maggiorenne, ha dato vita a una società che, negli anni a venire, avrebbe dimostrato la potenzialità di rivoluzionare il settore spaziale.
“Come tutti i bambini, avevo il desiderio di esplorare lo spazio e contribuire, nel mio piccolo, al progresso della civiltà umana”, racconta a StartupItalia. “Lo stesso obiettivo è alla base della nostra azienda: compiere l’ultimo passo, quello che oggi separa l’essere umano dal salto planetario”.
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Tuttavia, prima di ideare Sidereus, rivela Mattia, l’idea di fondo era un’altra. “Avevo iniziato la progettazione di un satellite interplanetario che si sarebbe potuto muovere dalla bassa orbita terrestre verso le lune di Marte. Il vero impedimento, più delle sfide tecnologiche, era l’impossibilità trovare un veicolo di lancio sostenibile, soprattutto a livello economico”. Motivo per cui, una volta creata la startup, il focus del prodotto si è spostato dalla creazione di un sistema di trasporto non più dallo spazio allo spazio profondo, ma “un mezzo che potesse risolvere il vero problema della nuova era spaziale: come arrivare nello spazio nel modo più semplice e meno costoso“.
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A differenza da quanto si potrebbe supporre, Mattia Barbarossa non ha rinunciato ai suoi primi sogni di esplorare l’Universo, ma sta ponendo le basi affinché questo possa avvenire nel modo migliore possibile. “Lo scrittore di fantascienza Robert Heinlein diceva che arrivare nello spazio significa essere a metà dal resto del cosmo“, ricorda il fondatore di Sidereus.
“Oggi, i veicoli diretti verso lo spazio sono strutture gigantesche, che richiedono infrastrutture altrettanto grandi, siti di lancio situati in punti remoti del pianeta e costi di gestione molto elevati. Insomma, non sono mezzi adatti per fare dello spazio un comune luogo di lavoro, dal quale si va e si viene quasi quotidianamente”. EOS, il prototipo di lanciatore orbitale progettato dalla startup, vuole essere la risposta ai problemi che incontrano gli astronauti e le agenzie nei lanci spaziali.
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Si tratta di un satellite alto tre metri e mezzo – una misura nettamente inferiore rispetto ai 17 metri del più piccolo lanciatore convenzionale finora in uso -, il cui peso è circa un decimo rispetto ai competitor sul mercato. “Il concetto base affinché tutto ciò sia possibile è la miniaturizzazione della tecnologia spaziale“. In particolare, al cuore del progetto c’è l’elemento del propulsistor, vale a dire motori molto più piccoli di quelli utilizzati attualmente. “Non è un processo ingegneristico semplice. Questi propulsori sono un concentrato di energia non semplice da gestire”. Per avere un’idea della densità di potenza, sottolinea il CEO di Sidereus, se si sostituissero a un motore di un automobile, i propulsistor di EOS genererebbero un milione e mezzo di volte la potenza del motore dell’auto.
“È quindi fuorviante pensare a EOS come un lanciatore, preferisco la definizione di veicolo spaziale“, specifica Mattia. “Diversamente dagli altri, il nostro prodotto sarà anche in grado di partire da qualsiasi luogo della Terra, senza bisogno di un sito di lancio in stile Cape Canaveral e, una volta in orbita, potrà svolgere una serie di funzioni più ampia rispetto a quella dei lanciatori tradizionali”. In modo simile a quello che facevano gli space shuttle negli anni ’90, EOS sarà capace di agganciarsi ad altri satelliti, incontrarsi con altri mezzi simili ed effettuare manipolazioni di micro-gravità in bassa orbita terrestre. E, soprattutto, potrà tornare a casa, come una capsula di rientro.
Un razzo economico, la rivoluzione di Mattia Barbarossa
Tra i vari progetti varati da Sidereus, c’è Drive It Yourself, un’iniziativa attraverso cui, spiega Mattia, “qualsiasi agenzia, azienda, centro di ricerca o università potrà acquistare il veicolo e utilizzarlo nel modo più autonomo possibile”. Il fine è ambizioso: rendere lo spazio qualcosa di molto più accessibile di quanto lo sia ora. Un primo passo verso gli scenari, finora letti nei libri o visti nei film di fantascienza, dove le persone vanno a lavorare nello spazio la mattina e sono di ritorno a casa per l’ora di cena.
Rendere più democratico qualcosa di così imponente come i viaggi in orbita, significa innanzitutto riuscire ad abbassare i costi di produzione e accesso ai sistemi di trasporto. Un compito per il quale Mattia Barbarossa ha vestito, oltre che quelli dello scienziato, anche i panni dello startupper, con un occhio costante sulla sostenibilità economica della propria impresa. “Cinque anni fa non avrei nemmeno immaginato di diventare un imprenditore nel settore spaziale, come lo sono oggi. Questo ha comportato alcune scelte”, evidenzia il CEO di Sidereus. “Il nostro veicolo è meno efficiente in termini di carico utile trasportabile, rispetto a quelli in circolazione, ma è una decisione che abbiamo preso consapevolmente per limitarne le spese di produzione e di acquisto”.
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EOS, difatti, non è costruito con materiali particolari e molto cari, ma utilizza metalli e leghe abbastanza comuni, come nichel, acciaio e alluminio. In più, a differenza degli altri lanciatori, quello progettato da Sidereus è un razzo cosiddetto single stage to orbit, le cui parti non si separano durante il volo, rendendo possibile il ritorno sulla Terra. “Fin dal giorno zero, ho abbandonato l’obiettivo di perseguire esclusivamente la massima efficienza ingegneristica”, dice Mattia. “È il mio modo di dimostrare l’amore che ho per lo spazio: spendersi per qualcosa non significa puntare soltanto alla tecnica assoluta, ma trovare il giusto compromesso con la realtà dei fatti. Un’idea bella e ideale, ma non sostenibile economicamente, non ha lo stesso valore di un prodotto efficace e con un prezzo abbordabile per gli acquirenti”.
In orbita a impatto zero
Oltre al contenimento dei costi, c’è un’altra sostenibilità a cui Mattia Barbarossa e la sua Sidereus guardano con attenzione, quella ambientale. “La questione dell’inquinamento legato ai lanci spaziali esiste su più livelli“, specifica lo studente e imprenditore napoletano. In primo luogo, le elevate emissioni dei veicoli in partenza verso lo spazio. “Per ovviare al problema, EOS è alimentato da biocarburanti, derivati da prodotti organici fermentati”.
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A questo si aggiunge il tema relativo ai detriti spaziali, una grana da non sottovalutare in vista di una nuova era spaziale. È lo scenario ipotizzato, nel 1978, dall’astrofisico statunitense Donald J. Kessler e chiamata sindrome di Kessler. “Un fenomeno per il quale, a un certo punto, si raggiungerà un tale livello di occupazione della bassa orbita terrestre, tale per cui i detriti in orbita saranno così frequenti da generare un numero crescente di collisioni e incidenti, rendendo impraticabile l’espansione dell’uomo in orbita. Ecco perché abbiamo progettato veicoli in grado di tornare a terra, che non restino per sempre nello spazio”.
Un round da 1,5 milioni per Sidereus
Dalla sua nascita, la startup di Mattia Barbarossa è cresciuta progressivamente, fino a diventare la seconda azienda italiana per dimensioni nello sviluppo di lanciatori spaziali. L’investimento più recente, ottenuto da Sidereus Space Dynamics, è stato realizzato dal fondo di venture capital Primo Space, insieme a CDP Venture Capital – Fondo Italia Venture II. Il round, da 1,5 milioni di euro, verrà impiegato in due direzioni.
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“Utilizzeremo una parte del finanziamento per implementare la nostra squadra, che oggi si compone di sole tre persone e pochi altri profili, selezionati tra 900 candidature”, commenta Mattia. Tuttavia, la principale novità in cantiere consisterà nella costruzione del primo sito di prove sperimentali italiano, previsto a Torino. “In questa postazione, potremo assistere ogni giorno ai test dei razzi EOS, come accensioni statiche dei motori, voli a bassissima quota e altre operazioni. Un ambiente unico al mondo e aperto al pubblico, che dovrebbe diventare operativo da gennaio 2022″. La startup manterrà comunque la sede legale a Napoli e, in programma, c’è già l’identificazione di un seconda facility nel sud Italia.
Occhi puntati al 2023
Prima di salutarci, Mattia segnala le date chiave nel percorso di Sidereus da qui al prossimo biennio. “Se tutto proseguirà nel verso giusto, entro giugno del prossimo anno vedremo l’accensione statica del veicolo, mentre nel mese di ottobre EOS dovrebbe alzarsi in volo a cinque sei metri di altezza“. Un primo decollo controllato, preludio ai più suggestivi passaggi suggestivi: voli suborbitali e, soprattutto, nello spazio. Riguardo a quest’ultima informazione, però, il fondatore di Sidereus non si sbilancia. “È troppo presto per azzardare una data precisa, preferisco tenermi generico: nel 2023 EOS andrà in orbita“.