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Di motivi per essere ottimisti ce ne sono: numeri e opportunità. Partiamo dai numeri, che il responsabile degli Osservatori del Politecnico di Milano Andrea Rangone ha presentato oggi alla presentazione del GrandPrix di CheBanca. Lo scorso anno il settore delle startup fin-tech ha rastrellato nel mondo 2,5 miliardi di dollari di finanziamenti. In Italia le giovani imprese di tutti i settori hanno ottenuto 110 milioni di euro, solo 7 dei quali sono andati a 6 idee sul futuro dei soldi. Solo 7 milioni a solo 6 startup (una delle quali è Jusp, di cui abbiamo parlato qui).

Una storia ancora tutta da scrivere. Come? Questo ci porta alle opportunità: una è stata presentata oggi ed è il GrandPrix di CheBanca!. A partire da oggi chiunque abbia un progetto nell’area dei servizi finanziari e di pagamento si può iscrivere alla competizione che mette in palio 5 giorni, dal 16 al 20 giugno, di formazione imprenditoriale con imprenditori, investitori e docenti del Politecnico di Milano. Dell 10 startup ammesse al programma, le 4 più meritevoli si aggiudicheranno 25mila euro e un anno nell’incubatore PoliHub del Politecnico di Milano. Per candidarsi bisogna fare riferimento a questa pagina (qui, invece, il regolamento del concorso). C’è tempo fino al 21 maggio.

“Il 2014 sarà l’anno di iniziative come questa per il settore fin-tech, è il momento buono per spingere in questa direzione”, dichiara Rangone. Roberto Ferrari, general manager di CheBanca!, aggiunge che le startup che si metteranno in luce avranno anche l’opportunità di collaborare con la banca: “Siamo convinti che il contesto sia cambiato e che per produrre innovazione sia necessario aprirsi al mercato, alle altre società e anche agli startupper”. L’ipotesi di una exit che si rispetti non è quindi così remota. Rangone ha sottolineato l’importanza, per chi vuole imbarcarsi in un’avventura di questo genere, di “sforzarsi di capire le esigenze delle banche e studiare bene il settore”. Non è un ambito in cui ci si può improvvisare, “bisogna stringere partnership e affidarsi ad esperti”. Dello stesso avviso Paolo Gessess di United Ventures: “Nel fin-tech servono persone con esperienza”.  In questo senso, l’esempio di Jusp, startup che in aprile lancerà sul mercato il suo Pos mobile, è perfettamente calzante: il Ceo Stefano Calderano, intervenuto all’evento di oggi, ha lavorato negli anni a BNL, Banca Intesa e Poste Italiane ed è entrato nella società per aiutare i due giovani fondatori Jacopo Vanetti e Giuseppe Saponaro. Un quadretto che fa pensare al terzetto Eric Schmidt, Larry Page e Sergey Brin. Con Schmidt che ha poi fatto un passo indietro per ridare il timone a uno dei creatori di Google.

Ma questa è un’altra storia. Tornando a quella delle startup di casa nostra e per raccogliere subito il consiglio di Rangone abbiamo chiesto a Ferrari quali siano gli aspetti  su cui lavorare per incuriosire i vertici di CheBanca!: “Mobile banking, advisory in remoto e analisi dei big data”, ha risposto. Altro spunto interessante è arrivato da Giovanni Daprà, co-fondatore di MoneyFarm: “Pensavamo di rivolgerci a un’utenza giovane con la nostra soluzione di investimenti online, ma in Italia i 30enni non hanno soldi da spendere, mentre abbiamo trovato molti 55-60enni (15mila gli utenti attivi del sito, nda) che fruiscono del servizio smartphone alla mano”. Individuare il target, quando si parla di soldi e contesti affini, è quindi tanto cruciale quanto meno scontato se si pensa al digitale in maniera più ampia.

Vale per qualsiasi settore, invece, una delle frasi utilizzate da Andrea Vaccari, lo startupper acquistato da Facebook nel 2012 con la tecnologia alla base della sua avventura personale Glancee, per raccontare lo straordinario modo in cui è arrivato a Menlo Park: “Una startup è un problema da risolvere”. Il mondo dei soldi, aggiungiamo noi, è un contesto da un cui pescare a piene mani. Forza.