L’azienda vuole costruire in Piemonte una delle strutture più grandi in Europa
Gigafactory, queste sconosciute. Sulla stampa ne leggiamo e scopriamo che hanno a che fare con la mobilità elettrica, con la produzione di batterie e la lotta ai cambiamenti climatici. Tra le più note ci sono quelle di Elon Musk, attive negli Usa e in Europa. Ma anche l’Italia ha una sua mappa in costruzione. Al momento molto è ancora su carta, in attesa di permessi e apertura dei cantieri, ma la strada sembra tracciata. Difficile immaginarsi il ruolo di queste strutture, ora che non è per nulla chiara la direzione della transizione ecologica intrapresa dai governi di mezzo mondo. Quel che possiamo fare è rivolgerci a chi ha intenzione di investire in questo ambito, come Italvolt, società fondata da Lars Carlstrom con l’obiettivo di realizzare a Scarmagno, in provincia di Torino, una delle più grandi Gigafactory in Europa. StartupItalia gli ha rivolto una serie di domande per capire tempistiche, tecnologia e scenari sul mondo del lavoro.
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Ci potrebbe presentare il progetto di Italvolt in Italia. In concreto: una Gigafactory in Piemonte a cosa servirà e cosa produrrà?
«Puntiamo a costruire in Italia una delle più grandi Gigafactory d’Europa, per la produzione di batterie a ioni di litio per veicoli elettrici, non esclusivamente per autovetture, ma anche per veicoli medio-pesanti, macchine industriali e agricole. Un’altra interessante applicazione di possibile sviluppo è relativa allo stoccaggio (storage, ndr) dell’energia grazie all’integrazione di batterie all’interno delle reti elettriche, un ambito oggi sempre più importante per aumentare l’integrazione con le rinnovabili e garantire la gestione efficiente e il bilanciamento dei carichi delle reti.
A regime la nostra Gigafactory avrà una produzione pari a 45GWh, che ci consentirà di produrre fino a 550mila batterie. In Europa si producono 18.6 milioni di auto. La fabbrica sorgerà a Scarmagno, in provincia di Torino, su una superficie di 300mila metri quadrati, di cui 20mila dedicati a un centro Ricerca&Sviluppo, dove in precedenza sorgeva la fabbrica Olivetti. Quest’area è particolarmente adatta a un progetto di tale portata sia per le sue caratteristiche tecniche e per la sua posizione strategica in termini di collegamenti stradali e ferroviari, sia perché il Piemonte è la prima regione in Italia per quanto riguarda la produzione industriale automotive. L’obiettivo chiave del progetto di Italvolt è contribuire all’industrializzazione verde, diventando uno dei principali fornitori di batterie per veicoli elettrici in Europa. Un altro effetto positivo sarà la creazione di nuovi posti di lavoro».
Quando partiranno i cantieri?
«In attesa di ricevere dalle autorità competenti tutte le autorizzazioni per avviare i lavori di costruzione della fabbrica, noi di Italvolt siamo pronti a partire: disponiamo già delle tecnologie e delle partnership necessarie. Puntiamo a iniziare la produzione a fine 2024 con la prima linea con una capacità produttiva di 6GwH. Questa fase rappresenta un passaggio fondamentale per la Gigafactory e per il ruolo che giocherà in Italia e nello scacchiere europeo. Nelle fasi successive, il progetto Italvolt si svilupperà ulteriormente raggiungendo la piena capacità operativa pari a 45GwH attraverso l’implementazione di ulteriori linee di produzione. Un aspetto importante da sottolineare è che i tempi non dipendono solo da Italvolt e ci aspettiamo di continuare ad avere una buona cooperazione con le autorità sul processo di approvazione per essere in grado di rispettare le tempistiche del nostro programma».
Esiste già una mappa di Gigafactory in giro per il mondo. C’è qualche aspetto che caratterizzerà il vostro impianto?
«Siamo orgogliosi di essere in fase di progettazione di una delle più grandi Gigafactory al mondo, che potrà vantare alti criteri di efficienza, tecnologia avanzata e sostenibilità. Si tratta di un progetto che ha richiesto molto lavoro e svariate competenze».
In Italia la mobilità elettrica è ancora indietro. Come vede il trend nei prossimi anni?
«In alcuni paesi la filiera industriale di conversione all’elettrico si trova già in stadio avanzato, per esempio in Cina, Svezia e Germania. L’Italia sta lavorando per potenziare ed espandere la propria rete infrastrutturale ed è aumentata significativamente l’attenzione per la mobilità elettrica. Secondo il report di Motus-E, l’associazione che raggruppa tutti gli stakeholder del settore, in Italia nel 2021 l’elettrico è raddoppiato rispetto all’anno precedente, con 67.255 immatricolazioni di auto a batteria (+107%) e 69.499 di Phev (+153,75%), raggiungendo il 9,35% del mercato totale, contro il 4,33% del 2020. Per spingere sempre di più verso lo sviluppo della mobilità elettrica, il PNRR rappresenta sicuramente una grande opportunità sia per favorire gli incentivi per i consumatori sia per sviluppare le infrastrutture di ricarica».
Apertura della Gigafactory stimata entro il 2024. A quanto ammonterà la forza lavoro e che tipo di figure professionali cercherete?
«Una volta che sarà a pieno regime, la Gigafactory darà lavoro a circa 3mila persone, ma siamo convinti che a trarre benefici possa essere l’intero ecosistema, arrivando a creare circa 10mila nuovi posti di lavoro. Cercheremo ingegneri, tecnici e manager, con requisiti che vanno da un’istruzione di scuola superiore fino a una laurea in ingegneria».
Nel frattempo il mondo fa i conti con la crisi dei semiconduttori. La Gigafactory italiana sarà autosufficiente o dovrà comunque dipendere da materie prime estere?
«L’Europa in generale ha bisogno di ricostruire la sua supply chain e anche l’Italia se ne sta sempre più rendendo conto: le Gigafactory sono la forza che consentirà di trasformare l’intera filiera per evitare di continuare a importare prodotti dall’estero».
Qual è la fetta di mercato a cui ambite? Il vostro sarà un mercato italiano o internazionale?
«Il bisogno di batterie supera di gran lunga l’offerta disponibile in Europa. In più, le aziende asiatiche sono limitate nelle esportazioni verso l’Unione Europea. Questo ci garantisce una buona posizione nel mercato. Puntiamo a vendere le nostre batterie al cluster automobilistico italiano, ma anche a clienti esteri, per esempio in Francia e Germania».