In collaborazione con |
L’ecosistema è ancora agli inizi. La sfida sta nel normarlo
Le regolamentazione in ambito criptovalute è da anni uno dei tasti più delicati. Da una parte abbiamo il mondo tradizionale (come banche e politica) che, da scettico, si sta aprendo gradualmente al trend; dall’altra le piattaforme, gli exchange, i broker che animano un ecosistema globale, dove l’assenza di norme chiare ha spesso lasciato campo aperto agli early adopter, ma anche alle truffe e alle speculazioni. Le opzioni per la politica sono due soltanto: mettere al bando le criptovalute – strada finora seguita soltanto dalla Cina con la decisione unilaterale del 2021 – oppure stabilire il recinto all’interno del quale risparmiatori, investitori e soggetti crypto possono interfacciarsi in un ambiente sicuro? La terza strada, ovvero non decidere e trascurare il tema, potrebbe tagliare fuori interi paesi o continenti da opportunità, lasciando campo libero a chi non punta alla trasparenza.
L’OAM in Italia
In Italia è cresciuta l’attenzione verso il mondo crypto e sono aumentati gli utenti che investono e risparmiano in asset digitali. Va detto che la politica si è accorta tardi del trend. Ora ha però avviato un percorso di regolamentazione a cominciare dall’OAM, il cosiddetto Organismo Agenti e Mediatori. Come stabilito da un decreto del MEF, in febbraio, i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizio di portafoglio digitale devono registrarsi in un elenco speciale dell’OAM. Come vi abbiamo testimoniato in precedenza, la novità è stata ben accolta da diverse aziende attive in Italia.
«Accogliamo con grande favore le nuove regole in Italia per tutti gli operatori di valute virtuali – ha spiegato Orlando Merone, Country Manager per l’Italia di Bitpanda Italy -. L’Italia è un mercato chiave in Europa e siamo convinti che il 2022 possa essere un anno di svolta per il settore del fintech e, in particolare, per le piattaforme di investimento: le nuove regole, sia italiane sia europee, e il mutato contesto macroeconomico, permetteranno sempre di più all’investitore di vederci chiaro in un settore così cruciale per il futuro. D’altra parte, Bitpanda è un player conosciuto nel settore per il suo rispetto delle regole. La società e le sue sussidiarie hanno ricevuto diverse licenze: la licenza come istituzione di pagamento nel quadro delle normative europee PSD2 ad aprile 2019, la licenza EMI (Electronic Money Institution) a Marzo 2022 e la licenza MiFID II a febbraio 2021. Nel complesso, ciò ha permesso a Bitpanda di introdurre opzioni di pagamento innovative e digital asset al di là delle operazioni sulle cripto».
La sezione specifica dell’OAM entrerà in funzione a cominciare dal 18 maggio e in questo periodo le aziende sono chiamate ad avviare le procedure. L’obiettivo del legislatore è anche fare ordine nell’ecosistema così che i risparmiatori possano riconoscere le realtà che si attengono ai criteri di trasparenza.
Il MiCA e la questione mining
La regolamentazione prende piede in varie parti del mondo. A metà marzo al Parlamento Europeo si è votato in merito a un tema inerente la Markets in Crypto-Assets Directive (MiCA). Secondo quanto sottolineavano esperti del settore, nel documento era presente un elemento controverso che avrebbe frenato asset come Bitcoin. “I criptoasset – così recitava la disposizione poi bocciata – sono soggetti a norme minime di sostenibilità ambientale per quanto riguarda il loro meccanismo di consenso utilizzato per convalidare le transazioni, prima di essere emessi, offerti o ammessi alla negoziazione nell’Unione. I criptoasset che sono emessi, offerti o ammessi alla negoziazione nell’Unione […] istituiscono e mantengono un piano di introduzione graduale per garantire il rispetto di tali requisiti”.
Anche su StartupItalia ci siamo occupati della questione: il mining delle criptovalute sarebbe ritenuto da alcuni un’attività troppo inquinante. Di questo avviso è senz’altro Pechino, che ha avanzato pure questa tra le ragioni del ban nel 2021. Il dito è puntato contro la Proof of Work, l’algoritmo di consenso che serve a creare nuovi blocchi sulla blockchain. In parole povere: è il meccanismo che valida le transazioni crypto e che garantisce la sicurezza dell’infrastruttura. In Europa, per ora, si è evitato il rischio di una messa al bando de facto della Proof of Work, circostanza che metterebbe a rischio l’intera infrastruttura (da Bitcoin in giù). La procedura tecnica richiede sì un dispendio di energia degli hardware, ma i sostenitori del mondo crypto tendono a ridimensionare le critiche secondo cui Bitcoin inquinerebbe più di interi Stati.
Come si legge su Protocol, la direttiva MiCA ha l’obiettivo di fornire un quadro normativo per tutti gli asset digitali entro il 2025. In un periodo storico definito ancora primordiale dagli esperti crypto, è inevitabile che ci siano incomprensioni e diffidenze. In questo specifico caso, i sostenitori hanno fatto sentire la propria voce in maniera inequivocabile: se fosse stata approvata come sopra descritto, la norma avrebbe di fatto messo al bando bitcoin dal Vecchio continente.
Oltreoceano
Allargando lo sguardo al di fuori dall’Unione Europea, anche Oltreoceano ci sono aggiornamenti lato regolamentazione. Meno di un anno fa El Salvador è stato il primo paese a introdurre Bitcoin come valuta a corso legale. Gli Stati Uniti, lontani anni luce da questo scenario, hanno intanto avviato un percorso. Di recente l’ordine esecutivo del presidente Joe Biden non ha posto le basi per un cambiamento imminente nei rapporti tra Washington e le crypto, ma si tratta comunque di un riconoscimento fondamentale per il futuro. Dopo il ban della Cina, gli Stati Uniti e altri paesi del mondo hanno la possibilità di creare un quadro normativo chiaro per istituzionalizzare gli asset digitali.