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Celebrare la bioeconomia è un’occasione per fare il punto della situazione e soprattutto per immaginare quello che verrà. Per la salute dell’ambiente, dell’uomo e dell’economia
Oggi si celebra la Quarta Giornata Nazionale della Bioeconomia, coordinata e promossa dal Cluster SPRING con Federchimica Assobiotec. L’obiettivo principale della giornata è sensibilizzare governi, enti, istituzioni e cittadini verso un settore dell’economia che offre e promette competitività, innovazione e sostenibilità.
“La giornata nasce per una funzione divulgativa e informativa rivolta a persone diverse: dagli studenti di ogni ordine e grado fino alle istituzioni. Per attuare quel cambio di paradigma che noi riteniamo necessario, l’opinione pubblica deve essere informata. E formata. E la comunicazione è uno dei pilastri della strategia sia europea che italiana”, ha spiegato Mario Bonaccorso, direttore del Cluster Spring, che oggi riunisce 130 principali player nei settori della ricerca, dell’industria, dell’agricoltura, dell’energia e dell’ambiente impegnati nelle attività di bioeconomia circolare.
Che cos’è la bioeconomia
Mentre l’economia globale ha consumato il 70% in più di quello che la Terra può ricostituire, la bioeconomia costituisce una risposta e una proposta per consumare meno. Perché riguarda un impiego intelligente delle risorse rinnovabili e biologiche, basato sulla logica della circolarità e della sostenibilità per l’ambiente.
La bioeconomia è un meta-settore che comprende vari comparti della produzione primaria – agricoltura, foreste, pesca e acquacoltura – e i settori industriali che utilizzano o trasformano le bio-risorse provenienti da questi comparti, come l’industria alimentare, quella della cellulosa e della carta unitamente a parte dell’industria chimica e dell’energia come a quella biotecnologica. La filiera agro-alimentare, secondo i dati del Rapporto 2021 “La Bioeconomia in Europa”, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo rappresenta oltre il 60% del valore della bioeconomia in Italia.
La rivoluzione introdotta dalla bioeconomia si è potuta realizzare attraverso le industrie bio–based e con l’introduzione di tecniche capaci di riutilizzare le materie prime secondarie. Si inserisce nel solco del Green Deal europeo, che prevede tante azioni importanti per ridurre la pressione sull’ambiente, molte delle quali già adottate dall’Italia. Con l’obiettivo di sfruttare meno materie prime, riusa i rifiuti, diminuendone l’impatto. Inoltre, la bioeconomia è uno strumento per rigenerare l’ambiente, come il suolo, che è sempre più povero di carbonio organico, o come la biodiversità e gli ecosistemi.
“In questo momento far comprendere cos’è la bioeconomia nella sua declinazione circolare e sostenibile è ancora più importante. È il solo settore che ha mostrato cosa significa resilienza in un momento di crisi. Di fronte alla pandemia, alla guerra in Ucraina e al concreto timore di mancato approvvigionamento di materie prime e di crisi energetica diventa fondamentale sapere che un’alternativa esiste”, ha commentato Bonaccorso.
Proprio per le sue qualità peculiari, la bioeconomia va adeguatamente supportata con politiche mirate e con un cambio culturale che deve andare di pari passo con quello economico sociale. Secondo il Circularity Gap Report 2022, a livello globale, oggi ricicliamo solo l’8,6% di ciò che usiamo. Ciò lascia un enorme divario di circolarità di oltre il 90%, ma anche grande spazio per lo sviluppo di tecnologie innovative, capaci di invertire la rotta.
L’innovazione delle biotecnologie
Tra le tecnologie più innovative ci sono quelle offerte dalle biotecnologie industriali, considerate a livello europeo per il loro carattere di key enabling technologies, veri e propri motori della bioeconomia.
Ma altrettanto di rilievo sono anche quelle di interesse agricolo forestale. Ci sono poi quelle dedicate alla decontaminazione ambientale, come quelle con agenti biologici del mare. Sono tecnologie abilitanti strategiche e motori di innovazione per la bioeconomia.
Le biotecnologie comprendono tutti quei metodi e strumenti nuovi e bio-based per concepire materiali alternativi, per recuperare materie prime e per produrre energia. Offrono una maggiore efficienza in termini di costi e sostenibilità ambientale, producendo meno rifiuti e consumando meno risorse.
Il settore delle biotecnologie industriali conta in Italia 233 imprese, che offrono un’occupazione a 2871 persone. I dati del rapporto BioInItaly 2022, redatto da Federchimica Assobiotec ed ENEA, riportano un fatturato per il settore che supera gli 1,7 miliardi di euro. Le biotecnologie industriali hanno registrato un aumento tanto degli investimenti, quanto degli occupati. Gli investimenti in ricerca e sviluppo intra-muros biotech sono cresciuti del 9%, mentre il numero di addetti del 7% per le imprese biotech dedicate a ricerca e innovazione.
Sempre lo stesso rapporto riporta che il comparto dell’agricoltura e della zootecnia conta 77 imprese biotecnologiche sul territorio nazionale, con un fatturato che sfiora gli 800 milioni di euro nel 2020. Per le imprese dedicate alla ricerca e sviluppo biotech in tale settore, c’è stato un aumento degli addetti del 5% rispetto all’anno precedente.
“Le biotecnologie sono una straordinaria opportunità e rappresentano un potente acceleratore allo sviluppo del Paese in una prospettiva che per la prima volta riesce a conciliare crescita economica e sviluppo sostenibile”, commenta Elena Sgaravatti, Vice Presidente di Federchimica Assobiotec. “La loro applicazione nella bioeconomia circolare permette, ad esempio, il riutilizzo dei residui e la loro trasformazione, secondo un processo di upcycling, in materia prima seconda. Una trasformazione di straordinario valore alla quale dovremo puntare nella riprogettazione dei processi produttivi”.
È auspicabile che le biotecnologie ricevano nuovo spazio e nuovi finanziamenti nei prossimi anni. “Se nell’ambito del programma di finanziamenti europei per la ricerca Horizon 2020, le biotecnologie non avevano avuto grande spazio, oggi l’Europa avverte il bisogno di riprendere a generare conoscenza e prodotti attraverso una loro nuova e più estesa adozione ”, ha affermato Fabio Fava, professore ordinario di Biotecnologie industriali ed ambientali presso l’Università di Bologna e coordinatore del Gruppo di Coordinamento Nazionale per la Bioeconomia, presso il CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Oggi l’Europa sta rivisitando la propria strategia per la bioeconomia. Inoltre, per assicurarsi un suo rafforzamento in tutti i paesi Europei e un’intensificazione del suo potenziale rigenerativo e della circolarità, si è dotata di un osservatorio dedicato e dell’European Bioeconomy Policy Forum. Quest’ultimo coordina i diversi direttorati della commissione EU, il Parlamento e il comitato delle regioni Europee.
La bioeconomia e l’approccio “One Health”
La trasversalità della bioeconomia ben si adatta all’applicazione dell’approccio “One Health”. L’espressione si riferisce alla progettazione e all’attuazione di programmi, politiche, legislazione e ricerca in cui più settori comunicano e lavorano insieme. La coordinazione di diversi ambiti e competenze è utile a ottenere i migliori risultati tanto per l’ambiente che per la salute umana e animale. La recente pandemia ci ha dimostrato quanto ambiente, piante, animali e uomo siano strettamente interconnessi. È impensabile proseguire con un approccio dedicato a singoli compartimenti.
“Nella concezione olistica dell’approccio One Health – aggiunge Sgaravatti – le biotecnologie rappresentano uno strumento di grande rilevanza offrendo una prospettiva irrinunciabile. La loro applicazione a industria e ambiente e ad agricoltura e zootecnia offre, infatti, la possibilità di adottare nuovi modelli di impresa in grado di ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente. Oggi con il PNRR abbiamo un‘opportunità straordinaria per attuare riforme di sistema che permettano all’innovazione biotech di esprimere appieno tutto il suo potenziale. Ma sarà necessario uno sforzo corale: della ricerca, per generare soluzioni innovative; delle istituzioni, per accelerare l’adozione di strumenti normativi adeguati; dei produttori, che dovranno essere aperti all’innovazione offerta; e dei cittadini, informati e consapevoli della necessità urgente di adottare le soluzioni che la bioeconomia mette loro a disposizione”.
“Serve costruire una nuova finanza che valorizzi gli impatti e restituisca il valore economico delle biotecnologie lungo tutta la catena produttiva. Così come serve definire metriche condivise che ne valutino effetti e impatti nel lungo periodo in termini di nuovi alimenti, approvvigionamenti, safety, food loss e food waste, così come di preservazione dell’ambiente. Occorre, insomma, oggi più che mai, andare avanti con un piano d’azione che non prescinda dagli investimenti in ricerca e innovazione, e che assegni alle biotecnologie il loro ruolo strategico”.
Lo stato della bioeconomia in Italia
Ma non è solo questione di ambiente e salute. La bioeconomia è un’opportunità importante anche per l’economia nazionale. È un meta–settore capace di creare interconnessioni tra settori diversi, sviluppare filiere e potenziare distretti territoriali.
“La bioeconomia italiana ha un fatturato e un’occupazione per cui è terza in Europa , dopo la Germania e la Francia. Mentre è spesso seconda come presenza nei progetti competitivi finanziati dalla Commissione EU e prima in ricchezza di biodiversità e di prodotti di qualità (IGP, DOP, etc)”, ha dichiarato Fava.
La bioeconomia ha inoltre dimostrato capacità di resilienza anche in un momento di crisi provocata in primis dalla pandemia. Se l’economia nazionale ha perso valore per l’8,8% nel 2020 rispetto al 2019, la bioeconomia ha registrato perdite più contenute (-6,5%), secondo i dati del 7° rapporto “La Bioeconomia in Europa” 2021, redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING, Federchimica Assobiotec e SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.
Al contempo, nel 2020, a fronte di un valore della produzione di 317 miliardi, il valore aggiunto della bioeconomia in Italia è stato pari a circa 100 miliardi di euro, con un’incidenza del 6,4% sul valore aggiunto totale.
La visione per l’Italia
“L’Italia è spesso arrivata seconda negli anni passati nei progetti più competitivi finanziati da Bruxelles”, ha sottolineato Fava. “In Italia, inoltre, siamo attrezzati perché la bioeconomia possa crescere. E’ uno dei 10 paesi EU che ha una strategia nazionale dedicata, uno dei 4 che ha un piano di implementazione e uno dei 3 che ha un gruppo di coordinamento nazionale dedicato che interconnette i diversi ministeri competenti. Nel nostro caso nazionale, il gruppo di coordinamento è presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e mobilita anche le 21 regioni e provincie autonome del paese, l’agenzia nazionale di coesione, l’ISPRA , SVIMEZ e i 3 cluster tecnologici nazionali di maggiore rilievo per la bioeconomia: CLAN, SPRING e BIG. Detta ‘cabina di regia’ gestisce i problemi che provengono dai diversi settori della bioeconomia, cerca le soluzioni e sostiene i ministeri nel riconoscere le priorità e le prospettive da rimodulare”.
L’Italia, dunque, ha fatto tanto e può ottenere altri importanti riconoscimenti in Europa, anche se non mancano mai aspetti da migliorare e perfezionare. “Per rafforzare la bioeconomia in Italia ci sono tutta una serie di misure che sono necessarie”, ha aggiunto Bonaccorso. “Innanzitutto occorre creare un mercato per un settore innovativo che investe molto in ricerca e sviluppo”. Servono pertanto misure che possano favorire l’arrivo sul mercato dei bio–prodotti.
“Occorre inoltre eliminare tutti gli ostacoli per l’avvio di impianti pilota, dimostrativi e commerciali. Infine, occorre riconoscere il settore fornendo codici ATECO adeguati. Non è solo una questione statistica, ma è il riconoscimento della peculiarità di un sistema che si basa su fonti locali, che crea filiere legate al territorio e che porta sul mercato prodotti innovativi”.
E Cluster Spring sta lavorando sia in sede europea che nazionale per implementare le politiche per la bioeconomia.
Il PNRR per la bioeconomia
C’è poi il capitolo che riguarda gli investimenti, che sono tema non secondario per poter realizzare qualsiasi progetto. Gli investimenti più importanti del momento sono quelli che il Piano Nazionale di Ripresa e Resistenza (PNRR) destina a vari settori per una ripresa dell’economia dopo l’emergenza sanitaria generata dal Covid-19.
“Gli investimenti di oggi si chiamano Next Generation Eu proprio perché sono dedicati alle nuove generazioni. Per questo occorre allocare il denaro in modo che sia tenuta in grande considerazione la sostenibilità”, ha commentato Bonaccorso.
La situazione che ci ha messo di fronte la storia più recente, tra la pandemia e la crisi in Ucraina, ci ha dimostrato che il tema della sostenibilità non è utile a risolvere solo problemi ambientali, ma è anche strettamente connesso con la salute, le risorse e l’energia.
“Oggi abbiamo l’opportunità irripetibile di poter invertire la rotta con politiche adeguate, tenendo conto della complessità dei temi di cui stiamo trattando”, ha concluso Bonaccorso. “Serve un approccio multi–ministeriale, che deve essere capace di sostenere tutta la filiera, dal mondo della ricerca fino al mercato. Ad esempio, introducendo sistemi di appalti pubblici verdi e un sistema di etichettature che permetta di comprendere la differenza tra un prodotto bio-based a fronte di un prodotto fossile. Infine, stop ai sussidi direttamente dannosi che fanno spendere all’Italia 19 miliardi di euro in settori che dobbiamo superare, come la ricerca sugli idrocarburi”.
Il Governo ha incluso nel PNRR alcune priorità che sono importanti anche per la bioeconomia e si trovano nel piano destinato a rivoluzione verde e transizione ecologica. Ma restano, comunque, priorità per la bioeconomia anche i temi trasversali della digitalizzazione e dell’innovazione.
Il PNRR stanzia complessivamente 68,6 miliardi con gli obiettivi principali di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva.
“Alcune priorità incluse nel PNRR derivano in forma semplificata dall’Implementation Action Plan della Bioeconomia prodotto nel 2020. Tre delle cinque flagship proposte sono state incluse e messe a valore nel PNRR. Gli investimenti del Piano sono dunque una grande opportunità di sviluppo per la bioeconomia italiana”, ha concluso Fava.