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È quanto emerge dall’ 8° Rapporto sulla Bioeconomia, realizzato da Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec – Federchimica
In Italia, la Bioeconomia ha raggiunto un valore di produzione pari a 364,3 miliardi di euro, circa 26 miliardi di euro più del 2019. Il valore della produzione in tutti i settori ha ottenuto un rimbalzo pari al 10,6%, recuperando pienamente il terreno perso. Stabile l’occupazione a 2 milioni di persone.
Nell’ultimo rapporto “La Bioeconomia in Europa”, presentato ieri e dedicato al metasettore della Bioeconomia, le stime sono state aggiornate al 2021.
Il settore gode di buona salute includendo nelle stime altri paesi europei. La Bioeconomia ha raggiunto 1.500 miliardi di valore della produzione e oltre 7 milioni di occupati nel complesso di Francia, Germania, Italia e Spagna. L’Italia, per valore di produzione si colloca al terzo posto dopo Germania e Francia e prima della Spagna. Mentre per numero di occupati è al secondo posto dopo la Germania.
I settori che hanno un maggior peso nel creare il valore della produzione totale in Italia sono il settore alimentare, bevande e tabacco, quello dell’agricoltura silvicultura e pesca e quello della carta e prodotti derivati. Il maggiore tasso di crescita nel valore della produzione l’ha registrato dal 2019 al 2021 il settore del legno e prodotti associati (+ 26%).
L’aggiornamento al 2019 delle stime del valore aggiunto della Bioeconomia nelle regioni italiane ne evidenzia un ruolo particolare nelle regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno. Queste due aree hanno un peso sul valore aggiunto regionale dell’8% e 7% rispettivamente. Sotto la media italiana invece il peso nel Nord-Ovest (5,3%) e nel Centro (5,8%).
La Bioeconomia e l’economia circolare e rigenerativa
La Bioeconomia è un metasettore che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come base per la produzione di beni ed energia. Per realizzare il suo approccio circolare, la Bioeconomia si affida alla creazione di filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali.
“La Bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti. Dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale”, ha commentato Elena Sgaravatti Vice Presidente Assobiotec-Federchimica. “Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall'economia lineare, sostanzialmente estrattiva. È necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un'economia circolare e rigenerativa su larga scala. È in piena coerenza con l’approccio “One Health” che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile”.
Analisi e diffusione dei dati sulla Bioeconomia
Per le caratteristiche del suo modello economico e dei suoi principi e per la sua natura fortemente connessa al territorio, la Bioeconomia ha la capacità di rispondere alle esigenze del Green New Deal lanciato dall’Unione europea e a molti progetti del PNRR italiano.
Per scelte di politica economica mirate e consapevoli dei cambiamenti in atto, diventano cruciali la quantificazione e l’analisi approfondita delle filiere della Bioeconomia.
In tale scenario si colloca il rapporto “La Bioeconomia in Europa”, giunto alla sua ottava edizione. La Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha condotto le analisi e redatto il documento in collaborazione con il Cluster Nazionale della Bioeconomia circolare SPRING e Assobiotec – Federchimica.
Al fine di rafforzare, diffondere e promuovere la conoscenza della Bioeconomia, della Sostenibilità Ambientale e dell’Economia circolare, la Direzione Studi e Ricerche e il Cluster SPRING hanno firmato un accordo. Servirà per realizzare iniziative condivise di analisi e ricerca e divulgare tali attività in modo coordinato e condiviso. “La natura metasettoriale che caratterizza la Bioeconomia richiede il coinvolgimento di attori diversi. Proprio per questo, la Direzione Studi e Ricerche ha voluto formalizzare la collaborazione con il cluster SPRING per proseguire e sviluppare ulteriormente il percorso di analisi e approfondimento sul comparto”, ha detto Gregorio De Felice di Intesa Sanpaolo.
La Bioeconomia è forte di fronte a pandemia e guerra
La Bioeconomia ha dimostrato grandi capacità di resilienza durante la pandemia. Ha subito meno i contraccolpi economici legati a lockdown e incertezze sanitarie rispetto all’economia nel suo complesso.
Anzi nel corso dello scorso anno la Bioeconomia ha registrato ulteriori significativi incrementi.
Dopo un avvio del 2022 ancora positivo, qualche ombra è stata gettata dalla guerra in Ucraina che ha reso lo scenario in cui si muovono le imprese ben più complesso.
In particolare, alcuni settori della Bioeconomia potrebbero soffrire per i rincari dei costi delle materie prime e dell’energia. Le maggiori difficoltà di approvvigionamento di energia e prodotti agricoli avranno un impatto significativo per alcuni comparti quali agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta. “In questo contesto di estrema vulnerabilità, in cui la crisi del cambiamento climatico rischia di continuare ad alimentare la crisi energetica e delle materie prime, dobbiamo togliere ogni alibi. Occorre far scattare un’accelerazione senza precedenti verso una vera transizione ecologica”, ha commentato Catia Bastioli, Amministratore Delegato di Novamont e Presidente Cluster SPRING.
I principi della Bioeconomia hanno un potenziale elevato nell’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico e nella produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili. Inoltre, il metasettore propone numerose soluzioni per il riutilizzo delle materie prime seconde, in un’ottica circolare e locale. “Occorre di riconoscere il valore sistemico della Bioeconomia circolare, il suo potenziale rigenerativo, i suoi bioprodotti come catalizzatori del cambiamento”, ha continuato Catia Bastioli. “La Bioeconomia ha la capacità di diminuire l’utilizzo di risorse non rinnovabili, massimizzando l’efficienza e la sostenibilità delle risorse rinnovabili. Ed è inoltre in grado di sfruttare residui e by-products e di produrre bioenergia”.
Ed è questa la direzione verso cui bisogna accelerare. Oggi vi è necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale.
Bioeconomia al centro di importanti scelte di intervento pubblico e della finanza sostenibile
La strategia della Bioeconomia italiana punta sulla valorizzazione delle materie prime seconde su base locale con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera. Potrà dare un contributo importante in quest’ottica, fondamentale per superare le criticità attuali, ma anche per disegnare un futuro più sostenibile.
Del potenziale ancora in parte da sviluppare della Bioeconomia si sono resi conto in Europa. La Bioeconomia non è soltanto uno dei pilastri del Green Deal Europeo, ma verso di essa potranno essere dirottati molti dei finanziamenti più sostenibili.
La Tassonomia Europea per la Finanza Sostenibile è uno degli strumenti individuati dalla Commissione per indirizzare gli investimenti verso le attività più sostenibili. L’attuale classificazione delle attività NACE/Ateco sarà affiancata dai Technical Screening Criteria (TSC), ovvero dei parametri quali/quantitativi specifici per ogni attività.
Nella Tassonomia rientrano attualmente quattro settori della Bioeconomia: silvicoltura; attività manifatturiere collegate alle bioplastiche e alla chimica bio-based; energia per la componente legata alle bioenergie; ciclo idrico e trattamento dei rifiuti. Ma questa lista è destinata ad ampliarsi ad altri settori. Anche alla luce di tali policy, diventa ancora più importante la corretta identificazione delle produzioni bio-based attraverso le classificazioni statistiche ufficiali. Il processo di revisione della classificazione NACE è iniziato nel 2018, ma ne sono ancora esclusi i settori più innovativi proprio per il loro carattere: ad esempio, la chimica bio-based più innovativa.
La strategia italiana per la Bioeconomia
La Bioeconomia è protagonista anche del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) nazionale. La nuova programmazione 2021-2027 del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) prevede un insieme di interventi diversificati per la realizzazione di obiettivi di grande rilievo legati alla transizione verde. In particolare si concentra sulla Bioeconomia circolare, come nuova frontiera della crescita economica sostenibile del Paese e per la riduzione dei divari territoriali.
Inoltre, la Bioeconomia risulta cruciale in tutti gli assi identificati a livello di scelte di intervento pubblico. Ciò riguarda soprattutto il tema della competitività delle imprese. Vi è, infatti, l’impegno generale di indirizzare una quota significativa del FSC – in coordinamento con il PNRR, – verso il metasettore trasversale della Bioeconomia.
“All’interno di questo meta settore, le biotecnologie hanno certamente un ruolo straordinario e sono lo strumento per lo sviluppo di un’economia prospera, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, per produrre di più con meno” ha aggiunto Elena Sgaravatti. “È dunque necessario e urgente riportare all’attenzione dei decisori questo nuovo paradigma, promuovendo la definizione di piani d’azione che possano tradurre l’enorme potenziale presente da Nord a Sud dell’Italia, in applicazioni innovative e sostenibili nell’industria così come nell’agricoltura".
La Bioeconomia e le startup innovative
Per la natura stessa delle attività proposte nel metasettore bioeconomia - con processi industriali sostenibili, lo sviluppare nuovi materiali di natura bio-based o l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili – vi è la necessità di investimenti in imprese innovative e di recente formazione.
Il rapporto “Bioeconomia in Europa” aggiorna anche il panorama delle startup del settore.
Le startup innovative della Bioeconomia erano 1.003 a febbraio 2022, pari al 7,2% delle startup innovative iscritte al Registro delle imprese. Si tratta di soggetti tendenzialmente più capitalizzati e con una maggiore frequenza di capitale umano qualificato, elevate spese in Ricerca e Sviluppo e brevetti.
Quasi la metà delle start-up della Bioeconomia (481 imprese, il 48% del totale) è specializzata nelle attività professionali, scientifiche e tecniche. Si tratta in primis la ricerca e sviluppo, con un focus sull’individuazione di nuovi materiali o processi produttivi innovativi.
Rilevante è anche la presenza di start-up nella filiera agro-alimentare (255 start-up, il 25,4% del totale). Qui si trovano casi di aziende agricole specializzate nelle coltivazioni biologiche o che utilizzano innovative tecniche di produzione volte a ridurre gli sprechi di risorse utilizzando nuovi e più efficienti processi produttivi.
A testimonianza della rilevanza di questo fenomeno a febbraio 2022 è nato Terra Next. È il programma di accelerazione per start-up e PMI innovative operanti nel settore della Bioeconomia. Frutto dell’iniziativa di CDP Venture Capital, vede la partecipazione di Intesa Sanpaolo Innovation Center, in qualità di co-ideatore e promotore e il supporto di Cariplo Factory che gestirà operativamente il programma.
Le start-up potranno contribuire ad innalzare ulteriormente il contenuto innovativo della Bioeconomia, fornendo soluzioni e risposte all’esigenza cruciale di migliorare il nostro utilizzo delle risorse naturali.