I dipendenti del social attendono la risposta nelle prossime ore. Chi rimarrà e chi verrà invece mandato a casa?
Oggi, venerdì 4 novembre, quando in Italia saranno le 17 ciascun dipendente di Twitter dovrebbe ricevere una mail nella quale scoprirà se è rientrato o meno nel piano di riorganizzazione della società. Detta altrimenti, se è stato licenziato oppure no. Dopo aver concluso uno degli accordi più eclatanti e turbolenti del 2022, Elon Musk è diventato il nuovo proprietario di Twitter (l’ha acquisita per 44 miliardi di dollari), società pubblica da un decennio che potrebbe tuttavia essere presto ritirata dalla Borsa. Nel frattempo, come più volte ripreso sulla stampa, il Ceo di Tesla vuole attuare una rivoluzione dentro Twitter, dopo aver sostituito l’ex Ceo e parte dei vertici. Come ha riportato Bloomberg, citando fonti anonime, Musk avrebbe intenzione di licenziare circa 3700 dipendenti, vale a dire la metà della forza lavoro attualmente attiva nel varie sedi in giro per il mondo. Ma perché si è arrivati al punto di volere attuare licenziamenti in massa?
Anzitutto il contesto. Sono mesi che gli unicorni e le startup, magari cresciuti tantissimo durante i primi periodi della pandemia, stanno ridimensionando i propri organici. Ne avevamo scritto in questo approfondimento, passando in rassegna le storie più emblematiche, a dimostrazione di un tessuto imprenditoriale che continua a fare i conti con gli effetti della guerra in Ucraina, dell’inflazione e delle crisi globali. Ma perché nello specifico Twitter avrebbe bisogno di licenziare con il nuovo corso di Elon Musk?
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Casey Newton, tra i giornalisti tecnologici più autorevoli, sta seguendo la vicenda giorno dopo giorno, parlando direttamente con alcuni dipendenti di Twitter. “Il processo è stato spaventoso e disorientante secondo le conversazioni avute con otto dipendenti oggi e durante il fine settimana – si legge in una puntata delle sua seguitissima newsletter Platformer proprio riguardo ai licenziamenti in vista – In assenza di comunicazioni ufficiali, i lavoratori hanno cercato indizi su Slack e si sono riuniti in Discord privati per condividere le ultime voci”. Il clima interno non è dei migliori: «È come Hunger Games – ha detto un dipendente – anche se nel gioco tutti cercano di aiutarsi a vicenda».
Perché Musk licenzia
Come vi abbiamo spiegato nel raccontarvi la vicenda, Twitter è una società che ha faticato prima di diventare redditizia. Al tempo stesso continua a faticare per crescere dal punto vista degli utili. I 44 miliardi di dollari sborsati per acquisire la società sono una cifra importante che, secondo gli esperti, lo stesso Musk giudicava eccessiva. Non sappiamo se il dietro front dei mesi scorsi con l’imprenditore che aveva deciso di rinunciare all’acquisizione, facendo però così avviare una causa in tribunale con Twitter, sia stata o meno una scelta strategica.
Da giorni Elon Musk è particolarmente attivo su Twitter, chiedendo ai suoi oltre 110 milioni di follower opinioni su advertising, spunta blu e molto altro. Come ha scritto The Verge, i licenziamenti di massa a Twitter, servirebbero a Musk per ridurre i costi della società, tema che già allarmava l’imprenditore in estate. Così si era rivolto ai dipendenti: “In questo momento i costi superano le entrate. Non è una bella situazione in cui trovarsi. Dovrebbe esserci una razionalizzazione dell’organico e delle spese per far sì che le entrate siano superiori ai costi. Altrimenti Twitter non è redditizio o non può crescere”.
Sempre Casey Newton ha parlato di rumor interni all’azienda secondo cui i licenziamenti per quanto riguarda gli sviluppatori si baseranno sulla produttività di ciascuno. Sarebbero 50 i dipendenti di Tesla messi temporaneamente sull’affare Twitter, incaricati di sondare la situazione e individuare i talenti da tenere a bordo. Per comunicare e confrontarsi, i dipendenti hanno a disposizione Slack, ma anche canali Discord.
I piani di Musk per Twitter
In attesa dunque di capire l’entità dei licenziamenti a Twitter, si leggono online riflessioni sulle prossime mosse di Elon Musk, che ha acquisito la società per renderla una piazza online votata al free speech. Ma per farlo ha bisogno ovviamente di entrate. Ecco dunque l’idea di far pagare 8 dollari per chiunque volesse richiedere la verifica del proprio account, ricevendo così la spunta blu accanto al proprio nome; in cantiere anche l’ipotesi di introdurre video a pagamento per soli abbonati, sul modello di OnlyFans, piattaforma molto nota per i contenuti dei sex worker; il New York Times ha poi scritto di direct message che gli utenti potrebbero in futuro inviare a pagamento alle celebrità.