Immagazzinare energia rinnovabile e di lunga durata per una produzione più sostenibile e meno dispendiosa, con l’obiettivo di decarbonizzare l’industria energetica. Prima tappa della startup varesina? La Sardegna
Poco tempo fa avevamo raccontato la storia della startup varesina fondata nel 2019 da un gruppo di ingegneri e innovatori con l’ambizioso intento di scongiurare il cambiamento climatico, servendosi di macchinari di ultima generazione, capaci di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera. In quell’occasione l’amministratore delegato, Claudio Spadacini, ci aveva spiegato come funzionava la tecnologia a loro disposizione. Torniamo a parlare oggi di Energy Dome perché nel frattempo ha chiuso un round di finanziamento Serie B da 40 milioni di euro. Lead investor dell’operazione Eni Next, la società di corporate venture capital di Eni. Il round è stato co-guidato da Neva SGR, la società di venture capital di Intesa Sanpaolo.
Prendi qui i primi biglietti early bird per SIOS23 Sardinia
Questo round porta il capitale investito in Energy Dome a circa 54 milioni di euro. I proventi di questo investimento consentiranno a Energy Dome di entrare pienamente nella fase di crescita commerciale su scala globale.
L’evoluzione di Energy Dome
Il sistema implementato da Energy Dome, ci aveva spiegato Spadacini, accumula l’energia nei momenti di eccesso, rilasciandola quando la richiesta di produzione si intensifica di più. A differenza di un sistema termochimico, come quello delle batterie al litio, utilizza macchine in grado di comprimere la CO2 fino a 65 atmosfere al fine di trasformarla in stato liquido e far sì che l’energia spesa sia conservata in maniera efficiente. La CO2, infine, viene ri-gassificata, ri-espansa in una turbina per restituire la corrente assorbita dalla rete alla rete stessa e reimmessa in un serbatoio, il Dome. Così facendo, il processo di erogazione della corrente elettrica può avvenire per tutta la giornata, superando i limiti posti, ad esempio, dai sistemi solari fotovoltaici ed eolici, per cui la produzione di elettricità dipende dalla presenza della sorgente naturale.
Leggi anche: Verso SIOS23 Sardinia | Al via la call “Startup Sarda dell’anno”
Nei progetti futuri di Energy Dome spicca la Sardegna, individuata a livello nazionale e internazionale come la prima isola italiana candidata a diventare 100% green. È proprio qui che la startup di Varese intende realizzare il primo impianto dimostrativo commerciale per l’immagazzinamento di energia pulita. Il primo di una serie destinata ad incrementare sempre più, complice anche l’imponente stanziamento proveniente dal Recovery Fund, che ha riservato alla Missione 2, quella dedicata alla transizione energetica, quasi 70 miliardi di euro.
Obiettivi del round
L’utilizzo dei proventi del round servirà a fornire garanzie finanziarie ai clienti a dimostrazione che questo team è pronto a metterersi in gioco al fianco dei propri clienti che sono interessati ad utilizzare la tecnologia della CO2 Battery. L’investimento supporterà anche l’espansione delle attività di Energy Dome negli Stati Uniti al fine di sfruttare al massimo le opportunità derivanti dall’Inflation Reduction Act e dagli imporanti vantaggi fiscali sugli investimenti disponibili per lo stoccaggio di energia su larga scala.
«La nostra CO2 Battery è pronta per il mercato e, dopo aver chiuso il round di Serie B, siamo pronti a garantirne le prestazioni a qualsiasi cliente che voglia davvero sbarazzarsi dei combustibili fossili e sostituirli con energie rinnovabili», ha dichiarato Spadacini, commentando l’operazione.
Hanno partecipato all’investimento gli attuali investitori, tra cui il Sustainable Impact Capital di Barclays, CDP Venture Capital, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di tutti gli attori dell’ecosistema dell’innovazione attraverso il suo Evolution Fund, Novum Capital Partners, un multi-family office svizzero attraverso i suoi investitori, e 360 Capital, un VC con sede a Parigi e Milano con la utility A2A come uno dei principali investitori nel fondo di VC. Al round si è unito anche il Japan Energy Fund, un fondo di venture capital specializzato in tecnologie per la transizione sostenibile che rappresenta entità come Biprogy, Enechange, Mitsui Sumitomo Trust Bank e Toshiba Energy Systems. Infine, ulteriore partecipante al round di Serie B è Elemental Excelerator, investitore statunitense focalizzato sulle tecnologie CleanTech.