Prosegue il nostro speciale dedicato alle startup dei viaggi. Solo lo 0,57% dei comuni italiani è davvero accessibile. Ma ci sono realtà che mappano il grado di accessibilità del territorio e delle strutture. Mirko Lalli (The Data Appeal Company): «La tecnologia può aiutare a superare molti ostacoli»
Turismo accessibile, sostenibile, inclusivo. Tre concetti che racchiudono in se valori probabilmente inestimabili ma che sono indubbiamente difficili da mettere in pratica. In questa direzione, la tecnologia può rappresentare un valido aiuto. Tra la mancanza di informazioni e le difficoltà nel rendere il turismo davvero inclusivo, sono ancora poche le realtà che in Italia si occupano di proporre nuovi servizi e soluzioni. Secondo gli ultimi dati Istat, sono oltre 3 milioni e 150mila gli italiani con disabilità che vivono nel Belpaese e sebbene l’Istat stimi che i viaggiatori con disabilità aumenteranno del 70% entro il 2035, si denota una mancanza di strutture e servizi adeguati per perdite che, a livello globale, ogni anno si aggirano sui 142 miliardi di euro e 3,4 milioni di posti di lavoro (fonte European Network for Accessible Tourism).
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La situazione italiana
Sono solo 45 su 7.904 (lo 0,57 per cento) i Comuni della nostra penisola che si possono fregiare del titolo di “Bandiera Lilla”, assegnato ogni anno dalla Società Cooperativa Sociale Bandiera Lilla a quelle realtà comunali che lavorano per migliorare la propria accessibilità turistica. Allo stesso tempo, un maggiore livello di accessibilità avrebbe un’influenza diretta sull’afflusso di turisti, sulla qualità complessiva del turismo e sui benefici economici generati da questo settore. Sulla base di uno studio dell’Università del Surrey, il potenziale del mercato europeo dell’accessibilità per il turismo è stimato in oltre 133 milioni di turisti, tenendo conto di tutte le persone con disabilità e patologie croniche, insieme ai loro compagni di viaggio, con entrate potenziali superiori agli 80 miliardi di euro.
E il Governo italiano ha anche istituito un Fondo con una dotazione pari a 6 milioni di euro per gli anni 2022, 2023 e 2024, per sostenere lo sviluppo dell’offerta turistica rivolta alle persone con disabilità e favorire l’inclusione sociale e la diversificazione dell’offerta turistica. Tra le principali esigenze, la startup Willeasy segnala la mancanza di informazioni necessarie per chi ha particolari necessità.
Intelligenza artificiale e turismo inclusivo
Ma che ruolo ha la tecnologia nell’inclusione da un punto di vista turistico? Ne abbiamo parlato con Mirko Lalli, Chief Digital Strategy Officer del Gruppo Almawave e AD di The Data Appeal Company che da 15 anni si occupa di marketing, digital innovation e turismo.
«Con l’avanzare delle nuove tecnologie, anche per il turismo si profilano da un lato possibilità e sfide, dall’altro dubbi e timori. Una cosa è certa: queste tecnologie sono destinate a restare, ad evolvere e cambiare sempre più il nostro modo di lavorare. Anche nel settore turistico hanno fatto la differenza e la stanno facendo, rappresentando uno strumento utile che guarda verso la sostenibilità e l’inclusione, due colonne portanti con cui, oggi, chi lavora nel turismo deve avere a che fare obbligatoriamente», spiega Mirko, che con il termine “inclusione” intende non solo l’accessibilità ai servizi, ma anche la sostenibilità e la garanzia dei diritti. «Mi riferisco a tutti diritti che riguardano la sfera sociale, ovvero il genere sessuale, le disabilità, le etnie, le religioni – spiega – Il mio modello ideale di turismo mette l’inclusione al centro e sviluppa strategie che ruotano a questa necessità, percepita sempre più forte dagli addetti ai lavori».
Con The Data Appeal Company, Mirko, tramite una serie algoritmi di analisi di dati si occupa di aiutare non solo il settore del travel, ma anche altri campi quali quello bancario, nell’elaborazione di modelli di rating e nella valutazione della reputazione online, a districarsi tra tutte le informazioni disponibili in rete e rispondere alla nuove domande ed esigenze del mercato, rendendo quelle informazioni leve per il successo dell’attività. «Oggi, oltre alle strutture turistiche, lavoriamo anche nel mondo finanziario e nell’intelligenza artificiale. Si tratta di un modello replicabile a 360 gradi. Resto fermamente convinto del fatto che la tecnologia sia fondamentale per andare sempre più non solo verso un turismo inclusivo ma anche verso la creazione di un’intera società che non esclude», conclude.
Willeasy, la startup per l’inclusione
Nata nel 2018 da un’idea di William Del Negro, Willeasy punta a creare soluzioni tecnologiche per facilitare la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di informazioni oggettive su luoghi, eventi e percorsi e creare un motore di ricerca per l’accessibilità.
Grazie alla collaborazione con CrowdM Italia, che mette a disposizione di Willeasy un team esperto di sviluppatori, e con il supporto in qualità di mentore dell’a.d. Silvio Stafuzza, Willeasy ha iniziato lo sviluppo di un’app per dispositivi mobili sulla rilevazione guidata dell’accessibilità di luoghi ed eventi. Il fondatore di questa startup innovativa a vocazione sociale sin dalla nascita convive con delle disabilità legate ad una forma di nanismo. Ha studiato ragioneria e poi Informatica. Appassionato di viaggi, curioso e con la voglia di poter far qualcosa per contribuire al miglioramento della vita delle persone, William ha iniziato a pensare a una soluzione ad un suo problema: prenotare un albergo che potesse soddisfare le sue esigenze di accessibilità.
«Su internet era – ed è – praticamente quasi impossibile trovare le informazioni di cui si ha bisogno come, ad esempio, l’altezza degli interruttori in una camera, sapere se può aprire in autonomia la finestra, le dimensione del lavandino in bagno ecc.. – spiega – Parlando con altre persone ha capito problemi simili li ha una vasta platea di persone non solo disabili ma anche le famiglie con bambini piccoli, chi ha delle intolleranze alimentari, chi si vuole spostare con proprio cane e tanti altri». Così è nata Willeasy che a soli 5 anni dalla nascita segna una serie di traguardi degni di nota. «Recentemente con il mio team abbiamo vinto una gara europea per mappare e rendere open data lo stato di accessibilità di mezzi di trasporto, e trasporti pubblici. Londra era l’unica città al mondo ad avere un tipo di mappa di questo tipo – spiega William – Ora, grazie al nostro lavoro, ce l’ha anche Lisbona». L’Italia, da questo punto di vista, resta indietro. «Qui si parla tanto di inclusività ma si fa poco – continua il CEO di Willeasy – Abbiamo iniziato in Friuli diverse mappature e ci stiamo proponendo su Milano ma la cosa è lunga. Sul turismo inclusivo ci sono tante realtà a livello associativo che cercano di fare qualcosa ma sono poco conosciute e c’è proprio una carenza in tema di networking. Attualmente stiamo anche dialogando con Booking in merito a un progetto che dovrebbe partire nel 2024 per la messa a disposizione di informazioni sull’accessibilità di una serie di hotel nel nostro Paese». L’attenzione al tema in Italia c’è, ma il problema, secondo quanto sostiene William, è che manca la voglia di finanziare questo tipo di strumenti che agevolerebbero il turista con particolari esigenze.
«Anche i fondi stanziati a livello istituzionale per l’accessibilità sono pochi, l’ultimo è di circa 20 milioni di euro ma in Italia ci sono 33mila hotel. Praticamente si tratta di una cifra irrisoria se suddivisa per il singolo albergo – spiega – Manca anche un certo tipo di mentalità focalizzata sia sul tessuto imprenditoriale che sull’accessibilità come dovere civico. E pensare che in UK da 300 anni portano avanti progetti per l’abbattimento di barriere architettoniche e tutti i taxi hanno la rampa per salire in carrozzina». Con Willeasy, William vuole provare a cambiare la situazione. «Vogliamo creare un database internazionale con i dati raccolti che sia accessibile anche ai big del web come Tripadvisor e altri che si occupano di turismo per creare nuove soluzioni – conclude – Puntiamo anche a consolidare un network che ci aiuti a raccogliere questo tipo di dati al fine di migliorare la vita delle persone».