Come sarà la scuola del futuro? Come contrastare il gender gap? Per la nostra rubrica Unstoppable Women Cristina Pozzi, oggi a capo di Edulia (ex Treccani Futura), racconta il suo centro edtech
“Why not?”. È l’interrogativo che ciascuna donna dovrebbe porsi quando un pregiudizio culturale, inconscio, diventa una barriera invisibile che ostacola e frena ogni aspetto della vita. Una domanda che porta ad una riflessione: «i limiti sono inesistenti ed intraprendere la strada più difficile, quella in salita, misteriosa, diversa dal solito può diventare il nostro super potere», ci dice Cristina Pozzi, CEO di Edulia, precedentemente Treccani Futura, polo di formazione online nato nel 2021 con l’acquisizione, da parte dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, di Impactscool, startup fondata insieme ad Andrea Dusi. Imprenditrice, scrittrice, laureata in economia e laureanda in filosofia, si definisce l’amica a cui si chiede consiglio per argomenti nerd, la zia di tre meravigliose nipotine, quella che non vede l’ora di immergersi in un libro la domenica o di costruire qualche lego ma anche compagna di jogging e tennis, collega di un team straordinario e ci tiene a precisare «socia storica di Andrea con cui realizzo progetti, imprese e sogni da sempre». Il mantra di Cristina? Why not.
Quali sono gli obiettivi di Edulia?
Ci poniamo come strumento che abilita “futuri” per le persone, per il pianeta e per la vita su di esso attraverso la cosa più affascinante che caratterizza gli esseri umani: la cultura e l’educazione come mezzo per la sua diffusione ed evoluzione nel tempo.
E come fate?
Lo facciamo valorizzando gli strumenti e le possibilità che ci vengono date dalla rivoluzione tecnologica e digitale e accompagnando le persone nella loro comprensione e nei cambiamenti che ne derivano. Formiamo i docenti, diamo loro strumenti e contenuti digitali da utilizzare con le ragazze e i ragazzi, diffondiamo corsi e riflessione sulle competenze del futuro e sugli approcci didattici che possono aiutare a svilupparle.
Un momento della vita particolarmente importante per la tua professione?
Nel 2015 provai per la prima volta a scrivere un libro: un saggio sulle nuove tecnologie e su come la nostra società stesse cambiando e realizzando possibilità storicamente associate al massimo alla magia o ai miracoli. Ricevetti diversi rifiuti, ma uno in particolare fu per me importante perché la persona che mi scrisse mi spiegò cosa non funzionasse nella proposta e come migliorare in futuro. Era da tanto che non mi mettevo alla prova con lo studio e giudizi così diretti su qualcosa fuori dalla mia zona di comfort fu per me uno stimolo formidabile per iniziare il percorso di crescita e studio che non si è più fermato e grazie al quale ho pubblicato poi il mio primo libro nel 2019.
La parità di genere, soprattutto in alcuni settori è ancora lontana. Come combattere il gender gap a partire dal percorso di formazione scolastico?
Il tema è soprattutto culturale e per questo i percorsi educativi possono essere cruciali, ma non sono abbastanza da soli. Ciò che guida la nostra visione del futuro e di noi stessi è anche online, in famiglia e in tutti quegli ambienti che frequentiamo e che costituiscono l’educazione informale e non formale. Servono una molteplicità di cambiamenti.
Proviamo a citarne alcuni…
In generale serve più spazio a modelli che incarnino con l’esempio la possibilità di svolgere qualsiasi lavoro e di assumere qualsiasi ruolo nel mondo del lavoro per tutte e tutti a prescindere dal genere. Quante vie, statue o monumenti nelle nostre città sono dedicate a donne ad esempio? Serve anche un lavoro sul linguaggio: le parole che usiamo contano tantissimo e attribuire un maschile forzato (o un femminile) a determinati lavori e professioni ha un effetto invisibile ma potente.
Tornando alla scuola c’è ancora molto lavoro da fare sui libri di testo sia in termini di linguaggio sia in termini di contenuti così come sui giocattoli. Qualche anno fa mi è capitato di fare grande fatica a trovare un kit per esperimenti scientifici per una delle mie nipoti che non fosse interamente declinato al maschile con immagini solo di bambini sulla scatola e nelle istruzioni. Eppure è davvero importante che, soprattutto quando si gioca e si elaborano simboli potenti su se stessi e chi possiamo essere, ci si possa immedesimare il più possibile.
Potrei dilungarmi oltre ma credo di aver reso l’idea.
Hai riscontrato difficoltà in ambito professionale? Se sì, come sei riuscita ad affrontarle e superarle?
Ho subìto più discriminazione per l’età che per il genere. Con la nostra prima startup ricordo che a volte dovevamo chiedere a soci o ex colleghi di accompagnarci ad alcuni incontri importanti per dare più rassicurazione agli interlocutori anche se poi di fatto eravamo noi alla guida dell’azienda. Si dovrebbe parlare anche di come superare in certi ambienti in Italia il pregiudizio che a volte accompagna la giovane età. A volte poi si incrocia con quelli legati al genere e rende le cose ancora più difficili!
Come possono le donne cercare di contrastare il divario di genere? Come uscire dalla comfort zone?
Nel tempo, lavorando con colleghe di talento e confrontandomi con l’esterno ho iniziato a capire quanto il problema sia diffuso e ho capito che posso avere un impatto alzando la voce e mettendo in luce ogni frase, atteggiamento o situazione che non ha il giusto rispetto delle persone e delle donne. Lottare sempre anche sulle piccole cose come i moduli tutti al maschile che ci vengono proposti ogni tanto è importantissimo.
Inoltre spesso siamo noi che, cresciute con un certo tipo di messaggio, dobbiamo imparare a comprendere quali bias ci influenzano e, tanto quanto gli uomini, provare a cambiare punto di vista. Ecco che il mantra del “why not?” torna di nuovo utile!
Skill gap, come superare il divario e carenza di competenze?
Il digitale è uno strumento essenziale: non possiamo lasciare indietro le persone che non hanno, per qualunque motivo, sviluppato determinate competenze che oggi sono fondamentali. Penso a quelle tecnologiche ma anche a quelle cognitive come la capacità analitica, quella creativa, il pensiero sistemico; così come attitudini come l’autoefficacia, l’etica, la collaborazione. Gli strumenti digitali ci permettono di rendere alcune di queste competenze più accessibili, in particolare quelle legate a conoscenze e che possono essere esercitate in modo interattivo con quiz, test, giochi etc. Accanto a questo il digitale abilita la possibilità di personalizzare i percorsi e di associare a quelli digitali sempre più momenti di accompagnamento in presenza più mirati e quindi più efficaci.
Tutto qui?
No, serve anche un lavoro molto importante sulla divulgazione e l’orientamento: se non sappiamo quale sia la direzione o che ci sia una determinata direzione tra le possibilità che abbiamo di fronte, come potremmo fare i passi che ci vanno? Nessuno realizza un futuro che non può immaginare, né per se stesso né per la società. Conoscere le opportunità lavorative e di studio che sono, potremmo dire, a prova di futuro è un elemento sul quale spendere molte energie per facilitare il superamento di questo gap.
Perché è fondamentale “educare al futuro”?
Il punto è proprio questo: cosa significa educarsi al futuro? Significa comprendere come i possibili scenari di fronte a noi possono influenzare le nostre vite ma anche come noi possiamo influenzare gli scenari stessi. Infatti si parla di “alfabetizzazione dei futuri” (futures literacy), leggiamo e scriviamo i futuri, ci giochiamo immaginando alternative e modi per modificarli e diventiamo così più flessibili e più pronti a prendere decisioni libera da tutti quei bias che ci influenzano normalmente. Ci alleniamo a chiederci: «ma se invece…?».
Uno sguardo verso il futuro dell’edtech. Quali saranno le nuove frontiere della formazione del capitale umano?
Il futuro dell’educazione è curiosità, capacità di engagement, personalizzazione dell’apprendimento, esperienza, soluzione di problemi e sfide, arricchimento del proprio bagaglio personale in una logica di percorso, come in un videogioco dove si acuiscono nuovi livelli più che ricevere un voto. Il cambiamento è soprattutto didattico, nel metodo e sarà abilitato anche dagli strumenti tecnologici e digitali, ma soprattutto dalla nostra meravigliosa capacità umana di immaginare, creare cultura, e condividerla con altri. Ci siamo abituati a pensare a luoghi e tempi predefiniti per imparare: la scuola, l’università, «l’età scolare», un certo orario nella giornata. Ma dimentichiamo che noi impariamo continuamente e per tutta la vita, anche senza che questo sia formalizzato in percorsi specifici. Oggi si parla di lifelong learning ma la nostra vita onlife arricchita dal digitale significa anche poter ripensare in modo più integrato anche quei tempi, quegli orari e quegli spazi in cui impariamo. A me piace parlare, in questo senso, di daylong learning.
Quali saranno i talenti del futuro?
Ne cito tre. Cominciando dall’intelligenza emotiva: relazionarci con gli altri in un mondo che si interfaccia con così tante distanze è fondamentale. Per proseguire con l’intelligenza adattiva. Il mondo è in continuo cambiamento e ci stiamo sempre più rendendo conto che essere in grado di dimenticare ciò che non ci serve, imparare cose nuove, essere flessibili in base ai diversi contesti, diventa una chiave di volta importante. Ed infine intelligenza anticipatoria, ovvero la capacità di anticipare il futuro, comprendere come si potrebbe evolvere e usare queste visioni come strumento per prendere decisioni migliori, più responsabili e più etiche.