Barbara Baraldi è la prima donna a curare uno dei fumetti più amati della scuderia Bonelli. «Sono sempre stata attratta dal mistero. Una passione che mia mamma considerava troppo maschile e ancora oggi solleva qualche sopracciglio. Col mio lavoro spero di spingere più bambine a scrivere horror»
«Florence Marryat, autrice de Il sangue del vampiro, Carolina Invernizio che ci ha regalato romanzi come La sepolta viva, ma anche Angela e Luciana Giussani di Diabolik, Tea Bonelli e, parlando di Dylan Dog, Paola Barbato: sono tante le mie muse e penso a loro tutte le volte che mi sento dire “sei donna, perché non ti dai ai romanzi rosa”. La loro presenza mi ha aiutato a trovare la forza di andare avanti… a me il rosa manco piace come colore». Si commuove Barbara Baraldi pensando alla diffidenza che ha dovuto vincere per percorrere la strada che l’ha portata fino a qui, a essere la nuova curatrice di Dylan Dog, la prima donna a ricoprire quel ruolo, naturalmente con la supervisione del creatore del personaggio, Tiziano Sclavi. «Sento la loro presenza sempre con me: e adesso le avrò davvero con me: a poco a poco le tatuerò tutte sul mio corpo». Una diffidenza che, incredibile ma vero, esiste tutt’oggi e ancora le brucia: «Quando pubblicai il mio primo thriller, nel 2007, alla presentazione un signore mi chiese come mai avessi scelto un genere così poco femminile: mi colpì che non stesse polemizzando, era sinceramente sorpreso» e che le ha consentito di individuare il suo scopo: «Col mio lavoro spero di essere d’esempio per le ragazze di oggi interessate a intraprendere una carriera nel mondo dell’horror. Mi piacerebbe sapere un giorno di aver contribuito a scardinare qualche luogo comune, aver spinto qualcuna fuori dalla propria comfort zone, che leggendo le mie storie ci sia chi dice: se ce l’ha fatta lei, allora è davvero possibile».
I romanzi di Barbara Baraldi, pubblicati da alcuni dei maggiori editori italiani (Giunti, Einaudi e Mondadori), sono tradotti in vari Paesi, tra cui Germania, Olanda, Inghilterra e Stati Uniti. L’autrice è stata scelta dalla BBC per Italian Noir, il documentario sui maggiori esponenti del nero italiano. Con la serie Aurora Scalviati Profiler del Buio ha ottenuto un importante successo di critica e di pubblico, superando le 100.000 copie vendute. Ha lavorato come consulente creativa per Disney e pubblicato graphic novel indipendenti in Italia, e in Francia con l’editore Soleil. È docente presso la Scuola Romana dei Fumetti e collabora con l’inserto culturale TuttoLibri del quotidiano La Stampa. Ma Barbara Baraldi ama soprattutto Dylan Dog: ci scrive dal 2012, ma ne è «ossessionata» dagli anni Novanta. «È stato il primo fumetto che ho comprato coi miei soldini», racconta sorridendo e faticando a tenere a bada un’emozione che arriva da lontano e mette in moto girandole di ricordi. «All’epoca soffrivo di timidezza cronica: ero una ragazzina darkettona con un fumetto o un libro – ho scoperto Edgar Allan Poe a soli 12 anni – perennemente sotto il braccio: il mondo andava avanti, io ero immersa nelle storie di fantasia. I personaggi di quelle avventure erano i miei amici. Per questo per me ora con Dylan Dog è un ritorno a casa, tra amici e volti familiari cui voglio davvero un gran bene». La prima donna alle redini di uno dei fumetti più amati della scuderia Bonelli ha già firmato diverse storie: su tutte Jenny, ispirata all’omonima canzone di Vasco Rossi e La ninna nanna dell’ultima notte, che le sono valse la stima e l’affetto del suo mentore Tiziano Sclavi, babbo del noto investigatore dell’occulto in jeans, giacca scura e camicia rossa. E ora, appunto, il passaggio di consegne con Roberto Recchioni che ha ricoperto quel ruolo per una decina d’anni.
ChatGPT non scriverà Dylan Dog
«Il mio Dylan Dog si focalizzerà su tutto ciò che ci spaventa e sorprende: amo i finali aperti, voglio che le storie invitino il lettore a porsi delle domande: solo ponendosi interrogativi si resta liberi». Del resto, per Barbara Baraldi l’orrore «è saldamente intrecciato alla filosofia e, soprattutto, alla psicanalisi: una lettura di Dylan Dog è un po’ come una seduta terapeutica che ti costringe a guardare in faccia le tue paure. Sono convinta che sia necessario “allenarsi alla paura”, come dice Stephen King, così da superarla e scaricarla a poco a poco. Quando scrissi una storia sul terremoto che ha colpito la mia Emilia Romagna ricevetti tantissime lettere di ringraziamento soprattutto dalla popolazione dell’Aquila: per loro leggerla aveva avuto un effetto catartico». Ma l’orrore, nel 2023, è anche rappresentato dalla tecnologia: «Non sono per nulla hi-tech, ma le tecnologie mi affascinano: hanno un lato oscuro che ha del potenziale per storie che coinvolgano social, droni, domotica e… ovviamente l’IA». L’intelligenza artificiale, del resto, è un tema che Barbara Baraldi conosce bene, avendo scritto per Chiarelettere, in anni in cui l’argomento non era così mainstream, Sentenza artificiale, un romanzo che, prendendo spunto dalla cronaca, mette in scena un presente distopico in cui a giudicarci sono le macchine.
«Ho sperimentato anche io ChatGPT: ovviamente non ho resistito alla tentazione di chiedergli di buttarmi giù una sceneggiatura di Dylan Dog», racconta ridendo la neo curatrice della collana. «Per il momento possiamo dormire sonni tranquilli: certo, all’inizio ti regala un bel brivido, ma poi vedi che le sue storie sono senz’anima, hai la conferma che l’IA non può sostituirsi alla nostra creatività. Ci saranno scossoni e ci darà una grossa mano, certo, ma sono convinta che nella società di domani a maggior ragione l’uomo sarà ancora più al centro».
Salviamo il lupo cattivo
Quanto all’altro grande tema degli ultimi tempi, ovvero il politically correct, l’autrice non ha dubbi: «Dylan Dog è l’eroe degli emarginati, degli invisibili, proprio perché non è e non sarà mai politicamente corretto. Una storia deve suscitare emozioni e per riuscirci occorre parlare di tutto. Se i fumetti continuano a vendere, generazione dopo generazione, è proprio perché restituiscono uno spaccato fedele della società, benché nel caso di Dylan Dog sia distorto dalle lenti dell’horror. Ma – avverte Barbara Baraldi – non possiamo stravolgere le fiabe in nome del politicamente corretto: non si può eliminare il lupo cattivo. Bisogna che i nostri figli ci sbattano contro, scoprano chi è e lo affrontino».
Nel 2022 i fumetti pensati specificatamente per bambini e ragazzi sono cresciuti del 26%, ribadendo che siamo di fronte a un evergreen multigenerazionale. E nel 2021 le vendite di fumetti (55 milioni) erano a loro volta aumentate del 95% rispetto all’anno precedente nei canali trade e del 44% nelle librerie. «I ragazzi di oggi sono smaliziati, hanno bisogno di emozioni forti, prodotti dai contenuti adulti: anche per questo un ChatGPT non potrà mai prendere il posto di uno scrittore. Servono narratori con del vissuto, con fantasie e cose da raccontare, esperienze da tramandare. Una macchina non ne sarà mai in grado. E spero che sempre più ragazze decidano di diventare autrici e fumettiste: l’horror ha bisogno di loro».